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Il “tweet di distruzione di massa” aumenta la tensione sull’Iran

by Patrizio Ricci
7 Agosto 2018
in Post vari
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Lo scopo finale dell’amministrazione Trump è cambiare il regime di Teheran: era quindi solo un diversivo sul “tradimento” di Helsinki, viste le incombenti elezioni americane di “mid-term”, o lui voleva proprio destabilizzare i giganti euroasiatici e la loro nuova Via della Seta?

Il tweet del presidente Trump [in inglese] che, a notte fonda e a caratteri cubitali, minaccia l’Iran, è destinato ad essere custodito gelosamente negli annali dell’Arte della Diplomazia.

Ma torniamo a come tutto questo è cominciato. Dopo essersi ritirata unilateralmente dall’accordo sul nucleare iraniano, l’amministrazione Trump si è espressa con ciò che equivale ad una dichiarazione di guerra economica all’Iran, e porterà senza esclusione di colpi all’uscita della Repubblica Islamica dal mercato globale del petrolio, completa di minaccia agli alleati europei di sanzioni secondarie se non tagliano ogni importazione di petrolio a partire dal 4 novembre.

Lo scorso weekend il leader supremo Ayatollah Khamenei ha affermato che sosterrà il blocco di tutte le esportazioni di petrolio dal Medio Oriente attraverso lo Stretto di Hormuz, in caso i partner europei dell’Iran cedano alla pressione di Washington e smettano del tutto di comprare il petrolio iraniano.

Il presidente Hassan Rouhani ha quindi seguito Khamenei, e ha avvisato gli Stati Uniti che “stanno giocando con il fuoco”.

Rouhani, come confermano le sue dichiarazioni, si è sempre comportato come un freddo diplomatico. A differenza delle prevedibili versioni dell’informazione statunitense, lui non ha mai “minacciato” di attaccare gli Stati Uniti. La sua premessa è stata che Teheran era lieta di offrire a Washington la “madre di ogni pace”. Ma se invece Trump ha deciso di attaccare l’Iran, allora (il corsivo è mio) questo aprirà la strada alla “madre di tutte le guerre”.

Scopo finale: cambiare il regime

Resta il fatto che l’amministrazione Trump ha scaricato un trattato multilaterale sponsorizzato dalle Nazioni Unite, e ha lanciato una serie di operazioni sotto copertura con lo scopo finale di cambiare il regime in Iran.

L’esplosione di rabbia di Trump, abbinata al Segretario di Stato Mike Pompeo che sta promuovendo gli interessi della “voce a lungo ignorata del popolo iraniano”, è stata accolta con derisione e disprezzo in tutto l’Iran.

Dal punto di vista geopolitico, le relazioni Russia-Iran rimangono estremamente solide, come dimostrato dal recente incontro tra il presidente Putin e il principale consigliere di politica estera di Khamenei, Ali Akbar Velayati. Come il professore Mohammad Marandi dell’Università di Teheran mi ha detto: “Il meeting Putin-Veleyati è andato molto bene. Velayati pensa di andare a Pechino nelle prossime settimane. Il popolo iraniano odia Trump, e tutte le fazioni e i partiti politici sono diventate molto più coese. Il discorso di Rouhani è stato ampiamente visto e ben accolto”.

Khamenei e Rouhani sono allineati, e questo è molto significativo in sé. Ora concordano sul fatto che ogni negoziazione con Washington sia vana. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha dato il colpo di grazia dichiarando con un tweet che l’Iran esiste da millenni e ha visto cadere molti imperi. Ha concluso con un “SII PRUDENTE” a caratteri cubitali in stile Trump.

L’intera soap opera è pervasa da toni toccanti poiché gli “esperti” americani che fungono da comparse deviano e affermano che ci sono solo due risultati per l’Iran: capitolazione o implosione del “regime”.

Chiunque affermi che Teheran capitolerà, dimostra una totale ignoranza dell’umore diffuso di sfida e disprezzo nel popolo iraniano, anche se sta affrontando enormi difficoltà economiche. E chiunque affermi che a Teheran ci sarà un cambio di regime, di base ripete a pappagallo una “politica” americana che è solo un desiderio.

I neoconservatori americani che hanno dato al mondo la fallita e multi-miliardaria guerra irachena, li avrebbero dovuti seppellire non a un metro ma a mille metri sotto terra. Ma, come un “morto che cammina”, non si arrenderanno mai.

Attualmente in Medio Oriente, però, ci sono tre personaggi che stanno cantando e ballando come se tutto stesse andando secondo il piano: Mohamed Bin Salman (MBS) dell’Arabia Saudita, il suo mentore Mohamed bin Zayed degli Emirati Arabi Uniti e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Di sicuro non stanno facendo attenzione all’esperto parere dell’ex capo del Mossad Meir Dagan, che ha dichiarato che un attacco militare all’Iran era “la cosa più stupida che io abbia mai sentito” [in inglese].

Diversivo premeditato?

E’ sempre possibile che gli spettacolari caratteri cubitali di Trump possano essere uno stratagemma per distrarre gli Americani dallo scandalo del “tradimento” di Helsinki. Che prende aderenza quando associato alle incombenti elezioni di mid-term e all’assoluto bisogno di Trump di sembrare duro e tenere allineati i Repubblicani. Chiamatela una brillante manovra strategica di Trump. O di Putin?

Tornando alla realtà, le estreme opzioni si ridurrebbero a due: l’Iran diventa un satellite americano, o si chiude lo Stretto di Hormuz, un qualcosa che agli effetti pratici farebbe collassare l’economia globale.

Mi è stato assicurato che il Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica ha i mezzi tecnologici per bloccare lo Stretto, e non batterebbe ciglio a farlo, piuttosto che cedere, se il gioco si fa duro. Il presidente Rouhani non può contrastare il Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica. L’amministrazione Trump ha, di fatto, forzato Rouhani a svelare le sue carte. Tutti i rami del governo iraniano sono ora compatti.

L’isteria della guerra, già in corso, è estremamente irresponsabile. Nel peggior scenario dello Stretto di Hormuz, la Marina americana sarebbe impotente dato che i missili Sunburn SS-N-22 [in inglese] prodotti dalla Russia farebbero devastazioni. Washington potrebbe solo bombardare dalla base di Al Udeid in Qatar e di Incirlik in Turchia. Né il Qatar né la Turchia sono inclini a contrastare l’Iran.

Il Pentagono dovrebbe bombardare i siti missilistici sulla costa iraniana del Golfo Persico. Ma questi siti sono pesantemente mimetizzati, i missili sono trasportabili e non ci sono informazioni attendibili sul terreno. All’Iran basta solo sparare un missile alla volta. Nessuna petroliera proverebbe a passare.

Le cose non devono neanche deteriorarsi verso una guerra aperta. Tutto quello che Teheran deve fare è rendere credibile la minaccia. Le compagnie assicurative smetterebbero di assicurare le petroliere. Nessuna petroliera navigherebbe senza assicurazione.

Separare Russia-Cina-Iran

Il gioco geopolitico è anche più complesso. Velayati è stato a Mosca pochi giorni prima di Helsinki. Le fonti diplomatiche affermano che l’Iran e la Russia sono in sintonia e in stretta coordinazione politica. Se persiste l’attuale strategia della tensione, sale il prezzo del petrolio, che è buono sia per la Russia che per l’Iran.

E poi c’è la Cina. Ci sia o meno uno tsunami di sanzioni, è molto probabile che Pechino incrementi le importazioni petrolifere dall’Iran. Gli “esperti” che dichiarano che l’Iran sta diventando una pedina di Russia e Cina sono irrimediabilmente miopi. Russia, Cina e Iran sono già strettamente allineati.

Senza la guerra, la principale priorità dell’amministrazione Trump è l’interruzione della Nuova Via della Seta –  la “Belt and Road Initiative (BRI)” – tra Cina ed Europa. E il corridoio economico chiave passa attraverso l’Iran.

Il “nemico” fondamentale è la Cina. Ma per far funzionare qualsiasi piano “dividi e impera”, deve essere fatto un tentativo di attirare la Russia in una qualche sorta di intesa amichevole. E in parallelo, la destabilizzazione della Persia è un must. Dopo tutto, questo è ciò che il regime di Cheney descriveva come il “grande premio”.

***

Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Thesaker.is il 24 luglio 2018
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per SakerItalia.it

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Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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