A distanza di otto mesi dal primo confinamento nazionale siamo sull’orlo del secondo

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da Giorgio Bianchi, giornalista e fotoreporter

Il primo lockdown ce lo hanno venduto come una scelta dolorosa ma necessaria, data la novità della malattia e l’impreparazione dovuta al fatto di essere stati colpiti per primi (anche se Burioni in prima serata da Fazio parlò di “rischio zero in Italia”).
Il confinamento Italiano, rispetto a quello adottato negli altri paesi europei, è stato una sorta di 41-Bis “morbido” esteso a tutta la popolazione (compresi i boss al 41-Bis “duro” scarcerati per l’occasione), con tanto di caccia all’uomo permanente, scuole chiuse e mai più riaperte e stato di emergenza protratto ad libitum.
Da allora sono passati diversi mesi.
Cosa è stato fatto nel frattempo per fare fronte alla tanto paventata (da loro stessi) seconda ondata ?
Ve lo riassumo in poche righe: sono stati dati dei bonus per acquistare monopattini, messi a disposizione dei bonus vacanze, è stata organizzata una lotteria per premiare i migliori utilizzatori di pagamenti elettronici, si è calcolato il numero massimo di avventori per ciascun ristorante, sono state realizzate piste ciclabili e addirittura il Ministro della Salute ha trovato il tempo per scrivere un libro su come erano stati bravi a risolvere la situazione (pubblicato e mai distribuito visti i chiari di luna attuali)
Dato che si parla tanto di “guerra al virus”, sarei curioso di vedere qual è il paese devastato dalle bombe che compra monopattini e organizza demenziali lotterie.
Abbiamo un CTS che ha calcolato la distanza minima tra le “rime buccali” degli studenti ma che ad oggi non è stato in grado di redigere un protocollo nazionale per le cure domiciliari.
Sul fronte dei posti letto e delle terapie intensive, a parte l’Ospedale Fiera di Milano realizzato in 22 giorni al costo di 17 milioni forniti da privati, non è stato fatto praticamente nulla.
A peggiorare questo quadro, già di per sé desolante, c’è poi il continuo scaricabarile tra regioni e Governo e la martellante criminalizzazione dei cittadini ad opera degli squadristi sui social e dei giornalisti del mainstream che rischia di provocare una frattura sociale insanabile tra categorie garantite e cittadini macellati dai provvedimenti.
In queste ore stiamo correndo il serio rischio che questi blocchino di nuovo tutto fino a data da destinarsi e mettano per la seconda volta in pochi mesi in coma farmacologico l’economia del Paese (già di per sè moribonda), costringendo la popolazione ad una nuova e forse più prolungata apnea, sapendo in anticipo che molti moriranno annegati.
Chi ci dice che questo nuovo confinamento verrà accompagnato da misure e investimenti tali da prevenire una crescita esponenziale futura ?
Se continuiamo ad ibernare la situazione senza risolvere alla radice le carenze strutturali del SSN (determinate da tagli sconsiderati avvenuti negli anni passati nel silenzio complice di quegli stessi medici e infermieri che oggi si stracciano le vesti a favore di telecamera), se non potenziamo la medicina territoriale per prevenire i ricoveri, visto che da questa malattia si guarisce se la si prende per tempo (In tutte le tabelle c’è sempre una voce piuttosto trascurata dai media che parla esplicitamente di “guariti” non di “miracolati”), se continuiamo a terrorizzare la cittadinanza inducendola a riversarsi nei Pronto Soccorso, se continuiamo ad assolvere Governo, opposizione e Media dalle loro responsabilità, credo che questa agonia si protrarrà ancora per molto tempo.

Di seguito un riassunto ben fatto delle tesi che portiamo avanti da mesi.

Antonio Socci, il mistero coronavirus: “Perché Cina, Giappone e Africa hanno avuto meno morti dell’Italia”:

«Non si capisce dove stiamo andando» ha dichiarato domenica Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, dopo l’ennesimo Dpcm di Conte. È l’impressione generale. E i costi di questa deriva sono altissimi. Le sole cose certe, concrete e utili che si dovrebbero fare, non si fanno. Sono in particolare due. Primo: curare subito a casa (invece di abbandonarli alla sorte) coloro che hanno primi sintomi non gravi di C*** con i farmaci efficaci (che ci sono) sulla base di un protocollo nazionale: queste cure precoci – dicono gli specialisti – scongiurerebbero aggravamenti, ricoveri, collasso di ospedali e pure morti. Secondo: predisporre un numero di letti adeguato nelle terapie intensive e nuove strutture con nuovo personale (cosa che non è stata fatta in cinque mesi: se ne parla ora). Sul primo punto, in queste ore, è stato il governatore veneto Zaia a intervenire decisamente: «Chiedo che a livello nazionale si stabiliscano protocolli di cura efficienti per la terapia domiciliare nei primi giorni perché sono quelli che ci evitano i ricoveri. E non parlo solo di cortisone» ha aggiunto «ma di altri principi attivi che hanno funzionato e che sono stati messi in discussione». Anche l’onorevole Armando Siri (Lega) ha chiesto «urgentemente» al governo di «premere su Aifa per sbloccare i protocolli di cura domiciliare per il C***» invece di «dare il colpo di grazia all’economia italiana con l’ennesimo Dpcm» che insiste con «misure liberticide e catastrofiche per il lavoro». Per tutti questi mesi il governo, invece di occuparsi di come curare i malati, è andato a caccia di ristoranti, bar, discoteche e falò sulla spiaggia, dopo essersi dedicato a monopattini e banchi a rotelle. Cioè ha inseguito il nulla.

Strategia errata – Anziché occuparsi dei malati, ha concentrato tutte le attenzioni sulla ricerca dei cosiddetti “positivi”, ma «il 95% dei positivi», com’ è stato autorevolmente spiegato dal professor Giorgio Palù, «non ha sintomi e quindi non si può definire malato». Inoltre «è certo che queste persone sono state “contagiate”, cioè sono venuti a contatto con il virus, ma non è detto che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri». Oltretutto il test non dà un verdetto sicuro e ci sono pure i casi di persone con sintomi (anche gravi come la polmonite interstiziale) che non sono positivi. Addirittura c’è chi si domanda se sia stata dimostrata la relazione di causalità fra il nuovo virus e la malattia, dal momento che, a quanto pare, il famigerato agente patogeno, a tutt’ oggi, non è stato isolato, come invece si sarebbe dovuto fare subito. Gli specialisti spiegano che alla base di ogni strategia contro un’epidemia c’è l’isolamento del nuovo virus, la purificazione da altro materiale biologico e lo studio che dimostri la correlazione di esso con la malattia. Ma tutto questo non c’è stato se non in modo parziale. Così i test cercano qualcosa che non ha volto, non si sa cos’è, com’è fatto e come si comporta. Per questo i test non possono dare risultati certi. Anche per questo la sola, ossessiva, corsa ai positivi (per di più sempre in ritardo) non è risolutiva. Oltretutto questo virus ha un comportamento anomalo. Una pandemia dovrebbe comportarsi allo stesso modo nelle zone omogenee e dovrebbe avere alta letalità. Invece non c’è l’alta letalità e il suo comportamento è imprevedibile. Tre esempi. Nessuno ha ancora spiegato cosa sia successo in Cina. Sembra che là tutto sia improvvisamente e totalmente passato. Arrivano immagini e reportage da Wuhan che oggi mostrano vie e locali pieni di gente senza mascherine. Il C*** sembra scomparso anche secondo i dati ufficiali. Perché? Possibile che nessuno se lo chieda e nessuno dia spiegazioni?

L’esempio – Altro caso: il Giappone. È a due passi dalla Cina, ha 126 milioni di abitanti (il doppio dell’Italia), ha un’età media della popolazione molto alta, non ha adottato un duro lockdown e ha avuto solo 1.700 morti (contro i nostri 36mila). È vero che in Giappone è attivo un sistema di cure a domicilio per i “poco sintomatici” (quello che avrebbe dovuto fare da tempo l’Italia e non fa). Tuttavia c’è molto di strano e incomprensibile nei suoi dati epidemici. Ancora più strano è il caso del continente africano che è l’opposto del Giappone come organizzazione, mezzi e ordine sociale. L’Oms lì aveva previsto una vera catastrofe umanitaria, ma dopo otto mesi risulta il continente meno colpito del pianeta: su 1 miliardo e 300 milioni di abitanti in Africa le vittime per C*** sono 28.800 (meno della sola Italia che ne ha 36mila), sebbene i governi abbiano potuto fare ben poco (e di certo mascherine, gel igienizzanti e distanziamenti non sono molto abituali in quelle megalopoli). L’Oms applaude quegli Stati, ma non è merito di nessuno. Si dovrebbero piuttosto cercare le ragioni di queste anomalie del C***. Troppi sono i punti oscuri e i dati dubbi o ignoti (anzitutto quelli dei morti per solo C***). Intanto da noi si mette in ginocchio un’intera economia senza fondamenti scientifici certi e non si fanno le sole cose concrete che sono indispensabili per i malati.

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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