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Viaggio nella Siria che attende la pace

by Patrizio Ricci
21 Novembre 2017
in Post vari
1
Viaggio nella Siria che attende la pace

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Aleppo è un po’ come un campo di rovine nel quale le rose qua e là iniziano a germogliare. A prima vista, è sempre uno spettacolo di desolazione, ma ovunque la vita ricomincia. Gli Aleppini puliscono, riparano, e i negozi riaprono uno dopo l’altro. Davanti ai resti di quelli che furono edifici storici sorgono piccole pile di pietre, disposte ordinatamente; questi blocchi millenari o centenari poi saranno utilizzati per la ricostruzione. Gli abitanti ritornano a passeggiare davanti a questa impenetrabile Cittadella, che troneggia intatta quale simbolo di vittoria sulla devastazione che la circonda…

Con il ritorno dell’acqua, due giorni alla settimana o più a seconda dei quartieri, e dell’elettricità, 12 ore al giorno, il quotidiano è meno difficile. Finora, non c’è ancora alcuna certezza e la pace attende sempre la sua ora. Gruppi jihadisti, tra cui al-Nusra ribattezzato Tahrir al-Sham (HTS), stanziati a pochi chilometri di distanza, sparano ancora razzi, che occasionalmente cadono sui quartieri a Ovest. I Curdi controllano il distretto di Sheikh Maqsoud come una fortezza, blocchi di calcestruzzo bloccano le vie di accesso, è una vera e propria enclave nella città.

Damasco, che non è stata sfigurata dalla guerra, vive la stessa incertezza. La periferia sud della capitale, dove solo centomila persone vivono sul milione di abitanti pre-guerra, è ancora occupata da 5000 membri dell’opposizione armata; ogni notte al tramonto, questi gruppi, da ISIS ad al Nusra, fanno tuonare le loro armi come se volessero ricordare la loro presenza e la loro capacità di nuocere.

A volte i razzi cadono nella città e uccidono a caso, ma i Damasceni ne fanno un punto d’onore di rimanere stoici e di attendere alle proprie faccende di ogni giorno, come se nulla fosse…

Nelle conversazioni, la guerra è onnipresente; tutte le famiglie, senza eccezione di classe o di origine, contano un fratello, un figlio, un cugino morto in battaglia, ognuno porta le sue ferite. Un medico di Raqqa, incontrato a Damasco, racconta come due terroristi dello Stato Islamico entrarono nel suo studio e, senza preavviso, gli piantarono sette pallottole in corpo, poi lo trascinarono fuori sull’asfalto e se ne andarono dandolo per morto. Lui invece ha continuato a vivere, con una lieve zoppìa, come un risorto. Un altro medico della ex capitale dell’ISIS non si calma: “A Raqqa, c’erano tra 3.000 e 6.000 combattenti Ceceni. È stata una situazione vergognosa: non c’erano corridoi umanitari per permettere alla popolazione di fuggire; gli ultimi abitanti sono morti o sotto il bombardamento della Coalizione o saltati sulle mine; la città è distrutta per l’85%. “(1)

Cubo di Rubik
Ma ancor più dei ricordi di questo conflitto, che non è ancora finito, è il futuro che preoccupa i siriani. Se la guerra sembra essere vinta militarmente, c’è ancora circa un 10% del territorio siriano non ancora sotto il controllo di Damasco (2). Tutti i siriani sanno che solo la politica riporterà la pace. Con tutte le interferenze straniere, il terreno siriano è diventato straordinariamente complesso. Sembra un Cubo di Rubik: ad ogni cambiamento di uno dei dati, il tutto viene modificato. I nemici di ieri, come la Turchia e l’Iran, si riavvicinano su interessi convergenti; gli amici di oggi, la Russia e l’Iran, potrebbero avere divergenze… Sicuramente, Israele e il suo recente alleato Saudita non sono mai lontani.
Che cosa faranno i Curdi Siriani? I pareri differiscono: “100 anni fa, non c’erano Curdi in Siria, non possono dire: ecco, è la nostra terra.” “I Curdi siriani non vogliono un loro Stato indipendente, del resto il dialogo tra loro e Damasco non è mai stato rotto.” Ognuno fa la sua analisi e si fa delle domande. Tuttavia, tutti concordano sul fatto che i negoziati sono in corso, la pace si farà sul (o sotto) il tavolo, e nulla è ancora veramente definito…

Un cantiere monumentale …

Malgrado tutto, il dopoguerra è già iniziato e il progetto, stimato in 600 miliardi di dollari, è titanico. Non si tratta solo di ricostruire case, edifici, infrastrutture, ma anche di soccorrere a tutti i problemi umani. Secondo Ali Haïdar, Ministro della Riconciliazione Nazionale, “il quadro è nero perché tutti i livelli sociali sono stati colpiti. La questione dei “bambini senza una famiglia”, gli orfani dei jihadisti, è complessa. Per trovare l’identità dei genitori, è necessario fare appello alla medicina legale, ai test del DNA… Per quanto riguarda gli stranieri, in assenza di rapporti diplomatici con alcuni Stati, come la Francia, il problema è ancora più arduo. Su questo argomento sono in preparazione diverse leggi, ma il ministro sa bene che “ci vorrà del tempo”. E cosa fare di quegli 8.000 – 10.000 Uiguri che vivono, persuasi di essere tornati in terra santa, con donne e bambini nella regione di Idlib? (3)
Anche la questione degli sfollati e degli esuli non è facile. I primi dovrebbero essere in grado di tornare a casa in modo che non ci siano sconvolgimenti demografici che causino altre crisi. Secondo il ministro Ali Haïdar “questo è il nostro obiettivo principale, il ritorno di tutti gli sfollati nelle loro aree di origine. Rifiutiamo il termine sostituzione delle popolazioni.” Quanto agli esuli, le situazioni sono diverse. Come risolvere l’equazione libanese in cui i rifugiati sono presi in ostaggio dalle diatribe politiche interne a Beirut? È comunque certo che la maggior parte degli esuli nei Paesi della Regione tornerà. Per coloro che hanno ottenuto i visti in Occidente, il ritorno è più incerto. Questi Paesi hanno concesso, in via prioritaria, asilo a siriani istruiti, formati e che quindi vivono in buone condizioni. Di conseguenza, c’è una carenza di medici, ma anche di artigiani, scalpellini così utili per la ricostruzione del paese.
Sanzioni perverse

E come ricostruire un Paese sotto embargo? Solo pochi mesi fa, le misure adottate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti provocarono l’ira dei medici di fronte alla carenza di attrezzature e medicinali. Oggi, gli operatori sanitari che abbiamo incontrato alzano le spalle, o sollevano gli occhi al cielo per lamentare gli effetti negativi di queste sanzioni. Un radiologo commenta: “Poiché non potevamo ottenere i pezzi di ricambio per gli scanner o le risonanze, abbiamo acquistato apparecchiature in India, Cina o Russia. A causa degli eventi, abbiamo dovuto rivolgerci ai BRICS che mostrano rispetto verso noi, a differenza degli Occidentali.” Quanto ai medicinali, le fabbriche dei generici producono nuovamente la quantità bastante per garantire il consumo interno; per quelli, come gli anti antitumorali, che non sono fatti in Siria, vengono contrabbandati dal Libano, e naturalmente sono molto più costosi. Mai nella storia, un embargo contro uno Stato ha piegato un paese o ha risolto una crisi politica. In compenso, sicuramente, queste misure coercitive danneggiano la popolazione, arricchiscono i profittatori della guerra e alimentano la corruzione.
È questo l’obiettivo?

La diplomazia dei piccoli passi

Se il corpo medico è riuscito a trovare qualche rimedio, soffre naturalmente, come tutti i siriani dell’embargo finanziario. Soffre anche il blocco della cooperazione scientifica con i colleghi francesi. La Francia “dei Lumi” non avrebbe disonore dall’apertura di una via di diplomazia scientifica per consentire a medici e archeologi, la maggioranza dei quali è stata formata in Francia, di riprendere le loro cooperazioni (4).  Anche l’Unione Europea allo stesso modo, ne avrebbe giovato in dignità, levando le sue sanzioni così inefficaci quanto controproducenti e partecipando alla ricostruzione di un Paese che ha, insieme alla Francia, contribuito a distruggere …

                                  Leslie Varenne, Direttrice dell‘ IVERIS
(1)Col deputato onorario, Gérard Bapt, l’IVERIS ha accompagnato una delegazione di medici invitati al congresso della Società Siriana di Radiologia che si teneva dal 20 al 23 ottobre a Damasco e ad Aleppo. La delegazione francese era composta da tre medici radiologi: Anas Alexis Chebib Presidente anche del Collettivo per la Siria, Véronique Bouté anche Presidentessa dell’associazione transmediterranea Astarté, Jocelyne Chopier dottoressa all’Assistenza pubblica degli Ospedali di Parigi. A Beirut, il dottore Assaad Mohanna ha raggiunto la delegazione.
(2)L’esercito siriano avanza molto rapidamente. All’epoca del nostro viaggio, erano ancora più del 30% i territori occupati, quindici giorni più tardi, con la presa di bastioni jihadisti nella regione di Deir ez-Zor e della città di Boukamal, solo il 10% del Paese sfugge ancora al controllo di Damasco. Restano, tuttavia ancora delle “sacche” soprattutto a Damasco ed Aleppo così come la città e la regione di Idlib.
(3)Le cifre sono spesso un pomo della discordia, parecchie fonti ci hanno dato cifre differenti, tutte concordano tuttavia nel dire che migliaia di Uiguri sono installati con le loro famiglie nel governatorato di Idlib.
(4)

Durante il suo soggiorno, l’IVERIS ha incontrato Maamoun Abdulkarim, direttore del Patrimonio e delle Antichità della Siria. L’istituto ritornerà prossimamente al suo ruolo nel salvataggio del patrimonio dell’umanità.

https://www.iveris.eu/list/notes_de_voyage/293-la_syrie_attend_la_paix_
 ( trad. dal francese Gb.P.)

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Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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