‘Terze vie’: caso Equador. Ed un altro modo di pensare: quello che parte dall’origine.

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La questione della crisi greca supera le discussioni in corso: ‘certi aspetti’ non saranno mai affrontati dagli eurogruppi e dai referendum.

Sì, esiste un giusto modo di fare economia  ed esiste anche una ‘responsabilità’, alla quale nessuno può esimersi, neanche i paesi poveri. E’ falso dire che l’economia è una scienza esatta,  ineluttabile. All’uomo invece, è accaduto qualcosa di  imprevisto, con cui inevitabilmente non può non fare i conti, da cui proviene la sua dignità:  perciò se un modello economico non funziona si cambia. Le interazioni tra uomo ed economia sono mirabilmente e chiaramente descritte nella “Caritas in Veritate ” di cui riporto alcuni passaggi significativi.

Infatti, l’economia è una teoria e ne esistino diverse. Non è un mantra, è un mezzo. Ed il denaro è  uno strumento accettato per convenzione, non un bene ‘tangibile’. Andrebbe da sè che non potrebbe essere prestato con gli interessi e moltiplicato artificiosamente (ma approfondiremo questo un’altra volta).

Mi pare ovvio che se  nel tempo un sistema economico genera diseguaglianze e provoca disastri nelle vite della gente ,  lo si deve cambiare.

Vi propongo un filmato su sul caso del debito all’Equador (non è attinente alla Grecia ma in parte sì, perchè è sempre quello l’approccio dell’FMI  e della Banca mondiale) e poi vi ho postato l’unico giudizio che comprende tutto.  Sono parole che mai ho sentito pronunciare in questi giorni!!!

Dovrebbero leggerlo tutti a Bruxelles ed anche Tsipras. 

 

Nel video pubblicato su Youtube, viene proposta l’udienza parlamentare sul debito, con un commento di Alejandro Olmos Gaona, autore del libro “La deuda odiosa” (“Il debito odioso”). Resta solo da vedere il filmato per cominiciare a capire il sistema del debito pubblico, non solo ecuadoriano, e la soluzione proposta dal governo di quel paese.
Il governo ecuadoriano presieduto da Rafael Correa ha dichiarato una moratoria unilaterale sul pagamento del debito estero illegittimo che tuttora strangola il paese.
Nel 2005 il Banco centrale dell’Ecuador aveva calcolato che per un debito contratto a partire dal 1976 di 10 miliardi di dollari l’Ecuador aveva già restituito ai creditori 31.4 miliardi di dollari e continuava a stare al punto di partenza, continuando ad essere indebitato per più di 10 miliardi.
N.B.: L’Equador è uno dei Paesi più ricchi di gas e petrolio del mondo.

Nell’economia occorre prendere sul serio la dottrina sociale della Chiesa , Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate ” tra l’altro dice:
(…)

[su_quote style=”wood”] Nell’economia occorre prendere sul serio la dottrina sociale della Chiesa , Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate ” tra l’altro dice: (…)

CAPITOLO TERZO FRATERNITÀ, SVILUPPO ECONOMICO E SOCIETÀ CIVILE

34. La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza.
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L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza.

Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società. È questa una presunzione, conseguente alla chiusura egoistica in se stessi, che discende — per dirla in termini di fede — dal peccato delle origini.

La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tenere presente il peccato originale anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella costruzione della società: « Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi ».

All’elenco dei campi in cui si manifestano gli effetti perniciosi del peccato, si è aggiunto ormai da molto tempo anche quello dell’economia. Ne abbiamo una prova evidente anche in questi periodi. La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale.

La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo.

A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano.

Come ho affermato nella mia Enciclica Spe Salvi, in questo modo si toglie dalla storia la speranza cristiana , che è invece una potente risorsa sociale a servizio dello sviluppo umano integrale, cercato nella libertà e nella giustizia.

La speranza incoraggia la ragione e le dà la forza di orientare la volontà. È già presente nella fede, da cui anzi è suscitata. La carità nella verità se ne nutre e, nello stesso tempo, la manifesta. Essendo dono di Dio assolutamente gratuito, irrompe nella nostra vita come qualcosa di non dovuto, che trascende ogni legge di giustizia.

Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza. Esso ci precede nella nostra stessa anima quale segno della presenza di Dio in noi e della sua attesa nei nostri confronti.

La verità, che al pari della carità è dono, è più grande di noi, come insegna sant’Agostino . Anche la verità di noi stessi, della nostra coscienza personale, ci è prima di tutto “data”. In ogni processo conoscitivo, in effetti, la verità non è prodotta da noi, ma sempre trovata o, meglio, ricevuta.

Essa, come l’amore, « non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo si impone all’essere umano » . Perché dono ricevuto da tutti, la carità nella verità è una forza che costituisce la comunità, unifica gli uomini secondo modalità in cui non ci sono barriere né confini.

La comunità degli uomini può essere costituita da noi stessi, ma non potrà mai con le sole sue forze essere una comunità pienamente fraterna né essere spinta oltre ogni confine, ossia diventare una comunità veramente universale: l’unità del genere umano, una comunione fraterna oltre ogni divisione, nasce dalla con-vocazione della parola di Dio-Amore.

Nell’affrontare questa decisiva questione, dobbiamo precisare, da un lato, che la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno e, dall’altro, che lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità.

35. Il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri.

Il mercato è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici.

Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l’importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perché inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto, ma anche per la trama delle relazioni in cui si realizza.

Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica.

Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave.

Opportunamente Paolo VI nella Populorum progressio sottolineava il fatto che lo stesso sistema economico avrebbe tratto vantaggio da pratiche generalizzate di giustizia, in quanto i primi a trarre beneficio dallo sviluppo dei Paesi poveri sarebbero stati quelli ricchi [90].

Non si trattava solo di correggere delle disfunzioni mediante l’assistenza. I poveri non sono da considerarsi un « fardello » [91], bensì una risorsa anche dal punto di vista strettamente economico.

È tuttavia da ritenersi errata la visione di quanti pensano che l’economia di mercato abbia strutturalmente bisogno di una quota di povertà e di sottosviluppo per poter funzionare al meglio.

È interesse del mercato promuovere emancipazione, ma per farlo veramente non può contare solo su se stesso, perché non è in grado di produrre da sé ciò che va oltre le sue possibilità. Esso deve attingere energie morali da altri soggetti, che sono capaci di generarle.

36. L’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica.

Pertanto, va tenuto presente che è causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione.

La Chiesa ritiene da sempre che l’agire economico non sia da considerare antisociale. Il mercato non è, e non deve perciò diventare, di per sé il luogo della sopraffazione del forte sul debole.

La società non deve proteggersi dal mercato, come se lo sviluppo di quest’ultimo comportasse ipso facto la morte dei rapporti autenticamente umani. È certamente vero che il mercato può essere orientato in modo negativo, non perché sia questa la sua natura, ma perché una certa ideologia lo può indirizzare in tal senso.

Non va dimenticato che il mercato non esiste allo stato puro. Esso trae forma dalle configurazioni culturali che lo specificano e lo orientano.

Infatti, l’economia e la finanza, in quanto strumenti, possono esser mal utilizzati quando chi li gestisce ha solo riferimenti egoistici.

Così si può riuscire a trasformare strumenti di per sé buoni in strumenti dannosi.

Ma è la ragione oscurata dell’uomo a produrre queste conseguenze, non lo strumento di per sé stesso. Perciò non è lo strumento a dover essere chiamato in causa ma l’uomo, la sua coscienza morale e la sua responsabilità personale e sociale.

La dottrina sociale della Chiesa ritiene che possano essere vissuti rapporti autenticamente umani, di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità, anche all’interno dell’attività economica e non soltanto fuori di essa o « dopo » di essa.

La sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale. Essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente. (…) tutta l’enciclica qui[/su_quote]

..da tenere sempre presente per non farci inghiottire dalla schizofrenica e avida realtà, ridotta a rovina perchè strappata dal suo Artefice, ma non funziona e lo vediamo.

Vietato Parlare

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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