Ecco come Trump e Tillerson hanno cambiato la politica estera USA

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Un interessante articolo su Duran, nella speranza che le divisioni tra Casa Bianca e Congresso permettano una linea di continuità per un certo tempo che non sia solo un attimo fugace  … – Vietato Parlare

Una volta l’ex primo ministro britannico Harold Wilson ha detto che una settimana è un tempo infinito in politica. Dopo che per mesi la politica estera di Trump è stata avvolta nel mistero, il viaggio attorno al mondo del Segretario di Stato Rex Tillerson ha fatto luce su molti aspetti.
Il linguaggio della politica estera americana è cambiato radicalmente sotto Trump e Tillerson, in confronto a quanto era con Obama/Clinton e Kerry. Ecco cinque modi in cui questo cambiamento si è manifestato:

1) NIENTE PIU’ LEZIONI DI DEMOCRAZIA
L’amministrazione Obama aveva la tendenza di dare lezioni agli altri governi su come gestire i propri paesi, usando i viaggi diplomatici per veicolare il messaggio. La diplomazia non è l’arte di parlare dall’alto alle altre nazioni, ma di parlare loro rispettosamente per giungere a una cooperazione di mutuo interesse. Fino ad oggi, le due nazioni più importanti visitate da Tillerson, per influenza regionale e mondiale, sono la Cina e la Turchia.

In entrambi i casi, Tillerson ha usato un linguaggio di buona volontà, cooperazione e rispetto per enfatizzare la natura delle relazioni. Ciò è in netto contrasto con l’amministrazione Obama, la quale ha spesso lanciato frecciate di provocazione verso la Cina, e ha trattato la Turchia come un partner marginale. Nonostante il ruolo della Turchia nella propria regione non sia mai stato così negativo, al contempo non è mai stato così importante. La Turchia non può essere ignorata, anche se Obama ha fatto del suo meglio per marginalizzarla.

L’approccio dell’ex presidente era sconsiderato e oggettivamente sbagliato. La Cina è una superpotenza, e gli USA dipendono economicamente dalla Cina più di altri paesi occidentali. La Cina ha il coltello dalla parte del manico nelle future negoziazioni con gli USA. Dunque, approcciarsi a loro in modo irrispettoso è un insulto alla loro potenza. L’approccio di Obama è stato antitetico alla diplomazia.

I rapporti tra Washington e Ankara sono cambiati soprattutto in Siria. Anche se la Turchia considera i curdi dei terroristi e gli USA invece li sostengono, e sostengono soprattutto l’esistenza di uno stato curdo autonomo, Tillerson ha parlato con senso di cooperazione e amicizia. Anche se non è mai totalmente onesta, la diplomazia è l’arte di minimizzare le differenze, invece di magnificarle. In questo senso, forse Tillerson ha imparato dai diplomatici russi, i quali nonostante le enormi differenze trattano i turchi come alleati.

2) NIENTE PIU’ CACCIA AL RUSSO
Negli anni di Obama, la Russia era l’obiettvo principale. A rendere ancora peggiore le cose, l’amministrazione Obama ha contribuito a rovesciare il legittimo presidente dell’Ucraina, installandovi un regime fascista tutt’ora al potere. Sotto Trump le cose sono cambiate. Anche se Nikki Haley tenta di imitare Samantha Power*, con Tillerson e Trump le offensive verso la Russia si sono fermate.
Il fatto che per Tillerson la Corea del Sud, la Cina e la Turchia abbiano avuto la precedenza, non significa che la Russia non ha importanza, ma che l’amministrazione Trump vuole impostare una politica “vivi e lascia vivere” con la Russia. Quando il clamore nato intorno al presunto scandalo “Russia-gate” finirà, i rapporti diplomatici si intensificheranno.

Detto ciò, le voci di una visita a Mosca di Tillerson continuano a girare, e ieri Putin ha dato chiara indicazione di dove e quando è pronto ad incontrare il suo omologo statunitense.
Facendo passare in secondo piano la diplomazia con la Russia, Trump sta facilitando le relazioni con la stessa; è la sua unica opzione, visto il rovente clima anti-russo di Washington.

3) E’ TORNATO IL PUGNO DURO
Nonostante il linguaggio bellicoso di Tillerson contro la Corea del Nord sia stato inappropriato, questa è una chiara indicazione che con Trump gli USA tengano ad essere percepiti all’estero come un paese forte. Washington e Pyongyang hanno giocato per decenni al gatto e al topo, ma anche il più paranoico funzionario nordcoreano sa che la possibilità di una guerra nella penisola coreana è remotissima. Le dichiarazioni di Tillerson sulla Corea del Nord fanno parte dell’approccio da “duro” di Trump; ma si tratta solo di un pugno duro retorico, a uso e consumo della politica interna statunitense, e per placare coloro che a Seul vorrebbero gettarsi in una guerra vera e propria.

4) NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE RUSSO. PIU’ O MENO.
I funzionari americani parlano sempre meno del conflitto ucraino e della situazione in Donbass. Se con Obama sembrava che l’Ucraina dovesse diventare il terreno di scontro con la Russia, con l’amministrazione Trump sembra che il conflitto sia ignorato. Guardacaso, il Congresso USA ha tagliato i fondi destinati a Kiev. Le truppe NATO dispiegate da Obama in Polonia e in altri tre stati baltici sono ancora lì, ma gli ammonimenti di Trump ad Angela Merkel sui pagamenti alla NATO confermano che l’attuale presidente non è ossessionato dall’idea di creare un’Europa anti-russa armata fino ai denti, come il suo predecessore.

5) ASSAD RESTERA’ AL SUO POSTO
In meno di 24 ore, Nikki Haley e Rex Tillerson hanno confermato che a Damasco non si spingerà più per un cambio di regime. Gli USA hanno dei piani per la Siria, tra i quali un separatismo dei Curdi, ma la minaccia di togliere dai giochi il presidente Assad attraverso la forza è fuori discussione.
Inizia a farsi luce sulla politica estera di Donald Trump. Non è certo perfetta, ma possiamo dire che la preferiamo molto di più rispetto a quella di Hillary Clinton e John Kerry.

*Ambasciatrice USA all’ONU dal 2013 al 2017, persona di estrema influenza nell’amministrazione Obama e grande sostenitrice dell’intervento militare in Libia

fonte The Duran

 

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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