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IRAN e USA – Una lotta impari senza neanche un briciolo di logica

by Redazione online
13 Gennaio 2020
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Quando il 3 luglio 1988 il volo di liena Airbus A300B2-203 iraniano con 290 persone a bordo fu abbattuto dall’incrociatore americano Vincennes quando era sul Golfo Persico. Non vi fu alcun superstite. l’Airbus iraniano percorse il corridoio aereo internazionale e non si discostò dalla rotta approvata né in rotta, in altezza o tempi. L’incrociatore americano richiese più volte la risposta all ‘”aereo non identificato”, ma quasi tutti i messaggi furono trasmessi su frequenze militari.
Il 5 luglio ammiraglio William Crowe, presidente del Joint Chiefs of Staff “ tenne una conferenza stampa, in quell’occasione divenne evidente l’assenza di qualsiasi rimorso per l’abbattimento. Anzi W. Crowe accusò l’Iran di provocazione quasi deliberata, mentre l’allora vicepresidente e futuro presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, disse che “non si sarebbe mai scusato per gli Stati Uniti, nonostante tutti i fatti”.
Solo per ricordare che nessuno è indenne ad errori ma in questo caso gli eventi se si ripercorrono non possono dire che gli USA non siano affatto responsabili di quell’errore suscitando una guerra immotivata e una tensione mai registrata prima. Inoltre utile per ricordare che sapersi scusare non discolpa ma è un atto da apprezzare. Quando avviene.

Quei morti non furono ricordati neanche successivamente.

30 anni dopo il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dopo aver ordinato l’omicidio di del gen Suleimani in missione diplomatica a Baghdad. Successivamente ha promesso all’Iran ‘vendetta’ per i 52 ostaggi americani tenuti prigionieri per oltre un anno in Iran. Questa vendetta  se fosse avvenuta si sarebbe tradotta nel bombardamento con missili cruise di 52 siti militari e governativi, ma sarebbero stati presi di mira anche siti di importanza culturale per il popolo iraniano.

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In proposito, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha ricordato a Trump che se vogliamo parlare di numeri, il numero che lui deve ricordare è anche il numero 290, quello dei passeggeri iraniani e membri dell’equipaggio uccisi dal missile della nave statunitense.

Those who refer to the number 52 should also remember the number 290. #IR655
Never threaten the Iranian nation.

— Hassan Rouhani (@HassanRouhani) January 6, 2020

Ma solo alcuni giorni dopo le parole di Rouhani  l’Iran ha abbattuto un aereo civile ucraino in partenza da Teheran su cui viaggiavano 175 civili, tra cui la maggioranza cittadini iraniani. La presidenza iraniana ha chiarito ed ammesso quello che ha definito come un ‘imperdonabile errore’. L’aeronautica iraniana ha riconosciuto l’errore  e si è presa tutte le colpe. Una ricostruzione ben dettagliata (in inglese qui).

Se si è sinceri con se stessi però – vista la concatenazione degli eventi, la tensione  e la confusione – ,  tutti gli attori dovrebbero sentirsi responsabili.  Questo sarebbe l’unico modo ragionevole e realmente umano per dimostrare una reale pietà – non di facciata – per le vittime.

Molto probabilmente l’ammissione delle proprie colpe, senza ricatti e richiesta di tornaconti, cambierebbe poco per i morti – ma in una visione più larga cambierebbe molto per tutti noi: al mondo serve verità, ponderazione, dialogo e non più prevaricazione, ricerca spasmodica della ricchezza per aumentare – in modo cinico ed irrazionale – i profitti.

Gli Stati Uniti sono forza di invasione in Iraq e Siria

In una parola, la coalizione USA anti-ISIS e le altre sigle inventate per portare la democrazia e la prosperità in Iraq e in Siria, non stanno sta operando a vantaggio di nessuno tanto meno della pace e della giustizia. L’Iran invece combatte per i propri interessi vitali ed è intervenuto in Siria ed in Iraq dopo un’aggressione esterna.

Forse qualcuno a questo punto mi vorrebbe ricordare che ”l’Iran non rispetta i diritti umani”, ma in tutto ciò non mi risulta che esistano meccanismi sanzionatori se non quelli previsti nello statuto delle Nazioni Unite. Invece, oggi i diritti umani sono molto spesso invocati solo come strumento giuridico per conquistare ed imporre il proprio diktat in tutto il mondo per poi arricchirsi mantenendo instabilità permanenti.

Forse le società liberali nel mondo sono il meno peggio in termini di vivibilità, dove un arco di libertà è assicurato. Almeno dal nostro punto di vista che non è l’unico e che non dobbiamo pensare sia l’unico. Nello stesso tempo abbiamo peccati non proprio ‘veniali’: sempre più spesso nelle nostre società ci viene imposto e viene favorito il nostro ruolo di ‘consumatori’ entro il quale è ‘vietato disturbare il conducente’ che decide tutto per noi in maniera sempre più subdola e pervasiva. Inoltre, non sfugge che in cambio delle cosiddette libertà e per tenere il passo con progresso insostenibile per tutti, all’esterno si infligge solo sofferenza, povertà, disparità sociale  e morte senza provare alcuno scrupolo di reprimere quando un popolo non si piega.

La politica iraniana all’esterno  è mezzo di contrasto all’invasività statunitense (pro-saudita) nella regione che ha portato solo destabilizzazione, sfruttamento, povertà  e la morte di centinaia di migliaia di civili.

Allora alla luce di tutto ciò, fa un certo effetto vedere l’amministrazione USA – ancora latitante per l’assassino del gen Suleimani – brandire il dito accusatore verso Teheran. Fa un certo effetto perchè  gli USA perseguono la  destabilizzazione del medioriente secondo precise e pubbliche dottrine.

Arroganza di Washington verso chi non può rispondere con le armi, pena la propria distruzione

La risposta degli Stati Uniti al Parlamento iracheno che li invitava a lasciare il paese è coerente alla natura della propria presenza. La risposta statunitense la conosciamo: gli USA hanno risposto al parlamento iracheno di non voler lasciare il paese e anzi di prepararsi (a causa della loro ‘ingratitudine’) a sanzioni pesantissime, al blocco dei depositi esteri presso la FED connessi con la vendita del petrolio e alla  restituzione dei 35 miliardi di spesa che gli USA hanno sostenuto in Iraq per costruire le proprie basi.

Urge il rispetto della sovranità degli stati

Questo è il quadro in breve. Alla luce degli eventi anche un bambino capirebbe ciò che non quadra e quali passi dovrebbero essere fatti e con quale spirito. Solo gli adulti, solo coloro che si dicono costantemente di stare dalla parte giusta della storia ed hanno la responsabilità di governare, non capiscono? Il bushido diceva che “da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Rapportata questa massima ai nostri giorni ed in questo contesto, la domanda è: dov’è qui la responsabilità? Io non la vedo…voi la vedete? Eppure questi uomini dovrebbero saperlo, giurano sulla Sacra Bibbia.

Non voglio qui denigrare l’uno ed incensare l’altro. Ovviamente la società iraniana – come quelle di altre nazioni nel mondo – non è perfetta. Nessuno nega che in uno stato teocratico non si respiri molta libertà, almeno nel senso di come noi in occidente la intendiamo e vediamo le cose. Ma l’Iran non è l’aggressore ed ha una cultura millenaria. Perciò, il proprio giudizio dovrebbe sempre rimanere distinto e rispettoso delle scelte e del credo altrui: solo così potremo veramente progredire individualmente e dialogare  incoraggiando la comprensione reciproca. Inoltre, dovremmo tener presente anche un altro fattore:  in una società teocratica il fatto che tutto dipende da Dio è posto tentativamente al primo posto, e questo non è di per sé un male.

Anzi, direi che il punto non è il rispetto dei diritti umani (che va tanto di moda dalle nostre parti) ma che le società siano realmente e autenticamente religiose. Nessuno può escludere dalla propria vita il senso religioso e l’immanenza del sacro nell’esistenza. Se ciò non accade spunta il problema dei diritti umani. In occidente dove la libertà c’è, si adopera male e si butta via. Così nasce il problema dei diritti umani.

Invece, se capissimo che tutti noi uomini e viviamo in un ‘già e non ancora’ con un cuore che aspira all’eterno ma nella caducità del reale, ovvero fossimo più religiosi, guarderemmo alla radice e vedremmo meglio le cose nel suo insieme, che è ciò che manca.

Forse il punto cruciale allora non è quel “di chi è la colpa” che sento ripetere sempre quando si parla di Iran ed USA. Forse invece dovremmo ripensare l’approccio tra noi uomini come questo avviene, riconoscere la nostra condizione umana, il nostro destino e dare prerogativa all’iniziativa di Dio.

Una società teocratica non è ciò a cui aspiriamo qui in occidente – è lontana dalla nostra cultura e fede, e forse è mal rappresentata –  ma è certo che di una società religiosa che educhi al bene e di leader autenticamente religiosi qui ne avremmo bisogno come il pane e naturalmente, ne hanno bisogno anche gli Stati Uniti, visto l’immenso potere militare accumulato ed il suo smodato utilizzo in politica estera.

patrizio ricci @vietatoparlare

Tags: iranPatrizio RicciUSA
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Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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