La California sta studiando la possibilità di risarcire i discendenti degli schiavi neri americani

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Sulla stampa internazionale è apparso che lo stato americano della California sta valutando la possibilità di istituire una task force di nove legislatori locali per istituire una task force che dovrà studiare e formulare raccomandazioni per le riparazioni agli afroamericani a causa della schiavitù.

Questa iniziativa è propedeutica per poi  prendere in considerazione il pagamento di risarcimenti ai discendenti neri degli schiavi.

Il disegno di legge è stato accettato dalla camera alt della California con un voto 56 a favore e 5 contrari mentre le proteste a livello nazionale per la brutalità della polizia hanno rinvigorito il movimento per la giustizia razziale e gli attivisti hanno insistito per le riforme radicali (https://www.charlotteobserver.com/news/article245358100.html).

Secondo i legislatori, le conseguenze della schiavitù hanno creato un numero maggiore di disoccupati, senzatetto, condannati tra i neri, nonché hanno avuto come conseguenza, il loro scarso rendimento scolastico.

Il governo federale ha già fornito riparazioni. Dopo che 120.000 giapponesi americani furono tenuti nei campi di internamento durante la seconda guerra mondiale, il governo degli Stati Uniti si scusò e nel 1988 pagò 20.000 dollari a ciascuna vittima sopravvissuta.

Un sondaggio condotto da ABC TV e dal servizio di ricerca Ipsos ha rilevato che la maggior parte dei residenti negli Stati Uniti si opponeva ai pagamenti agli afroamericani per la riduzione schiavitù dei loro antenati. Il 73% si è espresso contro il pagamento di un risarcimento ai neri americani, nonché contro il pagamento dei fondi tratti dal bilancio federale. Inoltre, il 56% non ha sostenuto l’idea di rinominare le basi militari che prendono il nome dai generali confederati, ma il 42% non è d’accordo con loro.

All’inizio di giugno, i membri del Partito Democratico della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti , guidati dal presidente Nancy Pelosi, hanno deciso di sostenere lo smantellamento delle statue confederate esposte in Campidoglio. I democratici hanno iniziato a elaborare una legislazione per relegare i monumenti ai musei o agli Stati che rappresentano.

Sebbene la schiavitù fosse ufficialmente bandita nel 1863, un certo numero di regioni meridionali degli Stati Uniti continuò a resistere ai cambiamenti. Pertanto, la cancellazione definitiva dell’ordine fu ottenuta solo nel 1865. Solo, il 19 giugno 1865, la schiavitù fu ufficialmente bandita in Texas. Il Texas è stato l’ultimo della Confederazione del Sud a emanare una nuova legislazione. Oggi, il 19 giugno viene celebrato ogni anno in 47 dei 50 stati del paese.

A mio avviso,  la questione non sarà mai chiusa con un risarcimento ai discendenti. Almeno fin quando si teorizzeranno le società multirazziali.

Se da un lato, le tradizioni culturali di ogni popolo si conservano e sono un patrimonio, sono proprio queste – e non il colore della pelle – che impediscono l’equiparazione completa tra le varie etnie.

Altra cosa invece è l’esistenza di fronte alla legge di cittadini di serie B e di serie A. In un paese la cui forza è basata sul fatto che ognuno può realizzarsi come meglio crede e che è la felicità il fine dello stato verso i propri cittadini, questo è un paradosso.

Sarebbe necessario un nuovo patto nazionale, per rimuovere da entrambe le parti le cause attuali di discriminazione. In altri termini, sul piano delle repressioni di polizia, sarebbe necessaria una smilitarizzazione della polizia, la messa a bando delle detenzione delle armi da parte dei civili e un cambiamento radicale delle regole di arresto e di detenzione.

@vietatoparlare

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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