LA VERITA’ NON LA DECIDE LA POLITICA: “Westminster Declaration” e la lotta per la libertà di espressione

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Il giornale la Verità ha riportato ampiamente l’appello “Westminster Declaration“, con elenco completo dei firmatari, informando per prima in Italia del suo scopo e dela sua importanza.

La “Westminster Declaration” è stata sottoscritta da 136 intellettuali, giornalisti, letterati e personalità internazionali. Questo appello difende in modo incisivo il diritto fondamentale alla libertà di espressione e critica il “Digital Service Act” dell’Unione Europea e altre leggi simili che potrebbero mettere a repentaglio questa fondamentale libertà.

Tra i firmatari figurano figure di spicco come Richard Dawkins, Jordan Peterson, Julian Assange e altri. Alcuni italiani di rilievo, tra cui Marcello Foa, Michele Santoro, Luca Ricolfi e molti altri, hanno appoggiato questo appello.

Anche il SUSSIDIARIO ha riferito sulla “Westminster Declaration,” sottolineando l’importanza di preservare il libero pensiero e la libertà di espressione, minacciati dalle restrizioni imposte dal monitoraggio dei contenuti online. Spesso, questi contenuti subiscono la censura non perché veicolano fake news, ma semplicemente perché esprimono opinioni critiche rispetto alla narrativa delle istituzioni.

Il SUSSIDIARIO ha sottolineato che il Digital Act europeo, una legge restrittiva che limita la libertà dei mezzi di informazione, mette a repentaglio diritti fondamentali, ovvero il confronto democratico, il pluralismo informativo, e restringe la possibilità di realizzare ed esprimere opinioni diverse. Tutto ciò è fatto in nome della lotta contro le fake news, un termine spesso utilitaristicamente abusato, per indirizzare la pubblica opinione ed eliminare il dissenso e giudizi di valore diversi.

Organismi autoreferenziali che decidono quale sia la verità del giorno (o delegano il compito ad altri organismi di provata fede)

Il Commissario UE Thierry Breton ha accusato Elon Musk di diffondere disinformazione online sulla piattaforma X, fino ad intimargli di moderare tutti i contenuti per allinearsi alle norme europee, con particolare riferimento a casi specifici riscontrati ma non meglio specificati. Ciò solleva interrogativi sulla legittimità di queste accuse e sul rischio di limitare il libero dibattito.

Penso che sia altamente rilevatore ed emblematico che Breton, alla domanda di Elon Musk su quali sarebbero i contenuti (gli articoli, i post  dettagliati) che ritiene fuorvianti, abbia risposto qualcosa come “tu sai quali sono” (vedi qui minuto 11:21). Giudicate voi se questa risposta si avvicina più al bullismo o appare come una risposta istituzionale ad una legittima osservazione.

Questo per dire dell’assoluta arbitrarietà ed arroganza di chi crede di stabilire la verità quale sia a secondo del proprio interesse particolare.

Crescente censura e media uniformi

Ma il manifesto non si limita solo ai contenuti dei social ma mette il riflettore anche sulle comunicazioni private soggette a criptazione, ovvero la norma europea  mette altresì in luce il rischio associato alle regole sulla crittografia “end to end” nelle app di messaggistica, che vengono considerate come “la nuova frontiera da abbattere.” L’eliminazione di queste regole minaccia la possibilità di avere conversazioni autenticamente private nel mondo digitale.

Per questo, molto opportunamente, il testo della Westminster Declaration denuncia la “crescente censura che minaccia di erodere norme democratiche secolari.” In definitiva, la “Westminster Declaration” sottolinea l’importanza di difendere il libero pensiero e la libertà di espressione, messi a rischio dalle restrizioni sul monitoraggio dei contenuti online.

Questo appello è stato persino ripreso dal noto quotidiano britannico The Telegraph, riconoscendo il suo impatto e rilevanza a livello internazionale.

Digital Act ovvero la censura completa

La legge europea  Digital Act potrebbe infatti compromettere un diritto fondamentale del dialogo anche se con opinioni differenti. Tutto questo in nome della lotta contro le fake news, che, come evidenzia La Verità, avrà un modus operandi che è stato anticipato in modo molto eloquente  dall’avvertimento che il commissario Ue Thierry Breton ha fatto a Msuk. In definitiva assoggettarsi senza possibilità di replica o obiezione.

La dichiarazione è stata ripresa anche dal noto quotidiano britannico The Telegraph, evidenziando il suo impatto internazionale. La pubblicazione londinese evidenzia che la dichiarazione “Westminster declaration” è giunta in risposta alle rivelazioni fornite dallo stesso quotidiano, che ha reso noto l’esistenza di una unità governativa segreta chiamata “Counter Disinformation Unit.” Questa unità è stata coinvolta nella segnalazione di critiche al lockdown come “disinformazione” legata al Covid: “La Counter Disinformation Unit, che operava a Whitehall, ha collaborato con le agenzie di intelligence per monitorare i post online di giornalisti e membri del pubblico”. 

The Telegraph riferisce che almeno tre persone il cui punto di vista sul Covid era legittimo (ovvero suffragato da riscontri oggettivi) hanno sottoscritto la dichiarazione consegnata al Primo Ministro britannico Rishi Sunak, “il quale ha riconosciuto che “etichette come “disinformazione” sono state abusate. (…)
L’obiettivo principale di questo gruppo di intellettuali è mettere in luce l’abuso dell’accusa di “disinformazione” per sopprimere il libero scambio di opinioni e limitare la libertà di espressione.

La libertà di espressione è fondamentale per tutta una serie di altri diritti. Condividete e fate conoscere questo appello contro la censura e l’intolleranza.

 

***

Nota a margine:

La Dichiarazione di Westminster 
(testo integrale in italiano e firmatari)

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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