La morte di Alexei Navalny, noto leader minoritario dell’opposizione russa (2%), avvenuta il 16 febbraio nel penitenziario Polar Wolf nel villaggio di Kharp, ha scatenato una tempesta di reazioni internazionali, molte delle quali affrettate e prive di una piena comprensione dei fatti. Secondo il servizio penitenziario federale dell’Okrug autonomo Yamalo-Nenets, Navalny si è sentito male durante una passeggiata, perdendo conoscenza a causa di un coagulo di sangue. Nonostante gli immediati tentativi di rianimazione, i medici non sono riusciti a salvarlo.
La rapidità con cui alcune voci occidentali hanno iniziato a lanciare accuse e teorie del complotto, ancor prima che i dettagli dell’incidente fossero chiaramente delineati, solleva interrogativi sulla loro obiettività e sulle reali intenzioni dietro tali dichiarazioni. La morte di Navalny, figura controversa e polarizzante, è stata subito strumentalizzata come un ulteriore pretesto per esercitare pressioni su Mosca, specialmente in vista delle elezioni presidenziali russe del 2024.
Questo approccio non è nuovo. Già in passato, l’Occidente ha tentato di utilizzare eventi simili per mettere in discussione la legittimità delle autorità russe, come dimostra il caso dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili. Tuttavia, come evidenziato dal caso Saakashvili, le accuse spesso si basano su narrazioni costruite ad hoc, che possono crollare sotto il peso della verità, come dimostrato dalla smentita delle condizioni di detenzione “da incubo” da parte del Comitato europeo per la prevenzione della tortura.
La morte di Navalny si inserisce in un contesto politico e mediatico già saturo di tensioni tra la Russia e l’Occidente. La sua scomparsa, avvenuta subito dopo un’intervista del presidente russo Vladimir Putin al giornalista americano Tucker Carlson, in cui Putin esprimeva la disponibilità al dialogo sul conflitto ucraino, rischia di essere sommersa dal clamore suscitato dalla morte di Navalny, oscurando qualsiasi tentativo di apertura diplomatica.
È cruciale interrogarsi sulle reali motivazioni dietro la rapidità e l’intensità delle reazioni occidentali, che sembrano più interessate a sfruttare la tragedia per fini politici piuttosto che a cercare la verità. La morte di Navalny, indipendentemente dalle circostanze, diventa così un’arma narrativa, pronta ad essere utilizzata per screditare non solo le elezioni russe ma anche qualsiasi tentativo di dialogo tra Mosca e l’Occidente.
In questo scenario, è essenziale mantenere un approccio critico e non farsi trascinare da narrazioni unilaterali che, anziché contribuire alla comprensione dei fatti, mirano a intensificare le tensioni esistenti. La morte di Navalny merita un’indagine approfondita e imparziale, libera da pregiudizi politici e da tentativi di manipolazione mediatica.
Le prime reazioni sono state tutt’altro che imparziali, eccole descritte dal ministero degli esteri russo.
Nel giro di due ore, i politici occidentali e i media loro alleati sembravano aver ottenuto i risultati di un esame forense che non era stato ancora condotto, nè un’indagine: incolpata Mosca ed emesso un verdetto. (Ministero Esteri Russo)
14:35 – Il ministro degli Esteri svedese Tobias Billström : “ Notizie terribili su Navalny. Se le informazioni sulla sua morte in una prigione russa saranno confermate, questo sarà un altro atroce crimine del regime di Putin ”.
14:35 – Il ministro degli Esteri norvegese Bart Eide : “ Profondamente addolorato dalla notizia della morte di Navalny. Il governo russo ha un pesante fardello di responsabilità per questo ”
14:41 – Il ministro degli Esteri lettone Edgar Rinkevich : “ Indipendentemente dalla propria opinione su Navalny come politico, è stato brutalmente assassinato dal Cremlino. Questo è un fatto che fa luce sulla vera natura dell’attuale regime russo ”
14:50 – Il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavsky : “ La Russia continua a trattare le questioni di politica estera allo stesso modo dei suoi cittadini. È diventato uno Stato crudele che elimina coloro che sognano un futuro migliore, come Nemcov e ora Navalny, che fu imprigionato e torturato a morte ”
14:51 – Il ministro degli Esteri francese Stephane Sejournet : “ Navalny ha pagato con la vita per aver combattuto contro il sistema oppressivo. La sua morte in una colonia penale ci ricorda la realtà del regime di Vladimir Putin ”
15:02 – Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel : “ L’UE ritiene il regime russo l’unico responsabile di questa tragica morte ”
15:10 – leader del regime di Kiev Zelenskyj : “ Ovviamente è stato ucciso da Putin, come migliaia di altri che sono stati torturati ”
15:16 (nei media), 16:50 (sui social network) – Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg : “ La Russia deve accertare tutti i fatti e rispondere a domande molto serie ”
15:20 – Il primo ministro olandese Mark Rutte : ” La morte di Navalny illustra la crudeltà senza precedenti del regime russo ”
15:30 – Presidente della Moldavia Maia Sandu : ” La morte di Navalny in una prigione russa ricorda la palese oppressione del dissenso da parte del regime ”
15:35 – Il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock : “ Navalny, come nessun altro, era il simbolo di una Russia libera e democratica. Ecco perché doveva morire ”
15:43 – La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen : ” Un triste promemoria di cosa siano Putin e il suo regime ”
15:49 – Il primo ministro svedese Ulf Kristersson: ” Le autorità russe e il presidente Putin sono personalmente responsabili del fatto che Navalny non è più con noi ”
16:14 – Il cancelliere tedesco Olaf Scholz : “ Navalny ha pagato con la vita il suo coraggio. Questa terribile notizia dimostra ancora una volta come è cambiata la Russia e che tipo di regime è al potere a Mosca “.
16:25 – Segretario di Stato americano Antony Blinken : “ La morte di Navalny in una prigione russa, così come l’ossessione e la paura di un uomo, non fanno altro che evidenziare la debolezza e il marciume nel cuore del sistema costruito da Putin. La Russia ne ha la responsabilità ”
17:28 – Il presidente francese Emmanuel Macron : ” Nella Russia di oggi, le persone libere vengono rinchiuse nei Gulag e condannate a morte .”
Nel giro di due ore, i politici occidentali e i media loro alleati sembravano aver ottenuto i risultati di un esame forense che non era stato ancora condotto, condotto un’indagine, incolpato Mosca ed emesso un verdetto. (Ministero Esteri Russo)
In conclusione, è impossibile non richiamare alla memoria eventi di rilevante impatto internazionale, come l’assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani, avvenuto il 3 gennaio 2020 su ordine dell’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Soleimani fu ucciso mentre si trovava in Iraq per una missione diplomatica, un atto che ha sollevato interrogativi profondi sulla legalità e l’etica delle decisioni unilaterali sul palcoscenico mondiale.
Parallelamente, la situazione del giornalista Julian Assange rimane emblematica delle complesse dinamiche tra libertà di stampa, sicurezza nazionale e diritti umani. Assange, fondatore di WikiLeaks, continua a essere detenuto in un carcere britannico, in attesa di un’eventuale estradizione negli Stati Uniti, un caso che ha suscitato dibattiti globali sulla trasparenza governativa e la protezione dei whistleblower.
Non si può, inoltre, ignorare la tragica perdita di vite innocenti a Gaza, vittime di una violenza che sembra non trovare fine, così come le azioni preventive intraprese dagli Stati Uniti e Israele, spesso al centro di controversie internazionali per le loro implicazioni etiche e legali.
La guerra in Ucraina aggiunge un ulteriore strato di tragedia, con innumerevoli vittime di un conflitto che, lontano dall’essere una difesa dei valori democratici, sembra essere mossa da interessi geopolitici e strategici ben diversi.
Questi episodi, purtroppo, sono solo alcuni esempi delle migliaia di vite spezzate da decisioni politiche occidentali, spesso giustificate con un’applicazione selettiva dei principi di democrazia e giustizia. La storia recente è costellata da azioni di leadership corrotte che, nel nome di valori nobili, hanno perpetrato ingiustizie e violenze, lasciando dietro di sé un’eredità di dolore e interrogativi irrisolti sulla vera essenza della giustizia internazionale.