L’Ungheria, baluardo di difesa contro il traffico di migranti e il ruolo dell’Haqqani Network

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E’ sconcertante che la UE critichi fortemente l’Ungheria per la lotta contro l’immigrazione clandestina, minimizzando i rischi che questo rappresenta. Mentre in realtà il problema è serio: alla frontiera serbo-ungherese è in corso una vera e propria guerra contro i trafficanti.

La rotta migratoria tra Serbia e Ungheria è stata una delle più trafficate durante la crisi migratoria in Europa, iniziata nel 2015. Molti migranti e rifugiati provenienti da paesi come la Siria, l’Afghanistan e l’Iraq hanno utilizzato questa rotta per entrare nell’Unione Europea. L’Ungheria, in risposta, ha implementato politiche di frontiera molto rigide, inclusa la costruzione di una recinzione lungo il confine con la Serbia.

In un recente articolo The Times conferma la gravità della situazione, indicando la presenza di trafficanti criminali su queste rotte e che trasportati sono spesso anche militanti dell’ISIS e di altre organizzazioni terroristiche.

Nello stesso articolo del Times, viene descritto come la frontiera fortemente militarizzata tra l’Ungheria e la Serbia sta diventando un campo di battaglia per il controllo delle rotte migratorie illegali, con l’Haqqani Sit, un’ala terroristica dei talebani, che gioca un ruolo centrale in questo conflitto. Questa rotta è considerata una delle più trafficate per la migrazione clandestina in Europa.

Tre settimane fa, violenti scontri tra gruppi armati provenienti dall’Afghanistan, dal Marocco e dalla Siria sono scoppiati nella regione serba della Vojvodina. Questi gruppi si contendevano l’accesso al confine, risultando nella morte di almeno tre persone.

Ricordando gli attacchi terroristici del 2015 e 2016 a Parigi e Bruxelles, compiuti da terroristi che hanno attraversato la Serbia e l’Ungheria, c’è una crescente preoccupazione per la sicurezza. Nonostante l’Ungheria abbia intensificato le misure di sicurezza al confine, respingendo i migranti senza documenti validi, molti riescono ancora a passare, scomparendo poi nell’area Schengen dell’UE.

Un’altra via di preoccupazione è la rotta che passa dal Tagikistan a Mosca e poi a Belgrado, utilizzata dai talebani per dirigere gli afgani verso il confine ungherese. Gli afgani di origine tagica possono attraversare facilmente il confine con il Tagikistan e ottenere passaporti che consentono loro l’ingresso senza visto in Russia e poi in Serbia. Secondo un rapporto dell’intelligence ungherese, questo metodo potrebbe permettere a membri di ISIS, al-Qaeda e ad altre organizzazioni estremiste talebane di infiltrarsi nell’UE quasi indisturbati.

Ksaba Balazs, un ufficiale della guardia di frontiera ungherese, ha riferito che le guardie armate che accompagnano i gruppi di migranti sparano in aria quando avvistano la polizia o si avvicinano a punti dove la recinzione è stata tagliata. In un recente incidente, una pattuglia congiunta di polizia ungherese e serba è stata presa di mira. Questi sviluppi sottolineano l’escalation della tensione e il crescente rischio per la sicurezza lungo questa importante rotta migratoria.

E da notare che l’articolo di The Times , oltre a riportare all’attenzione questi temi delle migrazioni , spesso collegate con reti criminali e trafficanti di esseri umani , per la prima volta indica esplicitamente  il collegamento tra queste attività e l’Haqqani Network, un gruppo militante associato ai talebani, con il controllo delle rotte migratorie illegali tra l’Ungheria e la Serbia . Prima non c’erano informazioni affidabili che collegassero direttamente questo  un gruppo militante associato ai talebani, con il controllo delle rotte migratorie illegali tra l’Ungheria e la Serbia.

 

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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