Una guerra prolungata è più proficua?

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Cambiamento radicale del sistema

Ciò a cui stiamo assistendo non è casuale, perché la nuova agenda globalista adottata da Stati Uniti , Europa, ONU e grandi agenzie internazionali, prevede un cambiamento radicale di tutto il sistema.  Tutto ciò era stato accuratamente pianificato e pubblicizzato ed è stato recepito dall’agenda ONU 2030.

A fronte ddi un piano di sconvolgimento e ricostruzione accuratamente pianificato, la maggior parte della gente non ha capito che esso prevede l’assoluto impoverimento e la devastazione della classe media, per poi “reinizializzare  il sistema” eliminando la proprietà privata e l’iniziativa della società civile, a favore della sostenibilità energetica e del progresso.

In definitiva, la logica di ciò che sta succedendo è nell’esagerato profitto di pochi che, possedendo la maggior parte della ricchezza mondiale, hanno sostituito la politica e ristretto gli ambiti democratici, condizionandoli ad agire in maniera funzionale al mantenimento del proprio status quo. Sono questi ambiti che hanno ritenuto che – di fronte a minaccia di perdita del potere accumulato -, una guerra ad oltranza potesse essere una soluzione.

In fondo, è già successo 400 volte nella storia degli Stati Uniti, il centro nevralgico del sistema mondiale unipolare.

La guerra a tempo indefinito è la più proficua per il sistema militare – industriale occidentale

Per quando possa sembrare incredibile – ma lo abbiamo visto anche in tempi recenti in Afganistan, in Iraq ed in Siria – la guerra indirizzata a rimpinguare il sistema capitalistico non è la guerra breve ed intensa ma una guerra prolungata, tale da alimentare le commesse del sistema finanziario-militare industriale statunitense.

Inoltre, secondo il punto di vista degli europeisti, ciò giova ad accelerare alla creazione degli Stati Uniti d’Europa, in modo autoritario, senza vincoli democratici.

Credo sia utile ricordare cosa diceva il critico sociale radicale Randolph Bourne in “La guerra è la salute dello stato, più di un secolo fa:

Con lo shock della guerra, lo Stato ritorna in auge. Il Governo, senza mandato del popolo, senza consultare il popolo, conduce tutti i negoziati, le manovre, le minacce e le spiegazioni, che lentamente lo portano in collisione con qualche altro Governo, e gentilmente e irresistibilmente fa scivolare il paese in guerra. Il risultato é che, anche in quei paesi in cui il compito di dichiarare guerra é teoricamente nelle mani dei rappresentanti del popolo, non si sa di alcun parlamento che abbia rifiutato la richiesta di un Esecutivo che, avendo condotto gli affari esteri nella massima riservatezza e irresponsabilità, ordini alla nazione di andare in battaglia. (…)

L’ultima roccaforte del potere dello Stato è la politica estera. È in politica estera che lo Stato agisce nel modo più rigoroso come orda organizzata, che agisce nel senso più pieno del suo potere aggressivo, che agisce con la più libera arbitrarietà.

In politica estera lo Stato è veramente sé stesso. Si può dire che gli Stati, in riferimento l’uno all’altro, siano in un continuo stato di guerra latente. La «tregua armata», una frase così familiare prima del 1914, era una descrizione accurata della normale relazione tra gli Stati quando non sono in guerra. Invero, non è esagerato dire che la normale relazione tra gli Stati sia la guerra. La diplomazia è una guerra mascherata in cui gli Stati cercano di guadagnare con il baratto e l’intrigo, con l’astuzia degli ingegni, gli obiettivi che dovrebbero conquistare più rudemente per mezzo della guerra. La diplomazia è impiegata mentre gli Stati stanno riprendendosi dai conflitti che li hanno resi esausti. È la blandizie e il mercanteggiamento dei prepotenti di strada, sfiniti, che si rialzano da terra e lentamente recuperano le forze per cominciare a combattere di nuovo.

Se la diplomazia fosse stata un equivalente morale della guerra, un livello più elevato nel progresso umano, un mezzo inestimabile per fare prevalere le parole sulle armi, il militarismo sarebbe andato in frantumi e avrebbe lasciato spazio ad essa. (…) fine citazione

Dovremmo saperlo, “la guerra costante non deve essere confusa con la forza, tanto meno con la rettitudine” diceva lo storico Chalmers Johnson anni prima dell’11 settembre: “…e “ti imbarchi in un percorso di guerra costante e tempi difficili, accompagnati sempre dal pericolo di una brutale punizione”.

VP News

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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