Il buco nero della censura online

Molti utenti, dopo la rimozione di Trump da twitter e da tutti i social, hanno gradatamente cominciato ad emigrare su altre piattaforme social. E’ ormai molto chiaro di come quasi la totalità delle agora mediatiche siano monopolizzate e censurate ‘a discrezione’ .
A riprova di quanto sia reale la censura è la scomparsa improvvisa di ‘Parler’, un social alternativo a cui molti si sono traferiti. In proposito  Josephine Bartosch nella publicazione ‘The Critic’, dice:

Non è esistito mai uno spazio pubblico perfetto. L’agorà dell’antica Atene era aperta solo agli uomini, e coloro che raccoglievano i chicchi di caffè non avevano mai avuto la possibilità di entrare nei caffè preferiti dai pensatori illuministi.

Ma oggi in un momento in cui ci viene impedito di dire la nostra sulla politica o incontrarci pubblicamente, le piattaforme di social media rappresentano un’ancora di salvezza per lo scambio delle idee.

Così almeno credevamo. Ma questa settimana, l’aver cancellato il presidente Trump da Twitter e la rimozione della piattaforma di social networking Parler da Amazon, Apple e Google hanno chiarito definitivamente che le opinioni online esistono solo per merito di coloro che forniscono la soap box (la soap box è una piattaforma rialzata su cui si sta per fare un discorso improvvisato, spesso su un argomento politico).

soap box

Inevitabilmente, le piattaforme di social media vengono a rispecchiare i valori dei loro fondatori. Nonostante le rassicurazioni iniziali di non intervenire sui contenuti degli utenti, il background monoculturale dei tecnocrati con sede nella Silicon Valley ha portato comunque alla stagnazione della libertà di espressione sui siti tradizionali come Facebook, Instagram e Twitter. Coloro che fanno domande imbarazzanti, persone che ad esempio potrebbero considerare l’impatto sulla salute mentale come causa dei lockdown per il coronavirus, sono stati sospesi da YouTube e bloccati da Facebook. Che gli utenti si trovino a Tunbridge Wells o Timbuktu, se dovessero far arrabbiare gli dei di Twitter o Facebook disobbedendo alle linee guida della comunità statunitense, gli utenti rischieranno di essere cacciati nella brughiera virtuale.

Gli spazi che esistono al di fuori dei social più frequentati hanno un aspetto decisamente di frontiera, proteggono tutti dalle femministe dissidenti e dagli scettici del blocco, ai cospirazionisti di QAnon. Parler è uno di questi siti, con le linee guida della comunità tratte dal liberalismo classico che non è né un social esplicitamente di sinistra né destra. Lo scopo dichiarato di Parler è quello di creare una “piazza pubblica apartitica” per incoraggiare “un dialogo educato tra persone con esperienze di vita e punti di vista diversi”.

È chiaro che la maggioranza degli utenti non incarnano questi valori illuminati, e Parler ha la reputazione di pozzo nero dell’odio contro chiunque non abbia un’ arma da fuoco, in definitiva frequentato dall’ala destra americana che ‘mastica gomme’. Ma questo non è né colpa della destra né dei proprietari di Parler; la colpa è delle tendenze totalitarie della sinistra mainstream e dei tecnocrati che le consentono. Se i siti tradizionali si rifiutano di consentire una pluralità di punti di vista, è forse una sorpresa che la destra abbia colonizzato siti come Parler che hanno una moderazione a maglie molto larghe?

L’esistenza online è particolarmente precaria per coloro che hanno un interesse per i diritti delle donne. Consapevole delle “linee guida della comunità”, se una femminista su Facebook osasse accusare un gay di qualche sua azione oggettivamente negativa,  rischia di essere denunciata e cacciata dal sito. Nonostante la ‘raffinata sensibilità’ dei moderatori, i social media rimangono saturi di pornografia e Twitter funge da canale per “siti di intrattenimento per adulti” come Only Fans. Probabilmente, questo riflette anche i pregiudizi dei fondatori dei social media. Il sostegno all’industria del sesso è uno spazio in cui la sinistra censoria e quella libertaria in questo momento convergono e non sorprende che la pornografia sia un punto fermo sia delle piattaforme tradizionali che di quelle alternative.

La libertà di espressione è applicata in modo irregolare dalla sinistra accorta. Paris Lees, giornalista, attivista transgender e sostenitrice dei diritti delle lavoratrici del sesso è stata felicissima della decisione di cacciare Trump da Twitter, dicendo a 83.6k follower: “Non è solo di Donald Trump la colpa per aver fomentato questa violenza, ma di ogni destra, di tutti gli esperti centristi e presumibilmente “progressisti” che negli Stati Uniti e nel Regno Unito hanno passato anni a chiudere un occhio sull’aumento dell’odio o addirittura li hanno difesi in nome della “libertà di parola” di “entrambe le parti”. ”

Lees non è solo, sui social media c’è uno stuolo di giornalisti di sinistra che festeggia la chiusura alla libertà di parola. Ma sembra non è solo la destra che fa il gioco leale; la pira funeraria viene costruita sempre più in alto anche per molti progressisti che apparentemente non meritano voce perchè al di fuori dei ‘canoni’. (…)

(https://thecritic.co.uk)

 

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