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Home Africa

I nostri connazionali sono sequestrati in Libia, l’inerzia politica e la slealtà ha conseguenze

Il governo italiano tace, persistendo in un atteggiamento che aspetta da anni chiarezza e lealtà nei rapporti internazionali con tutti, a prescindere dello status di 'potenza' da parte degli stati interlocutori

23 Settembre 2020
in Africa, Libia, ULTIMI POST
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I nostri connazionali sono sequestrati in Libia, l’inerzia politica e la slealtà ha conseguenze
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IL LIMBO DEI SEQUESTRI E DELLE MIGRAZIONI ILLEGALI

La sera del primo di settembre due pescherecci, “Antartide” e “Medinea”, di Mazara del Vallo sono stati sequestrati dalle autorità libiche a circa 38 miglia dalla costa libica.

Delle imbarcazioni italiane la prima aveva a bordo dieci componenti di equipaggio, l’altra sei. I pescherecci sono ora ormeggiati nel porto di Bengasi, controllato dal governo di Tobruck capeggiato dal gen Haftar.

La Libia, come altri attori del Mediterraneo, vorrebbe prendersi metà del bacino marittimo sul quale si affaccia. Ma al di là di queste pazzie, non gli si può oggettivamente negare come ZEE la distanza di 35 miglia dalle coste (dalle 12 miglia – definite acque nazionali – alle 35 miglia si può navigare ma non pescare se non con autorizzazione).

un aiuto visivo per rendersi conto di quante sono 35 km dalla costa

Invece, la Libia considera come proprio mare tutta la zona all’interno delle 72 miglia dalle loro coste. Come dice l’Istituto di studi Internazionali Luiss, “la pretesa è stata avanzata in virtù di una disposizione contenuta nella Convenzione di Montego Bay, secondo la quale un Paese è autorizzato ad estendere la propria Zona economica esclusiva (Zee) fino a un massimo di 200 miglia nautiche dalla linea di base”. Però l’accordo di Montego Bay dice anche che tra i due stati confinanti bisogna regolare la questione tramite un accordo. Questo accordo non è stato mai fatto.
Aveva supplito alle carenze statali italiane Federpesca che aveva fatto un accordo con il gen Haftar per cui i pescherecci italiani pagavano una tassa per pescare in acque libiche. L’intesa è stata ritirata da parte libica quando è stata portata di pubblico dominio.

Quindi i pescatori italiani che tentano di avvicinarsi alla costa libica dove notoriamente le acque sono più pescose, fanno una cosa legittima secondo il diritto internazionale comunemente applicato. Sanno certo di correre rischi ma probabilmente non hanno scelta per sopravvivere.

Invece non è cosa legittima che  la Marina di Tobruk dichiari che i pescherecci italiani abbiano violato le acque libiche quando la situazione va risolta con un accordo tra gli stati.

Ma è evidente – più al fondo – che i due stati in questione, Italia e Libia non navigano in buone acque.

Certo se il governo italiano pensasse la propria posizione legittima, potrebbe rimediare la marina militare italiana.

E’ abbastanza evidente che la marina militare italiana dovrebbe proteggere le imbarcazioni italiane. Sembra invece essere costantemente occupata  a soccorrere i natanti stranieri che praticano l’immigrazione clandestina, le isole greche o navigare al largo della Crimea.

Stessa cosa fa la nostra aeronautica militare schierando velivoli a ridosso della Russia , in Lituania o nei paesi del nord Europa, alimentando tensioni e conflitti.

Quindi direi che esiste un problema politico e una certa ambiguità di fondo di non poco conto.

Si evidenzia chiaramente che le nostre forze armate non sono impiegate per difendere la nostra sicurezza ed adempiere ai compiti costituzionali per cui sono state istituite ma sopratutto per politiche egemoniche e commerciali di terzi.


L’inerzia politica ha conseguenze.

La conseguenza è che paghino costantemente i popoli. Non è questa una frase fatta: possiamo citare il duro prezzo che sta pagando il popolo siriano sottoposto a inique sanzioni che l’ITALIA non ha il coraggio e l’onesta di rimuovere. Non è una frase fatta: l’Italia non protegge i nostri pescatori che semplicemente hanno la sola colpa di guadagnarsi da vivere lavorando.

Il governo italiano sa tutto questo ma della vicenda del sequestro dei nostri connazionali se ne lava costantemente le mani insieme ai nostri media che hanno solo funzione di cassa di risonanza.

E’ per questo che – vedendo l’assenza di segni di vita del governo italiano e dell’indifferenza dei media – ai familiari dei nostri pescatori, non è restato che andare a gridare la loro disperazione davanti a Montecitorio.

I familiari dei pescatori di Mazara del Vallo chiedono l’immediata liberazione dei loro congiunti e al governo italiano di attivarsi “perché non ci si può dimenticare di cittadini italiani che si trovano bloccati in un Paese in guerra”.

La vicenda  è stata complessivamente mal gestita. L’Italia nel 2001 ha strappato dall’oggi al domani un trattato di amicizia e di non aggressione con la Libia. Poi ha devastato con la NATO il paese africano senza sapere perchè e ripetendo irresponsabilmente le parole degli alleati. A guerra finita ha lasciato il paese in mano a 1700 milizie che se lo sono contese armi alla mano. Poi quando l’Onu ha nominato il governo Serraj come unico rappresentante del popolo libico, ha sposato in toto le posizione di Serraj, anche fornendogli assistenza militare (pur continuando a dire  di essere neutrale).

L’Italia non è in una situazione chiara ma fortemente ambigua.

Ora la parte ostile al governo Serraj, il governo di Tobruck, si rende disponibile a rilasciare i pescatori italiani in cambio del rilascio di cittadini libici che l’Italia ritiene scafisti criminali ma che Tobruck ritiene siano calciatori libici.

La vicenda è abbastanza paradossale e ha un problema di fondo: la non sincerità dei rispettivi governi, ove l’Italia dovrebbe essere più leale di quanto non lo è stata fino ad adesso dal 2001.
Ma la strada intrapresa è sempre quello dell’intrigo e non della moralità perchè si ritiene ormai che questa non può più abitare nella politica internazionale.

A mio avviso – senza avvallare affatto il sequestro ed il trattenimento dei nostri pescatori  e ribadendo che la loro liberazione è sacrosanta –  non è possibile chiamare gli scafisti criminali chi è adibito al solo trasbordo di migranti, ovvero se gli scafisti non si siano macchiati altri reati.

Mi spiego meglio. Coerentemente non vedo come sia possibile chiamare ‘criminali’ gli scafisti libici, senza riservare lo stesso trattamento a chiunque svolga la stessa funzione di favoreggiamento della immigrazione clandestina ,  ivi comprese le operatori delle Ong che svolgono lo stesso tipo di lavoro.

Questa è una evidenza abbastanza chiara ed è molto probabilmente per questo che i media di regime tacciono: potrebbe accadere che qualcuno, linearmente, giungesse alle suddette conclusioni.


Cosa chiede il governo di Tobruck

Ciò che in sostanza chiede il governo di Tobruck è il rilascio di 4 uomini libici che la giustizia italiana ha identificato come scafisti e che il governo libico (LNA) considera innocenti (esattamente come gli arrestati continuano a dichiararsi).

Ho letto i reati di imputazione dei libici. Non si tratta solo di trasbordo di migranti ma anche di trattamenti disumani e di omicidio . Si parla della cosiddetta ‘strage di ferragosto’ ovvero di una traversata ‘finita male’ , culminata in una serie di eventi che hanno portato all’affondamento del natante e conseguentemente, alla morte di 49 dei trasportati (vedi qui).

Per questo i libici Alla F. Hamad Abdelkarim, di 23 anni, e Abd Arahman Abd Al Monsiff, di 21, sono stati ritenuti colpevoli dalla corte d’Appello del Tribunale di Catania e condannati a 30 anni di reclusione, mentre altri tre sono stati condannati a 20 anni di reclusione. Sono pene severissime ma sacrosante secondo la legge italiana.

Mancanza da parte italiana di una visione di insieme degli eventi

Ci si dimentica però che il trattamento disumano in Libia non è una prassi solo nei confronti dei migranti ma anche una prassi di violenza generalizzata avvallata anche dal governo italiano. Altrimenti il governo italiano dovrebbe prendere le distanze con certi ambiti con cui invece è intimamente legato

Ad esempio – fino a poco fa – nella stessa Tripoli il governatore era un ex di al Qaeda e che le milizie supportate dal governo italiano sono tuttora le milizie di Misurata, ovvero milizie islamiste sanguinarie, dedite a rapimenti, stupri, detenzioni arbitrarie e omicidi di migranti e oppositori. Tutto questo è abbondantemente conosciuto e descritto in report Onu.

Che senso ha allora la sentenza ed il processo in Italia ai libici, quando quel tipo di comportamento è una prassi in Libia ed addirittura risponde alla legge? Non ha sparato forse la stessa guardia costiera libica a imbarcazioni di migranti? Oppure non ha ritenuto la stessa UE legittimi trattamenti inumani verso gli ex sostenitori di Gheddafi che ancora marciscono nelle carceri libiche?

Davvero tanti guardando le vicende geopolitiche costantemente solo dalla propria angolazione.

Sembra che la giustizia italiana si sia dimenticata che la Libia è un paese in cui il traffico di migranti è incentivato e supportato anche dal governo italiano con una politica altamente ambigua e chiaramente benevola con l’immigrazione clandestina.

Allo stesso modo, sembra che ci si dimentichi che i reati sono avvenuti in acque libiche dove l’Italia non ha giurisdizione. Più giusto sarebbe stato fare un accordo con le autorità libiche e risolvere la vicenda di concerto con esse.

Mentre, adesso, come vediamo, il risultato sono i rapporti diplomatici deteriorati.

Mi domando come si può, come si può gestire una tale vicenda con tale approssimazione e con tanta poca memoria degli eventi. Mi domando anche come può il governo italiano continuare a gestire queste vicende in questo modo facendo gestire la stessa politica interna italiana e quella estera alla magistratura che applica la legge italiana anche in Libia.

Tutti sono protetti, ovviamente tutti meno gli italiani. E la nostra cara von der Leyen d’altra parte nel suo discorso del 18 di settembre sulle prospettive dell’Unione , non ci lascia molte altre speranze di cambiamento se non in senso peggiorativo e caotico.

La situazione è gravemente deteriorata ed il non senso avanza “la nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani”. Rimane la nostra libertà ricercata, ed il nostro ‘io’ che non deve appassire. Buona ricerca.

patrizioricci by @vietatoparlare

Tags: guerra di LibiaLIBIAmigrantiPatrizio Riccipatrizioricci
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Autore

Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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