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Monsignor Negri: “Usare l’obiezione di coscienza per fare politica è sbagliato”

11 Gennaio 2019
in Chiesa, migranti
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Monsignor Negri: “Usare l’obiezione di coscienza per fare politica è sbagliato”
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 di Domenico Agasso Jr.

L’Arcivescovo emerito di Ferrara si smarca dalla linea Bagnasco. «Chi vuole integrarsi deve fare passi di immedesimazione nella società». I sindaci sbagliano a puntare sull’obiezione di coscienza contro il decreto sicurezza. L’integrazione deve essere affrontata con prudenza e realismo mettendo al centro diritti e doveri insieme. Lo afferma monsignor Luigi Negri, classe 1941, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, teologo, considerato un prelato «tradizionale».

Eccellenza, che cosa ne pensa dell’obiezione di coscienza evocata dai sindaci contro il decreto sicurezza?
«La Costituzione italiana e una prassi consolidata fanno sì che non si possa tirare fuori l’obiezione di coscienza di fronte a tutto in chiave politica, soprattutto in particolare di fronte a disposizioni amministrative di un governo e magari dagli stessi che l’hanno finora negata proprio lì dove era invece legittima e doverosa. Il diritto all’obiezione va difeso quando sono messi in crisi principi fondamentali. Quei sindaci che usano dell’obiezione di coscienza – volutamente come strumento politico – nei confronti di legittimi interventi di autorità superiori o pari, abusano del concetto».

Quindi ha sbagliato il cardinale Bagnasco a esprimere la sua approvazione?
«Conosco e stimo sinceramente Bagnasco, dico solo che io non mi sarei spinto così lontano in quella “strada” così tecnica. Il tema della sicurezza è un problema del dialogo fra le forze laiche che partecipano alla vita sociale».

Come vanno interpretati i richiami evangelici di papa Francesco all’accoglienza?
«Il Pontefice non dimentica di parlare anche di prudenza nell’accoglienza. Il Papa ha maturato un suo cammino, i primi interventi non sono stati come gli ultimi, che hanno avuto maggiore assunzione realistica del problema. Io penso ciò che dissi 4 anni fa a Ferrara e che suscitò polemiche: l’accoglienza e l’integrazione sono due momenti diversi. L’accoglienza deve essere la più alta possibile. Concetto vicino, ma assolutamente diverso è l’integrazione».

In che senso?
«E’ un passaggio che esige una duplice dinamica: chi integra deve valutare tutti i costi, anche economici, e chi chiede di essere integrato deve assumersi delle precise responsabilità. La sintesi di diritti e doveri deve essere al centro della società, altrimenti è solo demagogia».

Ma un cristiano può lasciare che gente venga lasciata in strada o in mare?
«No, il rispetto della persona in qualsiasi situazione non può essere mai diminuito».

E allora come è compatibile la linea leghista che punta a respingere i disperati sui barconi con il giuramento sul Vangelo di Salvini?
«In generale, chi strumentalizza il Vangelo sbaglia e chi ostenta attacchi o avvicinamenti non porta al bene di nessuno. Mentre è assolutamente positivo un recupero dell’identità culturale, umana e religiosa: le famigerate radici cristiane d’Europa».

Come bisogna porsi nei confronti dei migranti?
«L’elemento essenziale è il dialogo che, come mi ha insegnato Giussani, deve essere espressione dell’identità».

Bisogna accoglierli o no?
«Bisogna essere realisti nella valutazione dei problemi e delle soluzioni. E chi chiede di integrarsi deve compiere certi passi di immedesimazione con la nostra società. Però attenzione, questo può non bastare: non si può domandare di integrarsi in Italia e affermare che la sharia è una cosa giusta; abbiamo il dovere di sottolineare che è sbagliata perché è contro i diritti fondamentali della persona. Ecco un esempio del realismo che serve».

Fonte: La Stampa

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Tags: migrantinegri
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Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), socio dell’ass. Blogger Samizdatonline, Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

Vietato Parlare blog site

Si può essere ingannati dal nome, ma “Vietato Parlare” non è un blog ‘complottista’ o affine. Il mio blog nasce provocatoriamente: l’idea di mettere su un blog è nato dall’aggressione dei paesi occidentali alla Libia a cui è seguita a ruota il tentativo di rovesciamento di Assad in Siria.
Tuttavia, oggi – tra task force in cerca di fake news, restrizioni alla libertà di educazione ed affini –  il nome del mio blog non suscita più alcuna sorpresa, essendo più comprensibilmente a tema.

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