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 Il governo italiano sarà anche populista, ma ha una certa competenza economica. Ne scrive Ulrike Herrmann sulla Taz

by Patrizio Ricci
25 Febbraio 2019
in Economia
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 Il governo italiano sarà anche populista, ma ha una certa competenza economica. Ne scrive Ulrike Herrmann sulla Taz
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“Il governo italiano sarà anche populista, ma ha una certa competenza economica…” scrive la Taz, ma soprattutto: “l’Italia non puo’ essere trattata come se fosse la famiglia Mayer di Dinslaken”. Non capita spesso di trovare sulla stampa tedesca un commento positivo nei confronti dell’attuale governo italiano. Ne scrive Ulrike Herrmann sulla Taz

Il governo italiano sarà anche populista, ma ha una certa competenza economica. Gli italiani senza usare mezzi termini hanno fatto sapere che la Commissione europea ha trattato il loro paese molto peggio di quanto non abbia fatto con altri stati europei. L’ultimo caso: il presidente francese Macron per il 2019 sta pianificando  un deficit di bilancio di oltre il 3%, ma a Bruxelles nessuno sembra esserne turbato. L’Italia, invece, è stata minacciata con miliardi di euro di sanzioni per un obiettivo di deficit al 2,4% del PIL. Come può essere?

Gli italiani giustamente sono sorpresi, soprattutto perché la Francia non è il solo paese a interpretare in maniera alquanto generosa le regole sul deficit. Il budget del Belgio, ad esempio, sin dalla crisi finanziaria del 2008, ha sempre registrato un elevato livello di deficit. Ma nei confronti dei belgi non c’è mai stata una procedura per eccesso di disavanzo.

La Commissione Europea resta però inflessibile: per gli italiani valgono altre regole, perché il loro debito è già troppo alto! Roma deve risparmiare per ridurne il peso. Bruxelles sta trattando l’Italia come se fosse paragonabile alla famiglia Mayer di Dinslaken. I Mayer certamente non possono indebitarsi senza poi dover rimborsare il debito.

Ma è un equivoco sostenere che gli stati possano risparmiare per ridurre i loro debiti come fanno le famiglie. Gli italiani da decenni ormai stanno risparmiando invano. Lo stato italiano a partire dal 1991 di fatto non ha aumentato la spesa pro-capite, come illustrato dall’economista Antonella Stirati in un’intervista alla Taz.

Un circolo vizioso

Nel 1991, infatti, la spesa pubblica italiana – prestazioni sociali, stipendi dei dipendenti pubblici, investimenti, spesa per interessi – era di 12.500 euro pro capite. Oggi è di 13.000 euro. In Germania, invece, negli stessi anni la spesa pubblica pro capite è passata da € 11.800 a € 15.000 e in Francia da € 12.600 a € 18.000.

L’Italia ha risparmiato per quasi trent’anni, ma il debito pubblico non si è ridotto. Qualsiasi profano a questo punto capirebbe immediatamente che in una situazione come questa fare austerità non aiuta. Solo la Commissione europea non si scoraggia e continua a ripetere il suo mantra neoliberista secondo il quale il bilancio deve essere “consolidato”. L’Italia non ha problemi sul lato della spesa pubblica – ma su quello delle entrate. L’economia italiana è rimasta ferma per vent’anni. Sin dall’introduzione dell’euro l’economia italiana nel suo complesso non è cresciuta, mentre quella tedesca nello stesso periodo di tempo cresceva di circa il 30 per cento.

Se gli italiani avessero beneficiato di una crescita come quella tedesca, oggi il loro debito non sarebbe al 130 % del PIL, ma solo al 100 %. L’Italia si troverebbe nella stessa categoria insieme al Belgio e alla Francia e potrebbe stare molto piu’ tranquilla. Invece si trova in un circolo vizioso: perché il debito pubblico è alto, e per questo deve risparmiare. Ma poiché risparmia, l’economia non riparte e il debito pubblico continua a salire.

La responsabilità non è degli italiani

Gli altri paesi dell’eurozona non sembrano avere molta comprensione. C’è l’impressone diffusa che sia l’Italia ad essere responsabile per i suoi problemi. Ma si tratta di un pregiudizio. Gli italiani non sono i colpevoli, sono piuttosto le vittime della crisi dell’euro. Il primo contraccolpo ha anche una data esatta: era il 21 luglio 2011 quando i tassi di interesse sui titoli di stato italiani improvvisamente raggiungevano dei livelli insostenibili, in quei giorni infatti era in discussione un possibile taglio del debito greco.

L’Italia notoriamente non è la Grecia, ma gli investitori non sembravano essere più di tanto interessati a questa differenza. La BCE ha dovuto aspettare un anno prima di interrompere definitivamente il panico finanziario. Per l’Italia è stato un periodo troppo lungo, il paese è scivolato in una grave recessione, dalla quale fino ad oggi non si è ancora ripreso.

Ora la Commissione europea fra le righe minaccia ancora una volta di sguinzagliare i mercati finanziari e di far salire i tassi di interesse sul debito pubblico. Immediatamente, gli italiani si sono piegati e hanno tagliato il loro budget. Ma la crisi dell’euro in questo modo non è risolta, si è solo ulteriormente aggravata.

source: TAZ

Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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