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Home Politica Internazionale AREE DI CRISI

Il supporto sui social alle proteste irachene, è soprattutto saudita

5 Ottobre 2019
in AREE DI CRISI
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Il supporto sui social alle proteste irachene, è soprattutto saudita
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Il bilancio dei disordini in corso – avvenuti nel contesto di una serie di proteste contro il carovita, la disoccupazione e il governo – nel centro e nel sud dell’Iraq  sale a 44 morti in 4 giorni di scontri .

Come sempre, il malcontento popolare avviene per le condizioni di vita, in una situazione già precaria, aggravata da un paese uscito devastato dalla guerra contro l’ISIS.
Tuttavia ci sono terzi attori esterni: è innegabile che c’è chi cavalca anche dall’esterno queste difficoltà.

Per rendersene conto basta guardare la provenienza dell’esplosione di twitt con hashtag “L’Iraq sta sorgendo”

Chi sta orchestrando questa guerra informatica su #Iraq? 58.0000 #Sauditi hanno partecipato all’hashtag “L’Iraq sta sorgendo”. # العراق_ينتفض e ha avuto un ruolo nell’alimentare gli ultimi eventi in #Iraq. Il 79% dei tweet era localizzato in Arabia Saudita e il 6% in Iraq. 200 robot Rted 13K su Twitter.

La mano della manovra è ben riconoscibile:  si è verificata un’inondazione di tweet in gran parte identici, completamente meccanici e chiaramente stupidi. L’Arabia Saudita ha ancora molta strada da fare in termini di propaganda internet.

Who is orchestrating this cyber war on #Iraq?

58,0000 #Saudis participated in the hashtag “Iraq is rising up.” #العراق_ينتفض & played a role in fueling events in #Iraq.

79% of the tweets were located in Saudi Arabia and 6% in Iraq.

200 robots Rted 13K tweets on twitter. https://t.co/pdJc6tnkhN

— ّ (@Lebvant) October 3, 2019

Si potrà pensare allora che i tweet provengono dal Regno perché c’è più libertà e non si tratta di un’operazione orchestrata. Beh a parte che molti tweet sono uguali, ci sono esperti informatici che segnalano:

dimenticano di togliere “Hello world” dagli script dei bot. Mazzo di tweet che dicono la stessa cosa iniziando con “Hello world” e poi parlando di quanto fosse giusta la rivolta.

Naturalmente neanche una tonnellata di retweet può causare la rivoluzione, se non ci sono enormi tensioni sociali o è in atto una “situazione rivoluzionaria” ma generalmente si tratta di creare un’illusione di un consenso pro-rivoluzionario, anche se probabilmente è diverso a seconda di quanto la società dipende dai social media. È uno strumento di supporto. Non funziona da solo, ma in combinazione con molte altre procedure progettate per generare un effetto netto di instabilità. In tutti i modi ciò serve anche a far recepire in un certo modo ciò che avviene , in occidente. Ovvero i media possono far rimbalzare le notizie sposando una certa chiave di lettura, in un meccanismo autoreferenziale in chiave looping (avete visto come ripropongono da noi i media le notizie sulla Siria anche quando smentite?).

Anche per questo, il governo iracheno ha disposto l’interruzione di internet in tutto il paese.

Quindi è indubbio che i sauditi stiano recitando la loro parte, ma chiaramente ci sono legittime cause locali delle proteste e derivano da immensi difetti della governance irachena e non solo da qualche trucco saudita.

Ma nello stesso modo, ciò non nega  che sia in atto una certa volontà straniera e che ci siano propri agenti e che si incuneino nel malcontento influencer messi in campo: gli Stati Uniti sono stati sorpresi a pagare rivoltosi in passato e la tempistica di queste proteste è estremamente sospetta. Se la corruzione e il cattivo governo in Iraq fossero stati causa di sommosse, lo avrebbero fatto per anni prima.

Un precedente –

Secondo documenti e documenti declassificati della CIA, alcuni dei mafiosi più temuti di Teheran furono assunti dalla CIA per organizzare rivolte a favore dello Shah il 19 agosto 1953. Altri uomini pagati dalla CIA furono portati a Teheran in autobus e camion e presero il controllo delle strade della città. Tra 200 e 300 persone furono uccise a causa del conflitto ( https://en.wikipedia.org/wiki/1953_Iranian_coup_d%27%C3%A9tat )

In questo contesto, tutto serve anche internet per incentivare disordini, si pensi quanto sta facendo gli Stati Uniti in Iran in termini di propaganda via rete nei confronti dell’Iran. 

Vi riporto qui di seguito la testimonianza di un iraniano su un forum negli USA, che dice:

…i miei parenti sono stati risucchiati dal puro tsunami di notizie false e disinformazione diffuse da organizzazioni come Manoto, VoA, Radio Farda (la radio farda di solito è la migliore nelle sue sezioni di notizie vere, ma spesso quando spinge e promuove le sezioni editoriali sono pura illusione e bugie). Con un aiuto saudita coordinato in modo analogo su questo fronte, gli Stati Uniti sono stati in grado di consolidare e angolare efficacemente questo mercato. Nel quale l’Iran ha finora fallito nel farlo”.

Chiaramente l’Arabia Saudita ha interesse nella rimozione di un governo iracheno amico dell’Iraq. Immagino che c’è anche una notevole quantità di denaro che guida questi movimenti spontanei, come con ogni altro conflitto tra i vari popoli in Medio Oriente.

Sono elementi di giudizio che quasi mai vengono citati dai media ma credo che bisognerebbe ponderare anche questi elementi, quando si sente un notiziario.

@vietatoparlare

Tags: iranIRAQ
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Autore

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Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), socio dell’ass. Blogger Samizdatonline, Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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