Per la vicenda Priebke ho ritenuto pubblicare sul mio blog questo articolo con cui intendo sottolineare l’estrema necessità di rimette in cima a ogni considerazione la verità storica:
quando ho visto fare e dire nell’occasione della morte di Priebke ha veramente del demenziale… ma questo paese, questo mio paese non ha più memoria?
Il comportamento verso Priebke esprime solo il bisogno di creare un feticcio, non esprime altro che un disagio profondo che esplode in episodi grotteschi.
Sul piano della verità noi italiani non siamo e non fummo migliori di nessuno, solo che gli alleati protessero gli italiani dalle accuse dei crimini di guerra per la cobelligeranza.
Di rappresaglie l’esercito italiano ne fece eccome, come per esempio quella nel campo di concentramento di Luisa, a nord di Volos dove nacque Giorgio de Chirico, furono fucilati per rappresaglia oltre mille prigionieri greci.
Per non parlare degli assassini arbitrari dei partigiani , anche di sacerdoti (vedere qui e qui).
Ma sopratutto mi fa impressione che da tutto questo non si capisca cos’è il male, che chiunque lo può fare, che da soli non siamo ‘migliori’ di nessuno: ci salva solo guardare a Cristo e per questo guardare come siamo stati guardati.
FONTE: The Indipendentt
Sebbene oggigiorno deprecata, per millenni la rappresaglia è stata considerata un’azione militare assolutamente legittima ed eticamente accettabile. Ancora nel Medioevo il termine era usato comunemente per indicare un istituto giuridico per mezzo del quale un creditore che non riuscisse ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione da parte di un debitore straniero, otteneva dal proprio comune la concessione di “lettere di rappresaglia” in forza delle quali «egli poteva agire anche con la forza nei confronti del debitore, del comune al quale esso apparteneva o persino dei suoi concittadini, fino al soddisfacimento delle legittime pretese».
Venendo ai tempi moderni, nella convenzione dell’Aja nessuna norma era prevista che vietasse l’esecuzione sommaria dei civili tant’è che persino la proposta del delegato olandese di procedere all’uccisione di civili nei territori occupati solo dopo regolare processo fu completamente ignorata. Nel secondo articolo della convenzione di Ginevra, invece, venivano esclusi dalle rappresaglie solo i feriti, i prigionieri di guerra e il personale sanitario. Tutti gli altri potevano quindi essere oggetto di tali azioni. Persino dopo la Seconda Guerra Mondiale il Tribunale di Norimberga arrivò ancora ad affermare che «misure di ritorsione, qualora consentite, devono essere proporzionate al fatto illecito commesso» e che la proporzione accettabile fosse appunto quella di dieci ad uno!
Per quanto riguarda le normative delle singole nazioni, ad esempio, il par.452 del Manuale di Diritto Militare Britannico, definisce tuttora la rappresaglia come «ritorsione per atti illegittimi di guerra allo scopo di far osservare in futuro al nemico le riconosciute leggi di guerra», e aggiunge che «sono ammissibili per convenzione come un indispensabile mezzo per assicurare un comportamento legittimo in guerra» e che «non sono un mezzo di punizione o di vendetta arbitraria ma di coercizione». Ne risulta evidente come atti anche particolarmente brutali possano essere considerati legittimi a fronte, ad esempio, di specifiche azioni di guerriglia da parte di combattenti non regolari, come spesso vengono considerati i partigiani.
Ancora W.E. Hall, nel suo «Trattato sul Diritto Internazionale», 8a ed. 1924 Higgins, indica i principi alla base del diritto di rappresaglia: «quando l’offensore non può essere raggiunto o identificato, si ricorre alla rappresaglia nei confronti di coloro che, colpevoli di nessuna offesa, soffrono per atti di altri», afferma che può trattarsi di «una misura assolutamente priva di giustizia», e inoltre che «vi si deve ricorrere solo in caso di assoluta necessità e con determinate restrizioni».
[pullquote]Nella seconda Guerra Mondiale, in quel conflitto si fece largo uso della rappresaglia, sebbene alla fine della guerra la maggior parte di queste azioni vennero considerate crimini di guerra salvo poche eccezioni[/pullquote]
Tornando alla Seconda Guerra Mondiale, in quel conflitto si fece largo uso della rappresaglia, sebbene alla fine della guerra la maggior parte di queste azioni vennero considerate crimini di guerra salvo poche eccezioni. Questo, tuttavia — è importante dirlo — non per quel rapporto di dieci ad uno che a noi oggi fa orrore, ma per aver violato alcuni degli articoli sopra menzionati, come ad esempio quello di fucilare i feriti o il personale sanitario. Una di queste eccezioni, infatti, riguarda un fatto avvenuto nel 1941, quando il generale tedesco Kurt Student, durante l’occupazione dell’isola di Creta, ordinò la fucilazione di dieci greci per ogni tedesco ucciso. Il generale fu condannato alla fine della guerra a 5 anni di reclusione per questo ordine ma in seguito la sentenza fu rivista ed annullata dopo la disamina dei cadaveri dei soldati nazisti che erano stati brutalmente torturati o mutilati.
Una volta, porsi una domanda del genere, avrebbe suscitato polemiche o accuse — peraltro infondate — di revisionismo. Oggi è fondamentale invece poterci porre queste domande, fuori da qualsiasi schema ideologico ma solo da una prospettiva puramente storica, non certo per giustificare azioni che non possono essere giustificate, come quelle dei nazisti o dei fascisti, ovviamente, quanto per condannare anche altre azioni, altrettanto discutibili sul piano etico. Lo dobbiamo ai tanti civili vittime di quella guerra, perché non è giusto che fra quei morti ci siano tuttora vittime di serie A e di serie B.
La Storia, infatti, ci racconta che azioni di rappresaglia furono infatti condotte anche dagli Alleati. Tecnicamente possono essere equiparate ad azioni di questo tipo anche gli stupri di massa eseguiti come vera e propria tattica di guerra decisa a tavolino nei confronti della popolazione civile italiana da parte degli Alleati. Ad esempio, nell’area del Cassinate e del Sorano furono violentate sessantamila persone. Ben il 20% delle vittime si presero la sifilide. Ad Esperia, a subire violenza, fu addirittura l’intera comunità: vennero violentati anche gli uomini, il parroco e molte donne anziane che non furono in grado di fuggire. Tuttavia la domanda che ci interessa di più è se ci furono vere e proprie azioni militari definite a tavolino dai comandanti delle forze armate se non addirittura dai capi di Governo delle singole nazioni che combatterono nell’Alleanza, nei confronti dei civili, che possano essere considerate a tutti gli effetti “rappresaglia” e se esse furono veramente proporzionate o meno.
Iniziamo con la rappresaglia vera e propria, ovvero la fucilazione di ostaggi a fronte di azioni di guerra considerate illegittime. In varie situazioni, nella Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati minacciarono azioni di rappresaglia ben più ampie di quelle legate al “tradizionale” rapporto di dieci ad uno. Ad esempio, il generale francese Lattre de Tassigny minacciò l’uccisione di 25 ostaggi tedeschi ogni soldato francese ucciso nella città di Stoccarda, mentre il rapporto previsto a Marcktdorf arrivò a trenta da uno. Ma non furono i casi più eclatanti: a Tuttlingen si arrivò ad annunciare la fucilazione di 50 ostaggi tedeschi per ogni francese ucciso mentre ad Harz le forze americane minacciarono l’esecuzione nel rapporto di addirittura 200 ad uno! A Leutkirchen, il 28 aprile 1945, fu affisso un manifesto che stabiliva che per ogni francese ucciso sarebbero state incendiate 5 case e uccisi 100 tedeschi.
[pullquote]In varie situazioni, nella Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati minacciarono azioni di rappresaglia ben più ampie di quelle legate al “tradizionale” rapporto di dieci ad uno.[/pullquote]
E non erano solo minacce: quando nel marzo 1945 il generale americano Rose rimase vittima di un’imboscata, gli americani fecero fucilare 110 cittadini tedeschi nonostante si fosse trattato di un normale combattimento fra soldati e non un attentato di combattenti civili. Persino quando furono violati gli articoli menzionati in precedenza, i responsabili vennero assolti dopo la guerra quando la rappresaglia era stata effettuata da truppe Alleate, come nel caso del tenente americano Acunto che a Tambach fece fucilare 24 prigionieri di guerra e 4 civili. Ovviamente non furono solo americani e francesi a rendersi responsabili di eccidi ingiustificati: a Soldin i russi fucilarono 120 cittadini tedeschi per la morte di un maggiore da parte di una guardia tedesca che si era vendicato dello stupro della moglie.
Ma l’esempio a mio avviso più eclatante di rappresaglia preventiva furono i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Giustificati storicamente come l’unico modo per porre fine alla Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico — ed è un fatto che raggiunsero effettivamente tale scopo — se andiamo a fare alcuni calcoli ci rendiamo conto che si potrebbe tuttavia sollevare la questione della proporzionalità più volte menzionata in relazione alle azioni di rappresaglia. I numeri da confrontare sono ovviamente il numero di civili uccisi nelle due città giapponesi, fra quelli morti immediatamente a fronte dell’esplosione e quelli deceduti in seguito a causa delle radiazioni, e le stime dei soldati americani che avrebbero perso la vita a fronte dell’invasione del Giappone, ovvero all’unica alternativa possibile alle atomiche per far terminare la guerra.
La Storia ci ricorda troppo spesso quelli ammazzati dai perdenti, ed è giusto ricordarlo perché quello che fecero Nazisti e Fascisti fu orribile e non merita altro che condanna, ma dobbiamo avere la maturità e l’onestà di ricordare anche gli altri, perché se ricordare serve a non ripetere, ogni ricordo va preservato, per non rifare lo stesso errore e pensare che ai “buoni” sia permesso quello che ai “cattivi” non è.
Oggi noi siamo abituati a pensare alle morti di civili nelle guerre, soprattutto quelle che facciamo noi occidentali, come a danni collaterali, e anche poche decine di morti ci fanno orrore. Ma nella Seconda Guerra Mondiale i civili uccisi a seguito di atti volontari di guerra furono milioni, da entrambe le parti, e spesso in modo orribile. La Storia ci ricorda troppo spesso quelli ammazzati dai perdenti, ed è giusto ricordarlo perché quello che fecero Nazisti e Fascisti fu orribile e non merita altro che condanna, ma dobbiamo avere la maturità e l’onestà di ricordare anche gli altri, perché se ricordare serve a non ripetere, ogni ricordo va preservato, per non rifare lo stesso errore e pensare che ai “buoni” sia permesso quello che ai “cattivi” non è.