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“La minaccia principale alla democrazia italiana, oggi, proviene dal suo interno e non dall’esterno. Consiste nello svuotamento delle sue istituzioni rappresentative e nella marginalizzazione del suo ruolo europeo. Quando l’idea che i cittadini debbono essere governati “da qualcuno come loro” ha vinto, come nel Regno Unito e negli Stati Uniti, gli esiti sono stati la Brexit e Donald Trump. L’Italia ha bisogno di un dibattito pubblico meno superficiale. Occorre andare a vedere la vera posta in gioco delle elezioni della prossima primavera. Quella posta in gioco concerne il nostro ruolo in Europa. Un ruolo che verrà deciso dall’esito dello scontro tra europeismo e anti-europeismo.
Ciò che lo caratterizza l’anti-europeismo è l’idea di ritornare a casa, alla sovranità dello Stato nazionale. Se quell’idea vincesse, avremmo la definitiva provincializzazione del nostro Paese. Ci rinchiuderemmo sulle nostre debolezze storiche e strutturali. Siccome gli anti-europeisti non saprebbero come affrontarle, allora dovremmo assistere alla litania dei complotti orditi contro di noi per impedirci di governare (una tecnica nota non solo in Venezuela ma anche al Comune di Roma)”.
La politica di armonizzare, uguagliare, compensare è (p. 208):
Tuttavia, rompere il principio di eguale trattamento sotto l’impero della legge anche per motivi caritatevoli, aprì inevitabilmente le porte all’arbitrio, e per mascherarlo ci si affidò alla formula “giustizia sociale”; nessuno sa precisamente a cosa si riferisca tale termine, ma proprio perciò servì da bacchetta magina per spezzare tutte le barriere, in favore di misure parziali. Dispensare gratifiche a spese di qualcun altro che non può essere identificato facilmente, divenne il modo più facile per comperare l’appoggio della maggioranza.
Questa corruzione legalizzata non è colpa dei politici; essi non possono evitarla se vogliono guadagnare posizioni in cui poter fare qualcosa di buono; diventa una caratteristica intrinseca di ogni sistema in cui l’appoggio della maggioranza autorizza misure speciali per soddisfare particolari malcontenti.” (Hayek, Legge, legislazione e libertà, EST (Il Saggiatore), Milano, 2000, pag. 477).
“Se l’autore della Filosofia del diritto, pur insistendo sul momento statale o pubblico della soluzione della questione sociale, dinanzi all’implacabilità della crisi di sovrapproduzione e all’inanità dei suoi “rimedi”, consiglia almeno di lasciar libero l’accattonaggio (§ 245 A), ben diverso è l’atteggiamento dei suoi critici liberali.
Per prevenire “già nella sua fonte” ogni attacco al diritto di proprietà, bisognava rinchiudere gli accattoni, e tutti coloro che fossero sprovvisti di mezzi di sussistenza, in “case di lavoro obbligatorio”, e rinchiuderli a tempo indeterminato, sottoponendoli ad una disciplina dura, anzi spietata.
Da notare che questa misura di internamento poteva esser presa dalla magistratura, oppure poteva tranquillamente trattarsi di una “misura autonoma da parte delle autorità di polizia”.
Non solo l’atteggiamento di Hegel è meno “autoritario” e più rispettoso della libertà individuale che non quello dei suoi critici liberali, ma è da aggiungere che la repressione da questi ultimi invocata a danno di accattoni e disoccupati non viene sentita in contraddizione con la sottolineatura da loro operata dei limiti dell’azione dello Stato: proprio perché lo Stato non ha alcun compito attivo di intervento nella soluzione di una presunta questione sociale, proprio perché ogni individuo è da considerare responsabile esclusivo della propria sorte, è logico che lo Stato respinga “già nella sua fonte” la violenza che contro il diritto di proprietà può essere esercitata da individui oziosi e dissoluti, costituzionalmente incapaci di un lavoro e di una vita ordinata[nota 12].
La repressione poliziesca è la conseguenza dello “Stato minimo” e della celebrazione della centralità del ruolo dell’individuo.”. (D. Losurdo, Hegel e la libertà dei moderni, La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2012, pagg. 186-7).
(In nota 12 sono riportati i riferimenti al liberale Staats-Lexikon, diretto da C. v. Rotteck e C. Welcker).
Sarà un caso se negli USA la polizia sembra un esercito di occupazione?”

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