Tre casi Golan, Kosovo e Crimea, esempi di doppi standard e ipocrisia

JAMES O’NEILL
journal-neo.org –

Alture del Golan, Kosovo e Crimea: tre casi da manuale di ipocrisia e doppi standard

Il recente annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che gli USA riconosceranno la sovranità di Israele sulle Alture del Golan richiama ancora una volta l’attenzione sui doppi standard applicati dalla NATO e dai suoi satrapi, tra cui l’Australia, ai problemi dell’integrità territoriale, al diritto all’autodeterminazione, e alla legislazione internazionale.  Questi tre casi sono esplicativi della duplicità e dei doppi standard delle nazioni occidentali. Possono essere rivisti in ordine cronologico.

Le Alture del Golan fanno parte del territorio sovrano dello stato siriano. Nel giugno del 1967, insieme alla Cisgiordania palestinese (all’epoca facente parte della Giordania) e alla striscia di Gaza, erano state occupate da Israele alla conclusione della Guerra dei Sei Giorni tra Israele, Egitto, Siria e Giordania. Da allora, Israele continua l’occupazione della Cisgiordania e delle Alture del Golan. Mantiene inoltre un blocco su Gaza, che causa enormi sofferenze ai suoi abitanti.

Esiste una legge internazionale consolidata (Quarta Convenzione di Ginevra del 1949), secondo cui gli stati non possano continuare ad occupare territori invasi durante conflitti armati. Il 22 novembre 1967, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 242, aveva chiesto all’unanimità ad Israele di ritirare le sue forze militari dai territori occupati. Questa richiesta era stata ignorata da Israele, che, dal 1968, ha violato 32 risoluzioni delle Nazioni Unite, di gran lunga il maggior criminale internazionale (la Turchia è seconda, con 24 violazioni nello stesso periodo).

Nel 1981, Israele aveva approvato la Legge sulle Alture del Golan, con cui dichiarava di annettere le Alture del Golan siriano. La risoluzione 497 del 17 dicembre 1981 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva definito la presunta annessione “nulla e non avvenuta e senza effetto legale.”

Che Israele continui ad ignorare gli obblighi previsti dal diritto internazionale non è sorprendente. Gli Stati Uniti, gli altri paesi della NATO e l’Australia non solo non impongono alcuna sanzione ad Israele per le sue continue violazioni,  non consentono nemmeno che una tale possibilità venga presa in considerazione. Anche solo sollevare la questione richiama immediatamente accuse di antisemitismo ed altre assurdità da parte della lobby ebraica, immensamente potente nella maggior parte degli stati occidentali.

L’annuncio di Trump viene dopo una dichiarazione analoga dell’anno scorso, in cui si riconosceva Gerusalemme come capitale di Israele. Questa non è solo una violazione del diritto internazionale, ma va anche contro le risoluzioni che gli stessi Stati Uniti avevano sostenuto in passato (come nel caso delle alture del Golan).

Il caso del Kosovo è completamente diverso, ma tocca una serie di punti importanti. Il Kosovo è etnicamente e linguisticamente albanese, sebbene facesse parte dell’ex Jugoslavia. C’era una forte corrente all’interno del Kosovo che voleva l’indipendenza dalla Jugoslavia.

Quel movimento indipendentista era stato sostenuto dagli Stati Uniti. Tra marzo e giugno 1999 gli Stati Uniti avevano bombardato la Serbia per indurre i Serbi a ritirare le loro forze militari dal Kosovo. I bombardamenti erano stati fatti senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza, non rientravano nelle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite e, di conseguenza, costituivano una grave violazione del diritto internazionale.

Dopo la cessazione dei bombardamenti, il 10 giugno 1999, la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva concesso l’autonomia al Kosovo, nell’ambito però della Repubblica Federale di Jugoslavia. Il 17 febbraio 2008, il Kosovo aveva dichiarato unilateralmente l’indipendenza dalla Jugoslavia. Non si era tenuto alcun referendum, ma è giusto dire che la risoluzione era stata sostenuta dalla maggioranza dei Kosovari, in particolare quelli di etnia albanese, che comprende l’88% della popolazione del Kosovo.

L’8 ottobre 2008, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia un parere consultivo sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. La decisione della corte era stata resa pubblica il 22 luglio 2010. La corte aveva preso atto della lunga storia delle dichiarazioni unilaterali di indipendenza dal diciassettesimo secolo in poi, la maggior parte contrastate dalle nazioni genitrici.

La corte aveva concluso che “il diritto internazionale non conteneva alcun divieto per le dichiarazioni di indipendenza” (paragrafo 79) e che “la dichiarazione del 17 febbraio 2008 non violava il diritto internazionale generale” (paragrafo 84).

Gli Stati Uniti avevano un particolare interesse per il Kosovo, compresa, in particolare, la possibilità di stabilirvi una base militare di una certa importanza (Camp Bond Steel). Questa base funziona, tra l’altro, come un importante punto di transito per l’eroina afgana, controllata dagli Stati Uniti e dalle loro forze alleate in Afghanistan.

Non sono state applicate sanzioni agli Stati Uniti per i suoi bombardamenti illegali sulla Siria, né al Kosovo per la sua dichiarazione unilaterale di indipendenza. La maggior parte dei paesi del mondo ora riconosce il Kosovo come uno stato indipendente e separato.

La Crimea è stato un caso ancora diverso, ma comprende anche diversi aspetti rilevanti. La Crimea era entrata a far parte dell’Impero Russo nel 1783. Il 18 febbraio 1954, il Presidium del Soviet Supremo dell’URSS aveva emesso un decreto che trasferiva la Crimea all’Ucraina. Non si era tenuto alcun referendum per sentire l’opinione della popolazione crimeana e, se ci fosse stato, con tutta probabilità il trasferimento sarebbe stato respinto.

Il trasferimento era stato voluto dall’allora leader sovietico Krusciov, lui stesso ucraino. L’assenza di procedure democratiche è rafforzata dal fatto che il trasferimento era, di per sé, una violazione delle leggi sovietiche.

Nei decenni successivi i rapporti tra i Crimeani e il governo ucraino erano rimasti difficili. La Crimea godeva dello status di “repubblica autonoma”. Questo malessere era precipitato nel febbraio 2014, quando il governo dell’Ucraina, regolarmente eletto e internazionalmente riconosciuto, era stato rovesciato da un golpe  organizzato e finanziato dagli Stati Uniti.

Il nuovo governo ucraino era anti-russo e di orientamento apertamente fascista. Nessuna di queste caratteristiche era accettabile per i Crimeani che, come gli Albanesi in Kosovo, avevano in gran parte una sola lingua, cultura ed etnia, e si consideravano russi a tutti gli effetti.

Un referendum era stato rapidamente organizzato (a differenza del Kosovo) e l’affluenza alle urne era stata dell’83,1%, di cui il 95,5% aveva votato a favore della riunificazione con la Russia. La Duma russa, a sua volta, aveva deliberato l’accettazione della Crimea nella Federazione Russa.

I media e i politici occidentali usano costantemente il termine “annessione” per descrivere la reincorporazione della Crimea nella Federazione Russa. L’Oxford English Dictionary definisce l’annessione come sinonimo di “sequestro, occupazione, invasione, conquista, acquisizione, appropriazione ed espropriazione.” Nessuno di questi termini descrive in modo accurato la sequenza degli eventi in Crimea.

Non c’è differenza nel diritto internazionale tra ciò che il Kosovo ha fatto con l’approvazione della Corte Internazionale di Giustizia e quello che hanno fatto i Crimeani. Quest’ultimo evento è stato probabilmente molto più democratico, in quanto determinato da uno schiacciante risultato elettorale a sostegno della separazione dall’Ucraina e del ricongiungimento con la Russia.

Tuttavia, le conseguenze sono state molto diverse. La Russia è stata oggetto di una diffamazione senza limiti. Lo stato russo e molti leader politici e dirigenti d’impresa sono stati sottoposti a sanzioni. Basta chiedersi: sarebbe successo se la Crimea avesse votato per lasciare la Federazione Russa e aderire all’Ucraina? La schiacciante probabilità è che la Crimea sarebbe stata accolta a braccia aperte e la sua popolazione applaudita per aver fatto la scelta giusta.

La Crimea è strategicamente importante, e questo è il motivo per cui gli Inglesi avevano combattuto i Russi nella guerra di Crimea (1853-1856), e perché uno dei principali obiettivi geopolitici dell’interferenza degli Stati Uniti in Ucraina era quello di privare i Russi della base navale di Sebastopoli.

La storia di questi tre episodi (Golan, Kosovo e Crimea) è un esempio dei doppi standard e dell’ipocrisia che caratterizzano la geopolitica occidentale. Le ultime dichiarazioni di Trump sulle Alture del Golan non fanno altro che ribadire la tesi.

James O’Neill

Fonte:journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2019/03/28/golan-heights-kosovo-and-crimea-a-case-study-in-hypocrisy-and-double-standards/
28.03.2019

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