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Situazione dei fronti più caldi al mondo

by Redazione online
4 Ottobre 2019
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Dal giornale SudEst l’aggiornamento dell’analista Stefano Orsi sulle principali aree di crisi:

Aree di crisi nel mondo n. 18 del 4-10-2019

VENERDÌ 04 OTTOBRE 2019 00:00

di STEFANO ORSI

Oggi apriamo un nuovo fronte di crisi, parleremo anche di Iraq. Innanzitutto andiamo a vedere cosa è successo nello Yemen uno dei fronti più caldi al mondo.

San’a

29-9-2019
La recente offensiva delle forze militari yemenite, ha avuto un successo tanto grande quanto insperato.
Il nome di questa operazione è Vittoria con Dio, Nasr Min Allah, e devo ammettere che Dio è stato davvero con loro.
L’attacco alle linee saudite è avvenuto con piena sorpresa ed impreparazione delle ricche e fornitissime truppe del Re saudita Salman e di suo figlio MBS Mohammed Bin Salman.
L’operazione aveva avuto inizio il giorno 25 di agosto e aveva lo scopo di far cadere in una trappola le truppe saudite.
L’inganno è riuscito, più di 500 sono i caduti tra le fila saudite, sul fronte di Najran, le cifre parla no di circa 2000 prigionieri e più di cento mezzi blindati catturati integri dalle forze Yemenite, enormi quantità di munizioni e carburante, il ministro della difesa Yemenita era presente al fronte quando è scattata la morsa sulle truppe nemiche.
Spero di avere presto maggiori dettagli sulle posizioni delle truppe e delle battaglie in modo da ricostruirne gli eventi con precisione.
Un particolare agghiacciante, le forze aeree saudite, in genere i piloti sono principi, hanno cercato con diversi attacchi di bombardare ed uccidere i prigionieri in marcia sotto scorta yemenita, questi attacchi sono stati respinti dalle difese yemenite.
Un successo davvero memorabile che avvicina la resa saudita.

In seguito a questa sconfitta tremenda, l’Arabia ha iniziato una serie di attacchi aerei contro le postazioni Houti, e a muovere unità dell’esercito per portarsi in prossimità della città di Najran verso la quale hanno guadagnato terreno le milizie Houthi, che per la cronaca è in territorio saudita.

Il primo di ottobre sono iniziate operazioni di terra da parte saudita contro l’esercito yemenita, nel settore di Asir, ma le milizie non paiono distogliersi dalla loro azione offensiva verso la città saudita, se riuscissero a raggiungerla ed occuparla, sarebbe uno smacco tremendo per la casa regnante e potrebbe addirittura minarne la permanenza sul trono, dopo le “purghe” volute dal rampollo MBS, sono molti i risentimenti che covano tra i parenti principi che potrebbero aspirare a sostituirsi ai monarchi.

Il due di ottobre si sono mossi anche i militari guidati dalla UAE Emirati Arabi Uniti, anche loro presenti contro gli Houthi yemeniti, in appoggio al presidente fantoccio Hadi, hanno attaccato le truppe yemenite di Ansarallah nella provincia di Ta’iz,

Grazie al supporto aereo ravvicinato, sono state in grado di conquistare tre villaggi, comunque sia, e nonostante l’aviazione a loro supporto, non hanno sfondato le linee Houthi, che combattono con tenacia e lottano per ogni metro di terreno.

Per mappe e foto lascio il mio post su FB https://www.facebook.com/stefano.orsi.376/posts/1663895760411297

Qatar

Si apre una questione legata alla geopolitica regionale, il comando dell’aeronautica americano in questo settore di mondo ha base proprio nel Qatar, base di Al Udeid, al momento la sua permanenza viene messa in forse, grazie al progredire nella tecnologia militare di telecomunicazioni satellitari e controllo remoto, il Comando che sovrintende al pilotaggio di tutti i droni in volo di tutti i caccia, e dei bombardieri, su questa grande area, è stato temporaneamente spostato nella base aerea di Shaw, nel North Carolina, a quasi 7000 miglia di distanza. Non credo che , al di là del contenimento di costi e della sicurezza degli operatori, non vi siano dirette implicazioni con alcuni eventi, primo fra tutti il forte contrasto esploso nel 2017 tra Arabia, UAE, Egitto e appunto il Qatar, arrivando addirittura al blocco di terra e navale attorno al Paese, in quel momento gli unici Paesi che si sono avvicinati al Qatar sono stati principalmente la Turchia, altro paese egemone nel mondo Sunnita e incredibilmente, l’IRAN, che con un ponte aereo rifornì di ogni genere di merce il vicino, che fino a poco prima era acerrimo nemico, ricordo anche l’appoggio che il Qatar pare abbia dato per anni ai terroristi in Siria. Da allora l’avvicinamento a Turchia e Iran non è cessato, pertanto gli USA, comprensibilmente stanno vagliando differenti opzioni dal mantenersi in un Paese ormai non fidato.

Secondo fattore è sicuramente stato l’attacco devastante con droni e missili cruise da parte dello Yemen, anche se gli USA preferiscono dire sia stato commesso dall’Iran , ma è una loro convenienza che nulla trova nei riscontri della realtà.

Il Qatar risulta infatti nel raggio d’azione delle armi yemenite, che grazie alla sua alleanza con l’Iran, può produrne e progettarne di nuove, un rischio davvero enorme lasciare li un comando tanto importante visto il fatto che i radar più sofisticati USA, non li rilevarono neppure in avvicinamento, l’elusione totale delle difese aeree saudite, acquistate dagli USA, e degli stessi USA, che hanno li vicino diverse basi, come la base aerea Prince Sultan o il comando della 5° Flotta in Bahrein non può passare in sordina, al momento le difese americane sono scoperte di sistemi per abbattere efficacemente droni d’attacco e missili da crociera come i modelli di progetto iraniano o di produzione e assemblaggio yemenita.

Tutto lo scacchiere medio-orientale è infatti in tensione dopo questo attacco.

Baghdad

Nella notte del 2 ottobre 2019

Da alcuni giorni erano segnalati disordini minori nel Paese, lo scenario che si presenta invece il 2 ottobre è ben diverso.
Vi sono stati scontri con le forze di polizia in diverse città del Paese, da Bassora a Baghdad passando per Najaf e Mosul.
Non è chiara la matrice, se si tratti di una riedizione di disordini in salsa religiosa, con il solito dualismo Sunniti-Sciiti o se vi sia altro.
Dati i buoni rapporti creati con l’Iran potrebbe trattarsi di una rivolta organizzata in stile “Primavere arabe” dai soliti noti, USA e Arabia Saudita, Israele,  per sabotare il progetto della “Mezzaluna Sciita” e fermare col sangue la via di terra che collega ormai Teheran a Beirut passando per Baghdad e Damasco.

Nel tentativo di impedire il coordinamento tra i manifestanti, il governo iracheno ha chiuso tutti i provider internet via filo, ultima città ad essere “scollegata” è stata Mosul circa mezzora fa ( per lo scrivente),  ma segnalano che ancora funzioni via cellulare, sebbene molto a rilento.

Disordini sono stati segnalati un po’ ovunque: Kirkuk, Hillah, Al Kufah, Nasyriyah, Amarah, Bassora, la maggior parte però sono presso Baghdad naturalmente.
Tre ore fa è stato emanato dal Ministro della Difesa l’ordine di porre tutte le forze armate in stato di emergenza nazionale e pronte ad intervenire.
Sono stati segnalati edifici governativi dati alle fiamme, ma sulla dimensione delle manifestazioni i dati non sono concordi, a volte si parla di migliaia a volte di centinaia di persone,  ma non pare si tratti di un movimento di massa, al momento propenderei per un tentativo di sabotare i legami tra Iran e Iraq, dando a intendere di poter rovesciare il governo se questi prosegue nel suo avvicinamento a Mosca e Teheran.

A giudicare dai toni, dai termini e dalle immagini utilizzate, direi,  con un ristretto margine di errore, di poter confermare i miei sospetti, che ci si trovi di fronte ad una ennesima destabilizzazione messa in piedi dai soliti noti servizi segreti: Israele, Arabia e USA.
Leggo post di manifestanti disarmati e aggrediti, non è vero sono armati, di anziane che preparano dei pasti per i ragazzi che protestano, stesse inquadrature usate per le prime fasi dei disordini provocati in Siria, Libia, ecc ecc.
Parlano già di “Regime” quando siamo di fronte ad un governo eletto in una democrazia “Importata”.
La “Mezza Luna Sciita” è nel mirino dei nemici della pace.

Il giorno successivo controllo l’andamento delle manifestazioni e noto un netto calo, svolgo alcuni controlli.

Dalle ore 5 di questa mattina (il 3 ottobre), è entrato in vigore il coprifuoco in tutte le città del Paese, l’esercito si è schierato con posti di blocco lungo delle arterie stradali chiave separando di fatto i singoli quartieri l’uno dall’altro per evitare concentrazioni di manifestanti.
Le manifestazioni e i disordini, sebbene composti da alcune migliaia di dimostranti, non sono apparse come di massa, ma comunque significative.
Il malcontento nel Paese a causa del perdurare della crisi economica dovuta solo in parte alla corruzione, che è una nota comune in tutto il medio-oriente, ivi compreso il regime israeliano, il costo della guerra contro l’ISIS, la distruzione di molte infrastrutture, il danno enorme all’economia, ora che i combattimenti sono sostanzialmente conclusi, inizia a causare la reazione dei cittadini esasperati e chiaramente c’è chi sul fuoco di questo malcontento sa soffiare con attenzione per ravvivarlo ed instradarlo dove meglio crede.

Il contorno di commentatori più o meno locali, che in arabo ci inviano informazioni e proclami, sa di già visto, ha tutte le caratteristiche tipiche del solito copione simil “Primavera”, anche se in autunno ormai ci si trovi.
Molti di questi commentatori, sembrano spontanei, ma a leggere bene appare chiaro che abbiano creato una sorta di network per fa rimbalzare le loro notizie per diffonderle nel mondo arabo e non solo, in modo da creare una percezione strutturata nei lettori sulla questione del momento, da quel momento in poi i fatti verranno seguiti attraverso i filtri di questa percezione strutturata e storpiati di conseguenza.

Un altro fattore comune è la verosimiglianza della notizia, ovvero il mischiare abilmente notizie e filmati reali con altri adattati alla bisogna in modo che siano ritenuti credibili anche senza che vi siano legami con gli eventi, ecco quindi che l’omicidio di una coppia presso il loro domicilio, venga presentato come l’uccisione di una coppia di cittadini appena rientrata da una manifestazione in strada, un lettore attento si chiede, dove sia il legame con i disordini, ed infatti non c’è, se avessero voluto ucciderli per la manifestazione. avrebbero sparato loro per strada, nella confusione, invece di seguirli fino a casa , suonare il campanello, farsi aprire e poi ucciderli, questa procedura sa di un regolamento di conti tra vicini o parenti approfittando della confusione, ma naturalmente la coppia verrà inserita nell’elenco delle vittime degli scontri.
Al momento il conteggio è salito a 25 morti in tutto il Paese, ma di certo è parziale.
Oggi gli scontri sono stati segnalati principalmente nella capitale, a Bassora ad esempio, non ci sono disordini, anche li un imponente dispositivo di forze di sicurezza è stato posto a presidiare le strade e le piazze, e finora è servito a prevenire scontri.
In Baghdad, fatto da notare, nessuno scontro o protesta è stato segnalato nel popoloso quartiere di Sadr City, famoso per l’opposizione a Saddam Hussein ed agli invasori statunitensi.
Scontri in altre città sono segnalati a Kirkuk e in una cittadina a nord di Baghdad, Margiaba, ma nulla di più, pertanto il coprifuoco regge in tutto il Paese e nella capitale sta limitando i manifestanti dal raggrupparsi in poche piazze avendo diviso i quartieri con cordoni di sicurezza.

La strategia di contenimento governativa per ora pare reggere.

Data la presenza di manifestanti sciiti, si potrebbe individuare nella fazione facente capo a Muqtada al Sadr, figura di spicco nel mondo sciita iracheno, quella che potrebbe essere dietro parte di questa operazione in virtù di una sua ambizione di ruolo di prim’ordine all’interno della comunità religiosa irachena, dove invece si guarda sempre più agli Ayatollah del clero sciita iraniano.

Da ieri, monitoro la capitale di riferimento del mondo sunnita iracheno, Falluja, dove non vi sono state manifestazioni, fatto questo molto interessante.

Nel frattempo il conteggio delle vittime dei moti è salito a 31, per ora  4 ottobre, regge in tutto il Paese il contenimento delle manifestazioni, che sono segnalate solo a Baghdad.

Per foto e mappe i miei post.

https://www.facebook.com/stefano.orsi.376/posts/1667843833349823

https://www.facebook.com/stefano.orsi.376/posts/1666960440104829?notif_id=1570049410318904¬if_t=feedback_reaction_generic&ref=notif

Ucraina

Kiev

Dall’incontro del 1° ottobre del Gruppo di contatto, per l’attuazione dei trattati di Minsk, Ucraina e Donbass (DNR ed LNR) con supervisione di Russia e OSCE, si è addivenuti ad un accordo, firmato dalle parti in cui si conviene di aderire alle condizioni concordate dall’allora ministro degli esteri tedesco Steinmeier, nel 2015, per riprendere il dialogo in “formato Normandia”, quindi senza gli USA.

L’accettazione della “formula Steinmeier” era condizione imprescindibile per riprendere il dialogo.

Concessione di status temporaneo di autonomia alle regioni del Donbass distretti di Lugansk e Donetck perchè si possano tenere con rispetto di legge ucraina, elezioni riconosciute da ambo le parti. Dopo promulgazione del risultato confermato da ispettori OSCE, l’Ucraina si impegna a riconoscere lo status di autonomia dei distretti, lo status era già stato approvato dalla Rada, il parlamento ucraino, nel 2015, ma sempre disatteso da parte di Kiev e con il totale silenzio dei media occidentali che invece avrebbero dovuto denunciare le pesanti responsabilità ed inadempienze di Kiev.

L’accordo sottoscritto, ricalca in tutta la sua parte iniziale le richieste delle Repubbliche secessioniste, snobbate allora dal governo filo occidentale, dal riconoscimento della lingua russa, messa al bando, violando i diritti dell’uomo in tutta l’Ucraina, dove le minoranze etniche e linguistiche stanno subendo dal golpe di Maidan una pesante persecuzione.

È stata riconosciuta anche la separazione delle forze armate, garantendo l’esistenza dell’esercito delle repubbliche.

Il ruolo di Washington sulla capitolazione di Kiev è evidente, il governo ucraino attendeva dal governo Trump come comportarsi di fronte alle richieste contenute in questo accordo.

Kucma, capo delegazione di Kiev, solo tre settimane fa si era rifiutato di sottoscrivere questo accordo ed ora invece la cosa è fatta.

Immediatamente in tutta Ucraina sono insorti i neonazisti e gli ultra nazionalisti, che hanno letto nei contenuti dell’accordo, la sostanziale capitolazione del loro Paese di fronte alle rivendicazioni delle repubbliche secessioniste.

Mi sono preso la briga di contattare un amico presente a Donetck che mi ha presentato uno scenario, in Donetck, di grande diffidenza da parte della popolazione, che da troppi anni subisce bombardamenti continui, e tutti hanno visto morire amici o parenti, non solo tra chi indossava una divisa ma, purtroppo, molto di sovente tra i civili, vittime designate delle cannonate dell’esercito ucraino.

I passati accordi di cessate il fuoco , molti veramente, sono sempre stati disattesi ed ora la popolazione vuole prima vedere attuate le parti che riguardano il ritiro dell’esercito di occupazione che è basato vicino alle principali città e da anni le tiene sotto costante tiro di cannoni e mortai.

Solo allora, in sostanza mi ha scritto, riterranno credibili le loro parole.

Come si può dar loro torto?

L’opinione pubblica ucraina, almeno nei media nazionalisti, quasi tutti, sostiene che questo accordo rappresenti la “RESA alla Russia di Putin!”, una capitolazione, ed il fatto che nel discorso alla nazione Zelenskij abbia dovuto specificare per 4 volte che “Non si tratta di una resa!” significa ed è stato percepito proprio per quello che è, l’Ucraina si arrende di fronte all’evidente sconfitta subita nel 2015, con la tremenda ritirata da Debaltsevo, ed oggi è in grado di ammetterlo e riconoscerlo.

Non resta che attendere l’applicazione del trattato.

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fonte: IL SUDEST

link origine: http://ilsudest.it/inchiesta/100-inchiesta/14208-aree-di-crisi-nel-mondo-n-18-del-4-10-2019.html?fbclid=IwAR2mgMRE7GP5gGjycp3UASaSkt9GR4WZLJzAhKVaUwZf80lotCkKb8XxWAY

 

 

Tags: Arabia SauditairanKievqatarSiriaStefano OrsiUcrainaUSA
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Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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