Oggi a Bologna si festeggia vittoria ‘contro scuole cattoliche’

E’ curioso vedere gli ideologi di qualsiasi “diritto umano” essere contro chi chiede libertà di educazione per i propri figli. Anche il Ministro Carrozza perplesso.

di Patrizio Ricci –

Sul sito del Comitato referendario “Nuovo Comitato Articolo 33″ si legge che ‘la nuova sinistra’ riparte da Bologna, “dal referendum sullo stop al finanziamento comunale alle materne private paritarie”. Si autodefinisce come “una nuova area politica”, che viaggia tra Sel, Movimento 5 Stelle e sinistra del Pd. Stasera l’appuntamento è per festeggiare al club ‘Locomotiv’ di Bologna. Ma cosa c’è veramente da festeggiare. Più costi per il comune e meno libertà per le famiglie non sono a vantaggio di nessuno: è seducente in tempo di crisi far leva sugli sprechi, ma sleale usare argomenti inconsistenti. Non si vede come privare del sostegno economico le scuole dell’infanzia (sono quasi tutte cattoliche) possa essere un risparmio per la pubblica amministrazione. I dati parlano chiaro, il comune spende 37 milioni l’anno così ripartiti: 35,5 milioni per la scuola statale e comunale che accoglie 5.137 bambini (61%); 2,14 milioni per la scuola paritaria che accoglie 3.195 bambini (39%). E’ evidente che se non ci fossero le paritarie i costi graverebbero tutti sulla municipalità.

C’è in realtà un altro obiettivo: “Nuovo Comitato Articolo 33” considera la vittoria di Bologna un laboratorio per riprendere la battaglia a livello nazionale. Al centro, elemento unificante, l’insofferenza verso la presenza cattolica nel campo dell’educazione. “Giù le mani dalla scuola pubblica” e “no alla privatizzazione della scuola pubblica” sono alcuni degli slogan rispolverati per ‘vincere facile’. Il condimento è il richiamo continuo (e travisato) all’art.33 della Costituzione.

Questo movimento è davvero l’ultimo baluardo del rispetto dell’art.33 della Costituzione contro tutti gli attacchi dei partiti tradizionali? Chiarisce Maria Chiara Carrozza (Pd), Ministro dell’Istruzione e dell’Università: «La sussidiarietà, nell’ambito del sistema bolognese e della legge 62/2000, non è in nessuna maniera una forma di privatizzazione, ma un modo con cui l’organizzazione delle persone risponde a una domanda della società, realizzando un contributo dal basso che è in linea con gli standard europei”. E sulla sua pagina facebook ha espresso tutta la sua perplessità: «Davanti a un sistema educativo come quello bolognese che in una sussidiarietà positiva ha trovato un’occasione di allargamento di opportunità per tutti, con risultati di eccellenza testimoniati dalle esperienze e dalle statistiche, il dibattito sul referendum di Bologna sembra avvantaggiare soprattutto le esigenze politiche e i diversi posizionamenti ideologici, piuttosto che gli interessi dei bambini».

Se guardando alla scuola non importano gli interessi dei bambini, cosa interessa allora? Si invoca la libertà e il ‘diritto umano’, ci si nutre del disagio della crisi, ma non si propone nulla. Interessa solo una cosa, e l’ha detta chiaramente Corrado Augias, fervido sostenitore dell’iniziativa referendaria: “Le scuole le fa solo lo Stato, i cattolici facciano catechismo”. Non si era spinto così in là neanche Gramsci; era il 1918 quando scrisse su “Il grido del popolo”: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente del controllo dello Stato». Quindi uniti nella lotta contro la presenza cristiana.

E‘ un laicismo che si dice democratico, ma in realtà è totalitarista. Abbiamo visto altrove questo pensiero. Si tratta dello stesso orientamento ideologico che in Spagna ha ispirato Zapatero quando ha introdotto nella scuola l’“Educazione alla Cittadinanza”. E’ stato l’esempio dell’attuazione radicale del pensiero che sta riscuotendo sempre più successo in Europa tra le lobby di potere. Esso vede i matrimoni omosessuali, l’aborto, l’eutanasia, l’uso degli embrioni per uso industriale come conquiste di civiltà. Secondo questa visione, lo Stato non deve solo ‘informare’ sulle principali concezioni morali o ideologiche, ma deve procedere direttamente ad insegnare ai giovani come diventare cittadini ‘modello’, rimuovendo credenze ritenute arcaiche come la concezione cristiana della vita.

I fondamenti che hanno ispirato “Educazione alla Cittadinanza “ sono gli stessi visti in opera a Bologna: la pretesa neutralità della scuola pubblica è il ‘passepartout’. Questa neutralità non esiste, è essa stessa un’ideologia, la più pervasiva. Perché teorizzare un’educazione ‘obiettiva’ (utilizzando l’ufficialità della scuola) se non per dare diritto di cittadinanza solo a teorie univoche, come quella di ‘genere’, con la pretesa della scientificità?

Per dimostrare l’incongruenza di tale pretesa non occorre avventurarsi in complicati ragionamenti perché l’esperienza lo dimostra: l’insegnante può consigliare un libro di lettura anziché un altro, si può parlare della spiritualità come un fenomeno depressivo (ricordo un insegnante del liceo di mio figlio che aveva liquidato così Leopardi), si può parlare nei Promessi Sposi solo della monaca di Monza… insomma, si possono commentare in un modo ‘orientato’ gli avvenimenti storici, l’attualità, la letteratura e così via.

Non c’è niente di più ingiusto e violento di un’educazione così, della negazione che esiste un altro modo di vedere le cose. Un genitore cerca di trasmettere ai propri figli ciò che ha capito dalla vita, con la speranza che ciò che vale lo accompagnerà nel corso della sua esistenza e lo farà un uomo libero: è questa l’educazione, nient’altro. Così un uomo adulto farà delle scelte consapevoli secondo ciò che sente più vicino alla propria umanità, alle proprie esigenze fondamentali. E’ questo che bisogna aiutare a far crescere: è questo lo spirito della Costituzione.

Lo Stato deve riconoscere la ricchezza delle esperienze che sono un bene per tutta la comunità: è il principio della sussidiarietà (art. 118 della Costituzione). Perché allora si continua pretestuosamente ad attaccare la diversificazione dell’offerta e il pluralismo educativo? Non sarebbe più ragionevole e opportuno ordinare le proprie scelte veramente verso il bene comune?

– copyright La Perfetta Letizia – sabato 01 giugno

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