Wolfgang Streeck – L’Unione Europea è un impero

Wolfgang Streeck, sociologo ed economista, direttore emerito del Max Planck Institute, in questa intervista alla rivista spiked non si tira certo indietro: denuncia l’Unione Europea come impero neoliberale, volto allo smantellamento di tutte le normative commerciali e sociali che impediscono il libero dispiegarsi delle “quattro libertà” del mercato unico; un impero in cui il centro impone le sue politiche e i suoi valori alla periferia, se necessario anche rimuovendo governi sgraditi a favore di governatori imperiali come Monti. E ne ha anche per la sinistra, specie quella britannica, che troppo pavida e ottusa si è bevuta qualsiasi narrazione irenica e sembra preferire il limbo dei diritti dei lavoratori all’interno dell’Unione che l’organizzazione sindacale e la lotta di classe fuori da essa.

29 marzo 2019

Sono passati due anni da quando il governo ha attivato il processo dell’Articolo 50. Ormai la Gran Bretagna dovrebbe essere fuori dall’Unione Europea. Ma oltre alla capitolazione del primo ministro di fronte a Bruxelles nelle negoziazioni per l’uscita, e al disprezzo del parlamento per il risultato referendario, ci sono ragioni strutturali più profonde che spiegano perché lasciare la UE si sia dimostrato così difficile? Per il sociologo ed economista, Professore Wolfgang Streeck, la UE è un “impero liberale”. Streeck è direttore emerito del Max Planck Institute for the Study of Societies [Istituto Max Planck per lo studio delle società, ndt] in Germania. spiked lo ha raggiunto per fare quattro chiacchiere.

spiked: Come si sono sviluppati il ruolo e le priorità della UE negli ultimi decenni?

Wolfgang Streeck: All’inizio, la UE era un’organizzazione per la pianificazione economica congiunta tra sei paesi confinanti. La pianificazione riguardava specifici settori, limitati all’estrazione del carbone e all’industria metallurgica, successivamente anche l’energia nucleare, nel contesto del capitalismo guidato dallo stato del periodo post-bellico. Quindi si è trasformata in una zona di libero scambio, sempre più consacrata a diffondere l’internazionalismo neoliberale, in particolare la libera circolazione di beni, servizi, capitali e forza lavoro, sotto le regole del Mercato Interno.

Mentre crescevano in continuazione il numero e l’eterogeneità degli stati membri, l’”integrazione positiva” divenne sempre più difficile. Al contrario, c’è stata un’integrazione “negativa”: la rimozione di normative fondamentali che impedivano il libero scambio all’interno dell’area. Dopo la fine del Comunismo nel 1989, la UE divenne un progetto geostrategico, strettamente intrecciato con la geostrategia degli Stati Uniti in relazione alla Russia. Dai 6 paesi originari, che cooperavano nella gestione di pochi fattori chiave delle loro economie, la UE è diventata un impero neoliberale di 28 stati molto eterogenei. L’idea era ed è quella di disciplinare questi stati a livello centrale tramite l’obbligo di farli astenere dall’intervento dello stato nelle proprie economie.

spiked: La Ue è riformabile?

Streeck: La costituzione de facto della UE consiste nel Trattato dell’Unione Europea, che è praticamente impossibile da modificare, e nelle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che soltanto la corte stessa può cambiare. Il nucleo neoliberale dell’istituzione UE e i risultati dell’integrazione europea sono destinati, nelle intenzioni dei loro autori, ad essere eterni e irreversibili. Ciò è mostrato dalla dura opposizione di Bruxelles all’uscita della Gran Bretagna, e dall’intenzione di renderla quanto più sgradevole possibile.

Ciò si può anche vedere, e forse in modo ancora più significativo, nell’incapacità delle istituzioni della UE di rispondere costruttivamente alle richieste di una maggiore autonomia nazionale, come affermato dai vari contro-movimenti “populisti”. Questi movimenti oggi stanno bloccando il processo di integrazione europea e c’è un alto rischio che l’insistenza di Berlino, Parigi e Bruxelles nel prolungare ed estendere le istituzioni europee porterà a gravi conflitti tra le nazioni europee, come non ne abbiamo più visti dal 1945.

spiked: Perché l’opposizione alla UE viene vista come immorale?

Streeck: Molto semplicemente, penso che la natura neoliberale e geostrategica della UE post-1990 non sarebbe capace di generare nulla di simile alla legittimità necessaria affinché un regime politico sia sostenibile. Deve essere inventata ogni sorta di narrazione sentimentale per far dimenticare alla popolazione la spoliazione delle politica democratica nazionale che è alla base della costruzione della UE.

Oggi, l’ideale dell’internazionalismo della sinistra liberale è stato dirottato dall’anti-statalismo neoliberale, e la solidarietà internazionale è identificata col libero mercato. Tutto ciò è puramente ideologico, e non depone bene per l’acutezza del ceto medio di sinistra che si è bevuto la versione “Terza via” della pace e dell’amicizia internazionale. In nessun punto della storia del socialismo, ad esempio, si trova l’idea che i lavoratori sono moralmente obbligati a competere fino a perdere il lavoro con lavoratori in paesi dove gli stipendi sono più bassi. Invece, la solidarietà ha sempre significato che i lavoratori cooperano, nel senso che si organizzano insieme, per proteggersi contro i tentativi dei datori di lavoro di metterli gli uni contro gli altri.

Poi c’è l’Unione Monetaria Europea, che funziona come un regime internazionale gold-standard. Si sa dagli anni ’30 del Novecento che il gold standard è incompatibile con la democrazia e la pace internazionale. Mette i governi contro i popoli e i popoli gli uni contro gli altri, in competizione per i mercati internazionali. La propaganda UE recluta il desiderio di pace e amicizia dei popoli per derubarli del loro retaggio istituzionale più importante: lo stato nazione. Lo stato nazione è l’unico posto per una politica favorevole a qualcosa come uno stato redistributivo o una democrazia egualitaria.

spiked: Perché la sinistra è diventata così attaccata alla UE?

Streeck: Vorrei saperlo. Forse perché confondono la UE con l’Europa? La UE è un costrutto istituzionale deplorevolmente antidemocratico, così complesso che non si può capire come funziona a meno di inchieste dettagliate – e anche allora si potrebbe non capire bene di cosa si tratta. Ciò significa che ci si può leggere quasi tutto. La si può identificare con i propri sogni personali di un mondo libero dai fardelli della storia. O la si può vedere come la personificazione di un piacevole stile di vita consumistico: diritti senza doveri, libera circolazione, nessuna tassa, forza lavoro immigrata, un mercato internazionale del lavoro per laureati che parlano inglese. L’”Europa” è l’ostrica personale: un parco giochi per la nuova classe media, i bobos, come li chiamano i francesi: i Bohémien borghesi, gli autoproclamati cosmopoliti che credono che importando manodopera a basso costo per le loro famiglie stiano facendo qualcosa per il progresso dell’umanità.

Molte persone oggi vogliono lasciarsi alle spalle il proprio bagaglio storico nazionale. Per molti cittadini britannici, il Regno Unito significa colonialismo. Sembrano credere che l’”Europa” non abbia mai avuto colonie, così vogliono essere “europei” anziché “piccoli inglesi”. In Germania è pure peggio, per ragioni comprensibili. Se si è all’estero, dovunque nel mondo, e si incontra qualcuno che dice di venire “dall’Europa”, si può essere sicuri che viene dalla Germania.

spiked: In che misura la UE ricorda un impero?

Streeck: La UE ha un centro e una periferia, con un ripido gradiente di potere tra il primo e la seconda. Il centro impone e fa rispettare il suo ordine politico ed economico nelle periferia, sotto forma delle moneta unica, le “quattro libertà” del mercato comune, e l’obbligo generale di aderire ai “valori europei”.

Inoltre, l’obbedienza è ricompensata dai trasferimenti fiscali, in particolare i fondi strutturali e sociali. Il centro – che sia la Germania soltanto o la Germania e la Francia assieme è una domanda ancora aperta – offre protezione militare ai paesi della periferia in cambio della lealtà imperiale (si vedano la Polonia e gli stati baltici in particolare).

I paesi periferici che non seguono le regole, come la Grecia sotto il governo Syriza, vengono puniti dalle istituzioni centrali come la Banca Centrale Europea, mentre paesi centrali come la Francia sono esentati dalla punizione. A volte, governi imprevedibili nei paesi membri periferici vengono rimpiazzati dal centro con governatori imperiali, come è successo con la sostituzione di Silvio Berlusconi con Mario Monti in Italia, o di George Papandreou con Lucas Papademos in Grecia. E l’uscita dall’impero, pur possibile, è resa quanto più difficile possibile, per scongiurare che i paesi periferici negozino termini di appartenenza al blocco più idonei alla loro situazione particolare.

spiked: Se la Gran Bretagna lascerà mai la UE, riuscirà a rendere la Brexit un successo?

Streeck: Dipende da quel che intende per successo. Mi permetta di concentrarmi sulla sinistra britannica, che sembra essere a favore del Remain in modo schiacciante. Secondo me, non c’è sinistra in Europa e negli Stati Uniti più demoralizzata e disfattista della sinistra pro-UE nel Regno Unito. La ragione principale per cui ritengono indispensabile l’appartenenza all’UE è che temono che senza di essa i conservatori si impadroniranno del paese per sempre e rimuoveranno anche le protezioni minime – assolutamente minime – per i lavoratori che devono tutelare sotto il Trattato di Maastricht. In altre parole, credono che non potranno difendere nemmeno gli striminziti standard minimi garantiti loro da Bruxelles.

Lo stesso vale per la politica regionale, che in Gran Bretagna è in gran parte finanziata dall’elemosina UE. Anche se le disparità regionali in Gran Bretagna rimangono drammatiche – peggiori che in gran parte dei paesi europei, ad eccezione dell’Italia – la sinistra pro-UE esorta la popolazione ad essere grata per le benedizioni sparpagliate dai fondi strutturali europei. L’assunto sembra essere che se saranno cancellati questi regalini europei, la sinistra e quelli che si suppone rappresenti non faranno nulla, rimarranno seduti, le cinture di sicurezza allacciate, e soffriranno in silenzio. Non condivido questa visione.

La sinistra pro-UE britannica, per paura della Thatcher e dei suoi seguaci attuali e futuri, ha venduto la sua primogenitura anti-capitalista per la minestrina di un diritto minimo europeo a pochi giorni di congedo parentale. La gente può chiedere di più, come ha fatto con successo in tutti gli altri paesi ricchi d’Europa. Ma la destra racconta loro che queste misure significherebbero minore occupazione – e loro sembrano crederci! La Gran Bretagna è uno dei paesi più ricchi al mondo. Ma la sinistra è stata persuasa che avere una politica regionale richieda il denaro delle imposte europee, anche se questo non ha portato nessuna differenza nelle disuguaglianze regionali.

Una volta ritirati dal mercato gli anestetici europei, i lavoratori e gli elettori potrebbero ricordare la tradizione britannica di sindacati potenti e uno stato sociale universale, riunirsi di nuovo, scioperare per migliori condizioni di lavoro ed eleggere un governo laburista degno di questo nome. Se questo potesse essere il risultato della Brexit, non varrebbe la pena tentare almeno di “riprendere il controllo”?

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