Oltre i confini: l’impatto dei profughi palestinesi nei paesi limitrofi

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A ttualmente, la situazione a Gaza è drammatica: ogni 10 minuti, in media, una bomba israeliana colpisce la striscia. Questa realtà non fa che rafforzare il mio giudizio critico sulla condotta delle operazioni militari in atto. L’uso di una forza sproporzionata in un’area urbana densamente popolata sta portando a perdite di vite umane che sono inaccettabili.

I report sulla situazione sono chiari e disponibili per tutti. Tuttavia, il mio focus si sposterà su un altro aspetto di questa crisi. Desidero esaminare una questione meno discussa, ma che riveste un’importanza significativa nel contesto palestinese.

Si tratta dell’impatto che i profughi palestinesi hanno avuto nei vari paesi del Medio Oriente che, in diverse epoche, li hanno ospitati. Questo aspetto, spesso trascurato, merita un’analisi approfondita per comprendere pienamente le dinamiche e le conseguenze del conflitto israelo-palestinese.

In questo contesto, qui mi concentrerò specificamente sull’esame delle problematicità poste dalla presenza dei profughi palestinesi nei vari paesi confinanti, per comprendere in modo più approfondito le dinamiche e le ripercussioni della loro presenza in queste nazioni:

Settembre Nero in Giordania

Il conflitto di Settembre Nero, avvenuto tra il 6 settembre 1970 e il 23 luglio 1971, fu un conflitto armato tra la Giordania, guidata dal Re Hussein, e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (PLO), guidata da Yasser Arafat. Dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, i guerriglieri palestinesi si trasferirono in Giordania e intensificarono i loro attacchi contro Israele.

La PLO, che comprendeva Fatah e altri gruppi come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) e il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (DFLP), aumentò la sua forza e iniziò a chiamare per la rovesciatura della monarchia hashemita in Giordania, portando a scontri violenti.

Il culmine fu raggiunto con gli dirottamenti aerei di Dawson’s Field del 6 settembre 1970, che portarono il Re Hussein a ordinare all’esercito giordano di agire contro i fedayeen palestinesi. Ciò portò a intensi combattimenti, culminati con l’espulsione dei militanti palestinesi in Libano.

Coinvolgimento Palestinese nella Guerra Civile Siriana

Durante la guerra civile siriana, ci sono state divisioni tra i palestinesi riguardo al governo Baath di Assad in Siria. I leader di Hamas hanno appoggiato il tentativo di colpo di stato ordito dagli USA e da parte degli stati del Golfo del 2011 in Siria e hanno lasciato la loro sede di Damasco nel 2012.

Alcuni palestinesi hanno accusato Assad di permettere la tortura e l’uccisione di palestinesi, e di recente, questo ha comportato la demolizione di campi profughi palestinesi in Siria, in particolare a Yarmouk. Su questo c’è da dire che i cosiddetti ‘campi profughi palestinesi’ in Siria erano in realtà quartieri con normali case e non di carattere provvisorio. I palestinesi in Siria hanno avuto la massima tutela e stessi diritti dei cittadini siriani fino alla loro rivolta di tipo soprattutto religioso, perchè il governo era di tipo socialista.

Prima dello scoppio della guerra civile siriana, vi erano più di 500.000 palestinesi in Siria, per lo più rifugiati.

Violenza Politica Palestinese in Egitto e Libano

La violenza politica palestinese si riferisce ad azioni intraprese dai palestinesi per raggiungere obiettivi politici, incluso l’uso della forza.

Queste azioni sono state spesso compiute nel contesto del conflitto israelo-palestinese.

I gruppi palestinesi coinvolti in violenza politica includono l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (PLO), Fatah, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, l’Organizzazione Abu Nidal, la Jihad Islamica Palestinese e Hamas.

La violenza politica palestinese ha preso di mira israeliani, palestinesi, libanesi, giordani, egiziani, americani e cittadini di altri paesi. Le tattiche hanno incluso dirottamenti di aerei, attacchi con bombe, sequestri di ostaggi e attentati suicidi.

In particolare, durante la guerra civile libanese, l’arrivo di molti palestinesi in Libano, tra cui Yasser Arafat e la PLO, ha esacerbato una situazione già tesa e ha contribuito allo scoppio del conflitto nel 1975. La guerra civile libanese ha visto coinvolte varie milizie, tra cui gruppi palestinesi, ed ha portato un numero significativo di vittime civili.

Ribellione Palestinese nel Sud del Libano (1968-1982)

La ribellione palestinese nel sud del Libano è stata un conflitto armato multi-sfaccettato iniziato dai militanti palestinesi contro Israele nel 1968 e contro le milizie cristiane libanesi a metà degli anni ’70. Questo conflitto è stato un importante catalizzatore per lo scoppio della guerra civile libanese nel 1975.

I combattimenti tra i palestinesi e le milizie cristiane sono durati fino all’invasione israeliana del Libano nel 1982, che ha portato all’espulsione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (PLO) dal territorio libanese.

Mentre la PLO si trasferì in Tunisia dopo l’invasione di Israele, altre fazioni militanti palestinesi, come la PFLP-GC basata in Siria, continuarono a condurre operazioni a basso livello dal Libano occupato dalla Siria.

Dopo il 1982, si ritiene che la ribellione sia diminuita alla luce della guerra di montagna inter-libanese e del conflitto Israele-Hezbollah, quest’ultimo avvenuto per la durata dell’occupazione israeliana del sud del Libano.

Ribellione nel Sinai (2011-2023)

La ribellione nel Sinai, in Egitto, è stata un’insurrezione nella penisola iniziata da militanti islamisti contro le forze di sicurezza egiziane, che hanno incluso anche attacchi ai civili. L’insurrezione è iniziata durante la crisi egiziana del 2011, quando il presidente di lunga data Hosni Mubarak è stato rovesciato.

La ribellione nel Sinai inizialmente consisteva in militanti, in gran parte composti da tribù beduine locali, che hanno sfruttato la situazione caotica in Egitto e l’autorità centrale indebolita per lanciare una serie di attacchi contro le forze governative nel Sinai. In seguito, militanti di altre nazionalità si sono uniti a gruppi estremisti nel Sinai, tra cui palestinesi, siriani, iracheni e libici. Nel 2014, elementi del gruppo Ansar Bait al-Maqdis hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL o ISIS) e si sono proclamati Provincia del Sinai, e parte dell’ISIL.

Le autorità egiziane hanno tentato di ripristinare la loro presenza nel Sinai attraverso misure sia politiche che militari. L’Egitto ha lanciato due operazioni militari, note come Operazione Aquila a metà del 2011 e poi Operazione Sinai a metà del 2012. Nel maggio 2013, a seguito del rapimento di ufficiali egiziani, la violenza nel Sinai è aumentata di nuovo. Dopo il colpo di stato egiziano del 2013, che ha portato alla destituzione del presidente egiziano Mohamed Morsi, sono avvenuti “scontri senza precedenti”.

Gruppo Hamas: correlazione con i Fratelli Musulmani

Riguardo alla relazione tra Hamas e i Fratelli Musulmani, Hamas è effettivamente un’organizzazione che si è sviluppata dal movimento dei Fratelli Musulmani. Fondato nel 1987, Hamas ha origini ideologiche e organizzative che possono essere fatte risalire ai Fratelli Musulmani, un movimento politico e religioso sunnita più ampio. Hamas condivide molti degli stessi principi ideologici dei Fratelli Musulmani e ha mantenuto legami con il movimento, sebbene le sue attività siano principalmente concentrate sul conflitto israelo-palestinese.

Considerazioni

1 – Coinvolgimento dei Palestinesi in Conflitti Regionali

Nel corso degli anni, gruppi palestinesi hanno partecipato a varie attività insurrezionali in diversi paesi, assumendo ruoli di diversa rilevanza. In Siria e Giordania, questi gruppi, originariamente formatisi per combattere lo stato di Israele e rivendicare un proprio stato indipendente, si sono spesso ritrovati coinvolti in conflitti contro altre cause. In particolare, hanno affrontato governi come quelli siriano ed egiziano, percepiti come eccessivamente laici o non allineati con le loro visioni ideologiche.

2 – Radicalizzazione e Ampliamento degli Obiettivi Palestinesi

Questa tendenza riflette una radicalizzazione dei movimenti palestinesi, che nel tempo hanno abbracciato cause più ampie, spesso di natura insurrezionale. Hanno adottato tecniche che possono essere classificate come terroristiche, estendendo il loro campo d’azione ben oltre la lotta per l’autodeterminazione palestinese. Questa evoluzione ha portato alcuni di questi gruppi a partecipare attivamente in conflitti regionali, spesso allineandosi con movimenti più ampi che condividono obiettivi ideologici simili, come la lotta contro governi percepiti come oppressivi o non conformi ai principi islamici.

3 – Impatto Geopolitico e Riluttanza all’Accoglienza dei Palestinesi

Inoltre, è importante sottolineare come queste dinamiche abbiano contribuito a complicare il panorama geopolitico del Medio Oriente. L’interazione tra la lotta palestinese e altri conflitti regionali ha creato una rete complessa di alleanze e antagonismi, influenzando non solo la politica interna dei paesi coinvolti ma anche le relazioni internazionali nella regione.

E’ innegabile che proprio a causa di questa complessa rete di coinvolgimenti e alleanze, attualmente nessuno degli stati confinanti con Israele si è mostrato disposto ad accogliere i palestinesi attualmente colpiti dai bombardamenti israeliani.

Questa riluttanza può essere attribuita a diversi fattori, tra cui preoccupazioni sulla sicurezza, la storia di coinvolgimento dei palestinesi in attività insurrezionali, e la complessità delle questioni di politica estera e identità nazionale in Medio Oriente.

Fermo restando che è indiscutibile e necessario condannare fermamente la condotta israeliana, che sembra favorire la formazione di un certo tipo di estremismo, ostacolando così la realizzazione di una soluzione basata sui due stati. Inoltre, è critico osservare come Israele poi agisca con severità contro gli stessi estremismi che, in parte, ha contribuito a creare o alimentare.

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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