E improvvisamente Taiwan…

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Alla fine Pelosi è atterrata a Taiwan. La Cina ha minacciato, ma molto probabilmente non accadrà nulla se non un deterioramento grave dei rapporti e contromisure economiche.

La terza carica dello stato americano resterà qualche ora, ma lascerà in fretta Taiwan perché dal 4 al 7 agosto l’isola sarà letteralmente circondata dalle esercitazioni cinesi a fuoco vivo e quindi nessuno potrebbe lasciare l’isola in questo periodo.

Non si capisce però il perché di tutto questo polverone, giacché prima dell’attuale speaker della Camera, nell’aprile 1997 era andato il repubblicano Newt Gingrich. Allora, Pechino espresse il suo fastidio, ma l’incidente fu presto dimenticato. Da allora, gli americani non provarono più a far sbarcare truppe di così alto rango su Taiwan.

L’unica spiegazione delle tensioni attuali, può essere trovata nel fatto che i rapporti tra USA e Cina sono radicalmente deteriorati. Oggi realmente gli USA considerano la Cina un nemico da neutralizzare appena possibile. Inoltre, Washington ha mutato la propria posizione nei confronti di Taiwan, considerata non più come parte della Cina ma stato indipendente. La nuova alleanza dei paesi anglosassoni – l’AUKUS – per ‘ contenere’ Pechino costituisce la prova più evidente della politica in atto. Gli USA sono coscienti che la Cina la equiparerà militarmente e la supererà economicamente. Ma non vuole permetterlo, perciò sta accelerando i tempi per mettere in atto un confronto a tutto campo.

Confronto muscolare

La Cina si è fortemente opposta alla visita della Pelosi a Taiwan e ha promesso di prendere le misure più dure se la Speaker avesse visitato l’isola. I cinesi hanno invitato la Casa Bianca ad aderire rigorosamente alla politica della “Cina unica” e anche a non complicare la situazione nella regione. Il presidente cinese Xi Jinping la scorsa settimana in una conversazione telefonica con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha consigliato senza mezzi termini di “non giocare con il fuoco”.

ministro degli Esteri Wang Yi accusa gli USA di essere “il più grande distruttore della pace odierna”
ministro degli Esteri Wang Yi accusa gli USA di essere “il più grande distruttore della pace”

Il viaggio di Pelosi per ‘saggiare’ la Cina e rilanciare il partito democratico

Ci sono diversi punti legati al periodo scelto per il viaggio di Nancy Pelosi in Asia:

  • Questo avviene prima del 20° Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC), che dovrebbe tenersi nell’ottobre di quest’anno, perciò la tempestività del viaggio è molto importante perché gli americani sollevino la situazione in Cina e mettano in svantaggio la leadership cinese. Ad esempio, se la Cina adotta misure molto dure contro Taiwan, Pechino può essere accusata di aggressione.
  • Inoltre, la visita, viene effettuata per completare la formazione della coalizione anti-cinese nella regione del Pacifico.
  •  La traiettoria del suo volo colpisce quei paesi che potrebbero teoricamente opporsi alla RPC o sostenere la politica statunitense. Considerando che nella regione operano almeno diverse alleanze militari filoamericane, in primis QUAD e AUKUS, il viaggio rappresenta comunque una nuova sfida per la Cina, indipendentemente dell’atterraggio a Taiwan.
  • Il viaggio ha anche un’altra funzione: gli americani hanno deliberatamente provocato la Cina per vedere come Pechino reagisce agli attacchi di Washington e se è pronta a prendere misure severe.
  • Gli Stati Uniti si apprestano alle elezioni a novembre (le elezioni parlamentari negli USA del 2022 si terranno l’8 novembre  insieme all’elezione di 36 governatori su 50), un test decisivo per il partito democratico. In questo contesto, il viaggio della Pelosi potrebbe servire a risollevare le sorti dei DEM dietro la disastrosa presidenza Biden.
  • La Casa Bianca era contraria al viaggio della Pelosi, quindi questo denota una sfiducia del partito democratico per Biden, a favore di una linea anticinese, più oltranzista.

Provocazioni degli USA, irresponsabili

Molto probabilmente la Repubblica popolare cinese non prenderà misure militari, ma nello stesso tempo ha altre possibilità di natura economica, ad esempio potrebbe annunciare una serie di sanzioni contro le società americane in Cina. Pechino potrebbe applicare restrizioni, anche a quei player che producono prodotti per Apple, Microsoft e altri colossi del mercato americano.

Il punto principale è quanto gli Stati Uniti siano disposti a spendere per la distruzione della logistica commerciale globale, che naturalmente colpirà gli Stati Uniti (e soprattutto l’Europa), interromperà le relazioni con la Cina e ridurrà la fornitura di merci cinesi ai mercati statunitensi. Si spera che non tutti i politici e i vertici delle forze armate statunitensi siano pronti ad affrontare un conflitto così profondo.

Sebbene gli economisti sostengono che mentre all’esterno la situazione sembra migliore rispetto al 2008, in realtà è peggiore. Il pianeta – e in particolare l’economia americana – è alle prese con il crollo finanziario ed economico mondiale, poi rimandato con l’aiuto della macchina da stampa avviata a pieno regime. C’è un’opinione crescente tra i professionisti che non sarà possibile ritardare di nuovo l’inevitabile, semplicemente non ci sono più strumenti e risorse inutilizzati: il sistema del dollaro dovrà attraversare un grave cataclisma.

Gli USA in difficoltà sono una minaccia molto grande per il mondo intero

Trovo interessante questo giudizio, tratto dalla pubblicazione Rossiyskaya Gazeta:La Casa Bianca è nel mezzo di una tempesta perfetta. Mentre è in corso la trasformazione del sistema globale e tutte le difficoltà e le prospettive non sono troppo brillanti, gli Stati Uniti hanno un margine di forza, capacità e risorse assolutamente colossali. Anche se dovranno attraversare una crisi estremamente dolorosa, la perdita di una parte considerevole della loro influenza geopolitica, alla fine gli USA hanno serie possibilità di emergere dallo tsunami globale come una delle superpotenze, estendendo la propria influenza a una grande parte del pianeta.

Tuttavia, questa previsione ha un punto debole: presuppone una politica coerente – e quanto più efficace possibile – delle autorità statunitensi per raggiungere questo obiettivo.

In questo senso non ci sono ricette garantite, poiché questa è una sfida completamente nuova per tutti. I paesi interessati stanno operando per tentativi, muovendosi passo dopo passo nella formazione di una nuova architettura economica e politica mondiale.

Si ha l’impressione che l’amministrazione statunitense sia colta da confusione e discordia interna, e le cose siano così brutte che tutto questo viene trasmesso apertamente al pubblico americano – e al mondo intero. La negazione della recessione si è aggiunta a un lungo elenco di incidenti recenti. Ciò include il disastroso viaggio di Biden in Medio Oriente e lo scandalo della visita di Nancy Pelosi a Taiwan .

Ma sarebbe puerile gioire delle difficoltà degli Stati Uniti. Se una superpotenza globale nucleare e ancora estremamente potente si trasforma in una nave senza timone e naviga con un capitano pazzo e un equipaggio ribelle, questa diventerà una minaccia molto più grande per il mondo rispetto ad una politica più dura e ostile, ma sana e coerente”.

Quindi ciò a cui stiamo assistendo da parte degli USA, è una serie di tentativi di ristabilire almeno una parte della propria leadership mondiale e di compattare l’occidente.
Il problema è che non c’è una leadership all’altezza e perciò questi tentativi sono estremamente pericolosi, specialmente per l’Europa ed il mondo intero.

VPNews

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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