Stefano Orsi: Aree di crisi nel mondo del 1-5-2019

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Vi propongo il consueto  aggiornamento delle principali aree di crisi a cura dell’analista Stefano Orsi a cui mi unisce in particolar modo in giudizio sulle vicende siriane . Riguardo al Venezuela – come sappiamo – il mondo cattolico a cui sento di appartenere ha un giudizio diverso. Sappiamo infatti che la Conferenza Episcopale venezuelana è molto critica verso Maduro.
Credo però che la critica politica sia un atto legittimo, altra cosa è la guerra asimmetrica in atto. Non si può negare infatti che è in atto da parte degli USA una aggressione bella e buona, la qual cosa fa parte della sua politica in tutto il mondo.
Altro punto su cui io decisamente sono contrario, sono le sanzioni: le sanzioni oltre ad essere inique – perché colpiscono specialmente la popolazione più povera –  spessissimo suscitano l’effetto contrario, ovvero fanno rinchiudere su sé stessi i governi che consideriamo autoritari o ideologici. Ad esempio nel caso di Cuba – quando il nuovo presidente cominciava a implementare le prime riforme in continuità con le aperture avvenute durante il governo di Raul Castro – Trump ha cancellato totalmente il riavvicinamento di Obama.
Ricordo che nel caso di Cuba il Canada e l’Unione Europea non hanno seguito l’esempio degli Stati Uniti. Mi domando allora perché si adotta un sistema diverso verso il Venezuela. Non è stato forse Giovanni Paolo II che è riuscito più delle sanzioni a colpire Fidel Castro ed ad aprire un epoca di lento rinnovamento? Le riforme e le aperture possono avvenire pacificamente con il rapporto tra popoli e nazioni, quando ci sono reciproci vantaggi a farlo. Non quando si è in situazione di stato di assedio. Non quando in tutta l’america latina gli USA fanno il buono e cattivo tempo , secondo i dettami della dottrina Monroe.  La strada intrapresa conduce solo ad un mondo più diviso ed in guerra.
Il giudizio personale parte innanzitutto dalla conoscenza esatta delle cose. Tuttavia l’informazione pubblica non concede una informazione di questo tipo, giacchè ormai più chele notizie riporta una comunicazione che ha come obiettivo dichiarato di formare una opinione nel senso voluto. Perciò spesso la scelta delle immagini e l’angolazione della narrazione degli avvenimenti è speculare a questo obiettivo. Quindi un ringraziamento a Stefano Orsi per l’ottimo lavoro di approfondimento che mette a disposizione su Saker.
** patrizio ricci by @vietatoparlare **

Aree di crisi nel mondo del 1-5-2019

Dopo una pausa di esame dei conflitti e crisi in corso nel mondo torniamo oggi a compilare un resoconto. Come d’uso affiancheremo anche le nostre valutazioni alle informazioni sui fatti ritenuti di maggiore rilievo per ogni area.

Libia

Abbiamo deciso alcuni giorni fa di sospendere la compilazione continua di rapporti e bollettini su questo fronte. La nostra valutazione del conflitto ci ha portato infatti a stabilire che non vi sarebbe stata per parecchio tempo ancora una forza dominante sul campo. Nessuno dei due contendenti LNA (Lybian National Army di Haftar) e GNA (forze armate del Governor of National Accord di Serraj) ha finora dimostrato di riuscire ad imporsi, alternando senza soluzione di continuità avanzate che portavano alla conquista di obbiettivi strategici alla loro quasi immediata perdita non appena la controparte riusciva ad organizzare una risposta adeguata.

Esaminando i video ripresi dalle forze in campo sui vari fronti (da Al Aziziyah, Al Hira) è risultata evidente la scarsa preparazione delle truppe. Poco più che milizie gettate allo sbaraglio, non appena attaccate non riescono a stabilire mai alcuna linea di difesa, preferendo il ritiro dagli obbiettivi conquistati poco prima. Questo vale sia per le LNA che per le GNA, queste ultime rinforzate e costituite quasi interamente dalle milizie di Misurata, molto vicine ai Fratelli Musulmani.

Il logorio non si sta scaricando solo sulle truppe di terra, anche i mezzi dei due eserciti stanno avendo perdite nei materiali. Oltre al normale consumo di munizioni, lamentano la perdita di preziosissimi caccia bombardieri, vecchi Mig-23, Su-22, risalenti nella migliore ipotesi agli anni 70. Due, forse tre, gli abbattimenti documentati, e non arrivavano a dieci i mezzi a disposizione di entrambi gli schieramenti.

Le LNA sono riuscite a portare attacchi anche mediante l’utilizzo di elicotteri d’attacco Mi-24, modelli anche questi mai aggiornati e risalenti a forniture degli anni 80 da parte dell’URSS alle forze armate libiche del Col. Gheddafi.

Le forze in campo sono riuscite a portare al fronte truppe corazzate per affiancare e dare appoggio alle truppe di terra, fino a poco fa assistite dalle onnipresenti tecniche, pickup dotate di mitragliatrice pesante o cannoni antiaerei binati ZU-23, in casi più rari di cannone senza rinculo. Ora abbiamo visto utilizzati in prima linea T55, T72, M109 (artiglieria meccanizzata, usati come carri ad alzo zero).

Ad oggi le uniche conquiste mantenute dalle LNA dall’inizio dell’offensiva sono state Gharyan, centro strategico utilizzato come base logistica principale e centro comando per l’offensiva dalle LNA, l’aeroporto Internazionale, perso e ripreso più volte ma che da due settimane è rimasto saldamente nelle mani di Haftar, e due centri urbani ad est di Tarhuna e Bani Walid, entrambi importanti per prevenire un attacco sul fianco destro delle forze offensive.

Le GNA invece si ostinano nel tentare di raggiungere Gharyan incuneandosi nello schieramento nemico lungo la direttiva di Al Sawani, difesa strenuamente durante la contesa con le LNA e poi più a sud il villaggio chiave di Al Aziziyah, con le sue due basi militari.

Verso il centro della città le LNA hanno sempre puntato, e senza alcun effetto sorpresa, verso i quartieri di Ayn Zarah e Salah Aldeen senza mai riuscire a raggiungerli o a mantenere le posizioni conquistate durante la marcia di avvicinamento. Alcune basi militari sono lungo il percorso.

Gli appelli per lo stop alle operazioni belliche non hanno sortito alcun effetto e nemmeno prodotto significative modifiche delle tattiche messe in campo.

Si può dire comunque che gli USA non si siano affatto ritirati dallo scenario, ma che proseguano la loro attività di intelligence mediante aerei Gulfstream attrezzati con radar di controllo a terra e spionaggio elettronico, che studiano la disposizione sul campo degli schieramenti spiando e monitorando ogni telecomunicazione.

Non abbiamo notizia di impiego diretto di formazioni di forze speciali italiane, di base nei pressi di Misurata, mentre si rincorrono le voci di presenza di forze francesi presso Gharyan.

Pochi minuti fa è arrivata la notizia della riconquista di Al Aziziyah da parte delle LNA, come dicevo, i due eserciti appaiono davvero mal organizzati e peggio comandati.

Aggiornamento flash dai fronti libici del 29-4-2019

Tripoli

Fronte di Tripoli 29-4-2019

Tra ieri ed oggi abbiamo assistito a diversi rovesciamenti di sorte.
Ieri pareva che le LNA stessero sfondando verso il mare, avanzando veloci verso la periferia est di Tripoli, ma si è trattato dell’ennesimo tentativo fallito delle truppe di Haftar di tagliare fuori la capitale dalle linee di rifornimento che arrivano da Misurata.
Interessante notare come questa rinnovata foga offensiva del generale sia giunta dopo un paio di giorni dall’attracco di una nave da guerra francese al porto di Ras Lanuf.
Le GNA oggi hanno, risposto avanzando, per l’ennesima volta verso Gharyan , recuperando non solo il pieno controllo su Al Aziziyah, ma allargandosi ad est e mettendo a rischio le linee di collegamento di Haftar tra Gharyan ed il fronte avanzato in Tripoli.
Al Asabiyah piccolo villaggio suo malgrado in posizione strategica, è stato preso e tenuto sotto il controllo delle truppe filo governative.

Fronte di Gharyan a sud di Tripoli 20-4-2019

L’avanzata delle GNA è poi proseguita ancora verso sud, Al Hira, alle porte della roccaforte del comando LNA è nuovamente delle milizie di Misurata.
La strategia di entrambi, oltre che essere elementare, ha due obbiettivi e si ostinano ad attaccare sempre i medesimi e sulla medesima direttrice. E’ ormai molto prevedibile, tanto che ai primi cenni di attacco o contrattacco, entrambe le parti lasciano le posizioni avanzate e si ritirano presso punti designati come difesa secondaria.
Per le LNA si tratta della linea di Gharyan, per le GNA Al Aziziyah e più indietro Al Sawani.
Un altro obbiettivo raggiunto dai filo Serraj, direi che sia un villaggio in prossimità dell’Aeroporto internazionale, perchè lo riporta “sotto” le milizie misuratine, e permette loro di avere una base avanzata dove attestarsi e tentare un assalto al Terminal.
Concentrandosi sull’avanzata a sud, naturalmente, è stato lasciato meno presidiato, o senza adeguati rinforzi, il quartiere di Salhah Aldeen che ha visto una ritirata GNA non appena iniziata una nuova offensiva delle LNA questo pomeriggio.
Non credo ci si trovi di fronte ad un qualcosa di diverso da quanto visto nei giorni scorsi, sembra la solita manovra ad elastico: arretro un po’ e poi ritorno.
Questa guerra di cialtroni è fatta così, poco addestramento, nessun acume tattico, la strategia non sanno dove sia di casa, hanno solo una fortuna, non devono confrontarsi con l’esercito siriano per come è stato forgiato da questi anni di guerra o sarebbero spazzati via in una settimana da tutte le loro attuali posizioni della capitale.

Venezuela

Cartina Geografica del Venezuela

Si fanno sempre più pesanti le minacce di aggressione militare da parte USA contro il Venezuela.

Il sostanziale naufragio del tentato golpe di Guaidò, sembra esacerbare il clima negli Usa anziché rassegnarli al fallimento.

Si attendevano un collasso dell’esercito di fronte alle pesanti minacce da parte americana, ma non c’è stato.

Si attendevano la rivolta in piazza da parte della popolazione, c’è stata la mobilitazione in difesa del legittimo governo del Paese.

Si attendevano il collasso delle infrastrutture dopo aver causato il black out nel Paese, e hanno avuto una calma risposta da parte di una popolazione civile e paziente e il ripristino delle forniture da parte della società elettrica i cui tecnici sono stati chiamati ad un lavoro abnorme ma vincente.

Si attendevano l’isolamento completo del Venezuela, hanno compattato invece i molti Paesi che rispettano il diritto internazionale.

Una ecatombe dei piani di neo-imperialismo USA, i quali intendevano ripristinare la “Dottrina Monroe” elaborata non da James Monroe, ma da John Quincy Adams nel lontano 1823 e pronunciata invece da Monroe, Presidente USA, al congresso il 2 dicembre di quell’anno.

Questa dottrina nasceva con uno spirito ben differente da ciò che si intende oggi, veniva infatti formulata per manifestare la volontà di indipendenza dei nascenti USA dalle influenza delle allora potenze coloniali europee propense, allora come oggi, a interferire attivamente nelle vicende interne agli stati terzi. Come si capisce era un principio più che legittimo e manifestava uno spirito corretto ed integro dei suoi sostenitori.

Ben diverso invece fu il significato ad esso attribuito a partire dal “corollario Roosvelt”, nel 1904 gli USA si facevano carico di una missione, riprendendo così anche il messaggio del “Manifest Destiny”, cioè quella di intervenire come nazione civilizzata (indicando quindi tutte le altre come selvagge) in ogni Paese dove vi fosse una crisi di democrazia o uno stato di ingiustizia, un intervento di Polizia internazionale quindi che li portò ad imporsi nella contesa tra Gran Bretagna, Impero tedesco e Regno d’Italia con il Venezuela (corsi e ricorsi storici) il cui governo si rifiutava di pagare il debito internazionale del Paese ad avevano messo in atto un blocco navale contro il Paese.

Il comportamento Usa era limitato allora all’azione diplomatica, non militare, ma solamente data la limitata potenza della Marina degli Stati Uniti di allora, paragonata a quella della Gran Bretagna o anche dell’Italia.

Da allora nella politica USA prese sempre più piede l’idea che fosse loro compito gestire le politiche non degli Stati Uniti, come inizialmente oggetto della “dottrina”, ma in maniera ben più estesa a tutto il continente americano, facendosi loro stessi potenza imperialista e sostituendosi molto semplicemente alle potenze europee.

Da li crebbe la concezione delle americhe come del giardino di casa degli USA, gli esempi di ingerenze o di interventi diretti si sprecano, dai numerosissimi golpe programmati e organizzati, dal Cile al Nicaragua all’Honduras, agli interventi a Panama, Granada ecc.

Tutto ciò che metteva in qualche discussione il predominio e l’indirizzo delle politiche degli Stati latinoamericani, o anche solo una qualunque forma di indipendenza e sovranità, per gli USA è sempre stata da ritenere come legittima la sua rimozione o eliminazione.

E così è oggi per il Venezuela, vittima di un blocco economico senza precedenti nella storia moderna e vittima di una campagna mediatica a tutto campo anch’essa senza precedenti.

Occorre sempre ricordare come l’economia del paese non fosse esente da critiche, la mancata rivoluzione socialista del chavismo ha lasciato ampi settori sotto il controllo di industrie private, che controllano non solo la produzione di alcuni beni ma anche la distribuzione di questi, mantenendo costi elevati per il reale potere di acquisto dei cittadini, che si avvalgono però delle distribuzioni di pacchi di generi di prima necessità da parte dello stato, ma su cui pesa la carenza di molti servizi quali gli approvvigionamenti di farmaci. Manca una industria farmaceutica mai sviluppata come invece ha fatto Cuba, o una industria metalmeccanica adeguata a fornire all’industria petrolifera la necessaria manutenzione e fornitura di ricambi, dipendendo quasi interamente da forniture ormai bloccate.

La crisi economica e valutaria ha avuto una progressiva crescita a partire dal 2014, proprio in concomitanza con la discesa repentina del petrolio, passato da più di 100 dollari al barile a meno di 60. Politiche dei prezzi imposte per togliere fondi alla Russia, rea di opporsi alle politiche di espansione della Nato verso est, erano i mesi del Golpe di Maidan a Kiev, ma che per estensione hanno permesso di stringere il cappio al collo dei Paesi vicini a Mosca in America.

L’accerchiamento sul Venezuela è avvenuto in maniera progressiva, eliminando la Presidente Kirchener in Argentina, sostituita da Macri, e i Presidenti Roussef e Lula con azioni giudiziarie pilotate. Emblematico il caso di Lula in Brasile, cui è stato impedito di candidarsi da un giudice immediatamente elevato a ministro dal nuovo presidente filoamericano Bolsonaro.

Gli esempi si sprecano, ma ancora resiste il popolo della rivoluzione bolivariana, contro ogni previsione e contro ogni speranza degli USA che vorrebbero riappropriarsi di ogni briciola di risorsa presente nel Paese, riportandolo di fatto nella situazione degli anni 80. Situazione che portò alla rivolta del Caracazo, spenta nel sangue con il violentissimo intervento militare ordinato dall’allora presidente Perez, quello si era un presidente che piaceva agli USA e alle potenze europee, un esempio di “vera democrazia” in salsa imperialista.

#SodaKaustika…CaracasGuaidò si alza e grida:” L’esercito è con ME!!” poi si gira e scopre di essere rimasto da…

Posted by Stefano Orsi on Tuesday, April 30, 2019

30-4-2019

Il giorno dopo aver dato un ridicolo ultimatum all’esercito perchè lo sostenesse, la mattina del giorno 30 aprile prima del sorgere del sole Guaidò ha dato il via, senza un briciolo di coscienza e collegamento alla realtà, al suo tentativo di golpe, qui il mio breve riassunto della giornata con il ridicolo epilogo.

“Aggiornamento flash dal Venezuela 30-4-2019

Caracas

Base aerea militare della Carlota e zona del blocco stradale, tutto il tentativo di “golpe” si è svolto qui

Giocando d’anticipo sulla grande manifestazione di piazza di domani in tutto il paese, in occasione del 1° maggio dei lavoratori, ben sapendo di non essere in grado di mobilitare neppure una frazione del popolo venezuelano chavista che domani si troverà in piazza a festeggiare, il presidente-designatodagli USA ha tentato il tutto per tutto.
Questa mattina, oggi pomeriggio per noi, si è fatto trovare all’interno della caserma La Carlota con al fianco persone vestite da militari venezuelani, poche decine, una ventina in tutto e anche l’ex politico Leopoldo Lopez, che non era in carcere come affermato dalla vergognosa parlamentare PD Quarapelle, ma ai domiciliari nella sua villa di Caracas.
Tra l’altro per reati penali e non politici come da lei affermato in aula.

Comunque da comico affermato quale è, Guaidò annunciava l’inizio della liberazione del Paese.

Poche migliaia di suoi sostenitori hanno incendiato cassonetti lungo alcune arterie viarie della capitale, i pochissimi militari hanno vuotato alcuni caricatori di fucile per far sentire degli spari, naturalmente abbiamo notizia di qualche morto che a Guaidò serviva per poter parlare di repressione violenta. Consiglierei a tutti , per vedere come sia una repressione violenta, rivedersi le immagini della rivolta del Caracazo di 30 anni fa, quando Chavez era solo un giovane tenente dell’esercito.
Alle 8 e 30 del mattino di Caracas già era chiaro che i militari con Guaidò erano solo quelli fotografati presso La Carlota (sempre che davvero fossero li) che non c’è stata nessuna rivolta della popolazione, anche di molto inferiore a quella delle opposizioni scesa in piazza mesi fa. Dalle immagini diffuse sui media occidentali appariva evidente che la polizia stesse contenendo i pochi manifestanti cercando di non fare ricorso alla violenza. C’è stato un investimento di un manifestante durante una inversione di marcia di un mezzo militare venezuelano mentre era assalito da una ventina di facinorosi violenti.
E verso sera arrivava la notizia di Lopez, che era sparito nel frattempo, già al sicuro dentro l’ambasciata del Cile, mentre i militari “golpisti (già a chiamarli così mi scappa da ridere) avrebbero cercato riparo presso quella Brasiliana o addirittura verso il Brasile, quindi fuggendo dalla capitale.
Credo che nemmeno il colpo di stato “Borghese” fosse stato preparato tanto male quanto questo.
Ho visto più serietà in “Una notte all’Opera” dei fratelli Marx che in questo golpe da operetta.
Eppure una volta gli Usa erano persone serie, e quando volevano preparare un golpe lo facevano in seriamente, in Cile ad esempio, e in tanti paesi sud americani e centro americani hanno organizzato delle primavere e dei vernissage davvero ben riusciti e coinvolgenti.
Ma da un po’ di tempo a questa parte proprio non riescono più in nulla.
Un fallimento incredibile in Siria, miliardi spesi in propaganda sui media, per i video dei terroristi, le armi da inviare… e quegli ingrati nemmeno vincono…
E la farsa in Turchia poi, coi militari che suonano al campanello della villa al mare del Presidente e quel maleducato nemmeno si fa trovare dove doveva essere, che screanzato.
Di questo passo finiranno per essere declassati a livello di ex superpotenza!
Al momento comunque la situazione è sotto controllo a Caracas e sono in corso i preparativi per la grande festa di domani, dove si celebrerà una nuova vittoria della rivoluzione bolivariana.
Il popolo venezuelano sta riempendo strade e piazze per difendere la Costituzione bolivariana e il legittimo presidente eletto Maduro!

Stefano Orsi

Qui la mia intervista all’IRIB pubblicata su ParsToday fatta prima del tentato Golpe.

http://parstoday.com/it/news/world-i187532-stefano_orsi_all’irib_trump_ritiene_gli_accordi_internazionali_vincoli_per_gli_interessi_usa_(audio)

Guaidò la mattina del 30-4-2019
I pochi militari con fascia blu pro golpe, nell’unica piazza da loro presidiata.
I pochi militari golpisti circondati da media compiacenti, presidiano il loro unico checkpoint
Caracas 30-4-2019
pochissimi i militari che hanno appoggiato Guaido, circa 30
I comandanti delle forze armate Venezuelane con il Ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez, ribadiscono la loro fede nella Costituzione e lealtà all’indipendenza del Venezuela e al solo Presidente eletto Maduro
I Venezuelano scendono in piazza e nelle strade per difendere il Paese dai golpisti.
30-4-2019 Maduro fa il punto sulla situazione con i vertici militari

Ucraina

Poroshenko e Zelensky

Il ballottaggio nelle presidenziali ha confermato tutte le previsioni della vigilia, una ampia vittoria del novellino Zelensky ai danni del pessimo Poroshenko. I cittadini hanno preferito quindi una incognita ad una tristissima esperienza. Non credo verranno sollevati di molto dalle loro sofferenze. Di certo ci sono le premesse degli USA che si sono affrettati nel mettere le mani avanti, dando le linee da seguire per il nuovo Presidente, specificando che queste non saranno messe in discussione. Nuovi rincari dunque su tutte le tariffe energetiche e tagli imposti dal FMI, in un Paese allo sfascio con un PIL in caduta libera come le speranze tradite dei cittadini ucraini per come venne presentata loro l’opportunità dell’ingresso nella UE.

Mosca si appresta a concedere la cittadinanza russa a tutti gli abitanti del Donbass e dell’Ucraina che ne dovessero fare richiesta, a breve verranno annunciate le procedure per l’espletamento della pratica e i uffici preposti alla loro presentazione. La scomposta reazione ucraina testimonia il basso livello di una classe dirigente più corrotta che incapace.

Yemen

Yemen i fronti della guerra

La situazione militare si trova anche qui in una situazione di stallo, le forze filo Saudite sono sostenute da una coalizione di Paesi che sulla carta dovrebbe dominare il campo, hanno il controllo assoluto dei cieli, e il predominio di mezzi a terra, carri armati, blindati ed artiglieria eppure non solo non sono riusciti a conquistare il porto strategico di Al Hudaydah e in questi giorni le forze Houthi avanzano verso Adeen, dimostrando tenacia e capacità logistiche fuori dal comune.

Iran

Le attenzioni USA si concentrano sempre più su questo Paese, democrazia da decenni guidata da Presidenti eletti e ispirata dalla religione islamica. L’Iran è una via democratica differente da quelle da noi comunemente seguite, eppure rappresenta una chiara esperienza di espressione e inclusione della volontà popolare nella gestione e governo di un Paese sovrano.

Arrivata allo status di potenza regionale, l’Iran non nutre il terrorismo internazionale ma è impegnato direttamente nel suo contrasto, combattono infatti contro ISIS ed Al Qaeda in diversi Paesi, ma sempre dietro diretto invito e richiesta dei Paesi interessati, come in Iraq o in Siria o in Libano.

Nonostante ciò ancora in questi giorni il governo americano ha dichiarato le Guardie della Rivoluzione islamica, vera anima della difesa del Paese, come una organizzazione terroristica legando quindi la sua esistenza alla strategia di lotta armata nel medio oriente.

Gli USA proseguono quindi l’aggressione violenta contro l’Iran nella loro strategia generale di destabilizzazione della regione.

Oltre a questo l’amministrazione USA, in barba ad ogni diritto internazionale hanno dichiarato i territori siriani del Golan, occupati illegalmente da Israele, come parte dello stato occupante.

In risposta l’Iran potrebbe valutare il blocco navale del Golfo Persico a causa del divieto USA a commerciare petrolio iraniano per gli stati di tutto il mondo, pena l’incorrere inevitabilmente in sanzioni o ulteriori sanzioni e ritorsioni economiche.

Si sono subito fatte sentire le voci irritate di diversi Paesi tra cui la Turchia, Cina, India, Giappone e Sud Corea, che hanno immediatamente risposto di voler proseguire nelle loro transazioni economiche e forniture petrolifere con Teheran.

L’Italia, che era oggetto di deroghe assieme ad altri sette Paesi, ha annunciato di aver addirittura anticipato il disio del potente padrone, rinunciando di sua iniziativa ai rapporti di fornitura dal Paese in oggetto, con nuovo grave danno economico per Roma, sommando le rinunce e di danni diretti da sanzioni cui il nostro Paese si assoggetta volontariamente superiamo le decine di miliardi ormai.

Questo perchè ad ulteriore annichilimento della nostra economia, i prezzi del greggio si stanno impennando, ma di certo ve ne sarete resi conto da subito recandovi ad un qualunque distributore. Per le nostre politiche il detto “Il faut pas etre plus royaliste du roi” non fu mai scritto.

Le nuove sanzioni imposte dagli USA in violazione del trattato sottoscritto dal suo predecessore Obama, colpisce anche le zone alluvionate, gli aiuti internazionali infatti sono ricaduti dentro il regime sanzionatorio imposto dagli USA e pertanto l’Iran ha fatto denuncia di questo presso le autorità della Corte di Giustizia internazionale dell’Aja, che peraltro gli USA non riconoscono.

Usa e politiche dei mari

CVN 72 Abramo lincoln
CVN-74 John C. Stennis

Al fine di comprendere meglio le politiche USA nel Mediterraneo seguiremo lo scopo e la missione delle due portaerei le CVN-72 Abraham Lincoln e la CVN-74 John C. Stennis che sono entrate oggi nel mare che bagna le nostre terre.

Di certo non vengono a calmare le acque.

Stefano Orsi

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Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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