Assad su Gaza: il minimo che possiamo fare è mettere in atto strumenti politici reali, non solo dichiarazioni

Il presidente siriano Assad ha fatto un intervento al vertice dei paesi arabi:

Gaza non è mai stata un problema. Il problema è la Palestina e Gaza è l’incarnazione della sua essenza e una palese espressione della sofferenza della sua gente. Parlare di Gaza individualmente non è corretto. Gaza è parte di un tutto e una stazione in un contesto e la recente aggressione contro di essa è solo un evento in un lungo contesto che risale a settantacinque anni di crimine sionista con trentadue anni di pace fallita.

Il suo unico risultato assoluto e inconfutabile è che l’entità (israeliana) è diventata più aggressiva e la situazione palestinese è diventata più ingiusta, oppressiva e miserabile. Né la terra né il diritto sono tornati né in Palestina né nel Golan.

Questa situazione ha prodotto un’equazione politica secondo la quale più modestia araba equivale a più ferocia sionista e che più mano tesa da noi equivale a più massacri contro di noi.

Alla luce di questa chiara equazione, l’aggressione contro Gaza non può essere discussa separatamente dal contesto dei precedenti massacri sionisti contro i palestinesi e dalla continuazione di questo contesto – senza dubbio – in seguito.

Alla luce di questa equazione non possiamo isolare questo crimine in corso trattando “come paesi arabi e islamici” l’evento ricorrente in modo frammentato e parziale riguardo alla questione palestinese. Il nostro continuo affrontare oggi l’aggressione contro Gaza con la stessa metodologia significa aprire la strada al completamento dei massacri fino all’annientamento del popolo e alla morte della causa.

L’emergenza al nostro vertice di oggi non riguarda né l’aggressione né l’uccisione poiché entrambe sono in corso ed entrambe sono intrinseche e caratteristiche dell’entità (israeliana), ma l’emergenza è che il sionismo supera se stesso nella barbarie che ci pone davanti responsabilità di portata senza precedenti sia al minimo che livello se mettiamo da parte la sicurezza nazionale della nostra regione.

Da un punto di vista umanitario non c’è dubbio che si debba sostenere una quota significativa del ripristino dei requisiti minimi di vita, sia attraverso aiuti immediati sia attraverso la ricostruzione successiva delle infrastrutture necessarie, ma continuiamo a girare in un circolo vizioso di uccisioni e aiuti, poi massacri, poi aiuti, aggressioni, poi dichiarazioni?

La domanda più importante è: di cosa hanno bisogno i palestinesi da noi? Ha bisogno prima del nostro aiuto umanitario o ha bisogno prima della nostra protezione dall’imminente genocidio?

Qui sta il nostro ruolo e qui sta il nostro lavoro politico, ma se non disponiamo di reali strumenti di pressione, qualsiasi passo che facciamo o discorso che pronunciamo non ha significato. Il minimo che abbiamo sono gli strumenti politici reali e non quelli retorici, il più importante dei quali è fermare qualsiasi percorso politico con l’entità sionista con tutto ciò che il percorso politico include, siano esse questioni economiche o di altro tipo, in modo che il suo ritorno sia condizionato da l’impegno dell’entità per la cessazione immediata e a lungo termine, e non temporanea, dei crimini contro tutti i palestinesi in tutta la Palestina, consentendo al contempo l’ingresso immediato di aiuti a Gaza.

Per quanto riguarda i due Stati e l’avvio del processo di pace e altri dettagli e diritti, nonostante la loro importanza, non sono la priorità in questo momento di emergenza, anche se sappiamo che parlarne non porterà frutti perché non c’è nessun partner, nessuno sponsor , nessun riferimento e nessuna legge. Perché un diritto non può essere ripristinato quando il criminale è diventato giudice e il ladro è diventato arbitro, e questo è lo stato dell’Occidente oggi.

È stato solo grazie alla nostra volontà, fratelli, che grazie alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica nei nostri paesi e alla nuova realtà imposta dall’eroica resistenza palestinese nella nostra regione, che abbiamo oggi degli strumenti. Approfittiamone, approfittiamo della trasformazione globale che ci ha aperto porte politiche chiuse da decenni, affinché attraverso di esse possiamo cambiare le equazioni.

Possano le preziose anime risorte in Palestina essere un degno prezzo (per) ciò che non siamo stati in grado di fare nel passato e ciò che dobbiamo realizzare nel presente e nel futuro.
Che la pace sia con voi.

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