La superpotenza S&P punta i cannoni sull'Ue

Standard & Poor’s oggi ha messo sotto osservazione 15 Paesi della zona Euro. Tutti i Paesi europei possono perdere la tripla A. Diventare meno affidabili sul mercato internazionale. In sostanza più poveri. Le valutazioni della Standard & Poor’s possono far fallire una Nazione. Orienta gli investimenti, valuta bilanci, pubblica analisi. Fa cadere governi, influenza le decisioni economiche degli Stati, decide nei fatti le manovre finanziarie. Standard & Poor’s risiede “in the cloud”, sopra alla politica, sopra alla UE, all’ONU, agli elettori. Il suo dio è il mercato e solo ad esso riferisce.
In teoria è un servizio per gli investitori, in pratica un’agenzia dotata di un potere illimitato:

di Nicola Sessa – 06/12/2011 Fonte: Peace Reporter

Con un intervento a orologeria, l’agenzia di rating minaccia il downgrade per Germania e Francia a poche ore dal summit salva-euro Anche a non voler seguire la linea complottista, qualche dubbio sulla tempistica con cui l’agenzia di rating Standard&Poor’s interviene nella politica europea a gamba tesa, è legittimo. Angela Merkel  e Nicolas Sarkozy avevano appena concluso il loro meeting a due per preparare una strategia comune in vista del summit salva-euro dell’8 e 9 dicembre: un fronte comune, costruito su rigide regole, per blindare – a tutti i costi – la moneta unica.

L’annuncio di S&P ha il sapore della minaccia: l’agenzia di rating ha messo sotto osservazione quindici paesi dell’area euro con la previsione di taglio della tripla A anche di Francia e Germania.

Fa impressione che due dei leader più influenti al mondo debbano saltare giù dal letto per fare un comunicato di risposta congiunto a S&P, come se quest’ultima fosse un soggetto politico. La zona nebulosa in cui si muovono le agenzie di rating (S&P, Moody’s, Fitch) si è allargata a dismisura e implicitamente, piaccia o no, S&P ha assunto un ruolo politico, da super potenza più che da comprimario.

Forse a qualcuno non piace che si salvi l’euro (siamo di nuovo nel campo del complottismo), o forse – al contrario – si tratta di un semplice avvertimento sulle conseguenze di un summit infruottoso.

Non c’è ombra di dubbio, però, che attaccare Francia e Germania a tre giorni dal summit più delicato della storia dell’euro vuol dire mettere in seria discussione la sopravvivenza della moneta unica.

Il possibile downgrade di Berlino e Parigi avrebbe un effetto immediato sul fondo salva stati da 780 miliardi di euro, necessario per tenere in piedi Grecia, Portogallo, Irlanda (molto di più per

Spagna e Italia); il solo cambiamento dell’outlook (delle previsioni) in negativo ha un effetto domino che si scatena dall’indebolimento del debito sovrano, alle banche e alle imprese con un contagio dell’economia reale.

Se Merkel e Sarkozy si limitano a prendere atto della nota di S&P, Jean Claude Juncker (presidente dell’Eurogruppo) è stato più duro giudicando l’intervento di S&P in un momento così delicato “è scriteriato e iniquo”; “un colpo da k.o.”, la cui tempistica “non è una coincidenza”.

Tutto questo accade mentre il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso getta la spugna sulla questione eurobond, allineandosi a Berlino e Parigi. La Germania invece pensa alla nazionalizzazione della seconda banca tedesca, la Commerzbank, in grande crisi di liquidità.

 

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