Principe Harry: Figli? Non più di due. L’ambiente ne soffrirebbe!

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Oramai l’ossessione dell’ambiente comincia a giocare brutti scherzi, fino alla decisione masochistica di non avere più figli per preservarlo. Ecco la decisione del principe Harry e di sua moglie Meghan Markle in questo articolo di Jeff Jacoby scritto per il The Boston Globe, nella mia traduzione.

Il principe Harry, sua moglie Meghan Markle e il loro primo erede (DOMINIC LIPINSKI/AFP/GETTY IMAGES)

Il principe Harry, sua moglie Meghan Markle e il loro primo erede (DOMINIC LIPINSKI/AFP/GETTY IMAGES)

[su_panel shadow=”0px 5px 2px #eeeeee”]fonte: blog di Sabino Paciolla[/su_panel]

Se sarà fortunato, Archie Mountbatten-Windsor potrebbe avere un fratello. Ma non ne avrà più di uno.

Ciò secondo suo padre, il principe britannico Harry, che in un’intervista con la leggendaria primatologa Jane Goodall per il nuovo numero di British Vogue, ha dichiarato che lui e Meghan Markle hanno intenzione di non avere più di due figli. Non perché abbiano sempre desiderato una famiglia accogliente di quattro figli. È perché pensano che avere di più in un’epoca di cambiamenti climatici sarebbe irresponsabile dal punto di vista ambientale.

“Due, al massimo!” Harry ha risposto quando Goodall ha osservato che la coppia dovrebbe avere “non troppi” figli.

“Siamo l’unica specie su questo pianeta che sembra pensare che questo luogo appartenga a noi, e solo a noi”, ha detto il principe, facendo notare subito che lui non la pensa così: “Ho sempre pensato che questo posto sia preso in prestito. E, sicuramente, essendo intelligenti come lo siamo tutti noi. . …. dovremmo essere in grado di lasciare qualcosa di meglio per la prossima generazione”.

Come molti osservatori hanno prontamente notato, se Harry voleva davvero ridurre la sua impronta di carbonio, poteva iniziare con il suo stile di vita attuale.

“Per fare la differenza per il pianeta Terra”, scrive John Vidal del Guardian, Harry e la sua famiglia “devono davvero smettere di portare quei jet privati in Giamaica, i safari di lusso in Botswana, i matrimoni a Montego Bay, le improvvisate fughe invernali a Tromsø, le ‘babymoon’ in Australia e New York, il tempo libero sulle isole del Mediterraneo e i voli rapidi per le Fiji”.

Ma non avere (più) figli? Non è così che si salva il mondo.

Uno dei fenomeni più tristi del nostro tempo è il modo in cui l’assenza di figli viene promossa come virtù.

In un video Instagram di febbraio, il deputato Alessandria Ocasio-Cortez ha detto che il cambiamento climatico rende “legittimo” e “morale” per i giovani chiedersi se sia “ancora accettabile avere figli”. Su “Real Time” della HBO, Bill Maher ha esaltato i millennials (i ragazzi e le ragazze che sono diventati maggiorenni nel nuovo millennio, nati cioè dal 2000 in poi, ndr) “per aver fatto qualcosa di giusto”: avere meno figli. “Non riesco a pensare ad un regalo migliore per il nostro pianeta che sfornare meno esseri umani per distruggerlo”, ha detto tra gli urrà e gli applausi.

Centinaia di donne si sono unite a Birthstrike, un gruppo per coloro che hanno deciso di “non partorire a causa della gravità della crisi ecologica”. Questi sono solo alcuni esempi di questa tendenza; non mancano gli altri.

Riconosco l’ansia e l’allarme che molte persone provano per l’ambiente. Ma se vogliono migliorare il mondo, il modo di farlo non è privandolo di più bambini.

È un fatto inevitabile della vita che nascere significhi soffrire, lottare e inciampare. Non c’è mai stata un’epoca in cui questo non sia stato vero, e le persone nella maggior parte delle epoche hanno dovuto affrontare destini molto più spaventosi di un clima più caldo: guerra, carestia, schiavitù, povertà, peste. Non avere figli può teoricamente far risparmiare ai figli di ereditare un mondo con problemi terribili. Ma nega anche al mondo la risorsa ultima per risolvere quei problemi: intelligenza umana, immaginazione e grinta.

Il Talmud ricorda che quando la schiavitù degli Ebrei nell’antico Egitto divenne insopportabile, i loro capi consigliarono alle coppie di smettere di avere figli; perché allevare più figli per affrontare una vita di schiavitù? Alla fine uno di quei leader fu convinto di aver sbagliato, e che l’educazione dei figli avrebbe dovuto continuare anche nel morso di un’oppressione omicida. Così lui e sua moglie ebbero un altro figlio. Quel bambino, chiamato Mosè, divenne il liberatore che condusse il suo popolo alla libertà.

Ogni volta che i genitori portano i bambini in un mondo in cui le cose sono andate terribilmente male, aumentano le probabilità che ci sia qualcuno che aiuti a sistemare le cose. Oltre a tutte le altre ragioni per avere figli, c’è questa crescente realtà utilitaristica: Più persone rendono il mondo un posto migliore.

Il numero di esseri umani è quasi quadruplicato nel corso dell’ultimo secolo, e l’umanità è fiorente come mai prima d’ora. Le persone vivono più a lungo, in maniera più sana e vite più confortevoli. Sono meglio nutrite, meglio ospitate e meglio vestite. Mali secolari – schiavitù, genocidio, mortalità infantile, analfabetismo, guerre mondiali, morti per disastri naturali e povertà assoluta – sono stati drasticamente ridotti. Grazie ai progressi resi possibili dall’innovazione, dall’intuizione e dallo sforzo umano, le minacce spaventose sono state placate e le malattie mortali sono state curate. Dall’agricoltura, ai viaggi aerei, all’abbondanza di beni di consumo, la sorte di uomini, donne e bambini comuni è migliorata al di là di tutto ciò che anche l’ottimista più utopico avrebbe potuto prevedere nel 1920.

La genitorialità non è per tutti. Ma la razza umana ha bisogno di più persone, proprio come ha sempre fatto. Se siete allarmati dallo stato del mondo, portate più bambini. Non ci sono parole per dire come l’umanità potrenne essere benedetta domani dai bambini che si allevano oggi.

 

 

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Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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