Patriarca Twal: «Siamo la Chiesa del calvario. Siria? Meglio vivere sotto un dittatore che cambiare al prezzo di 80 mila morti»

Boulos al-YazigiIntervista al patriarca latino di Gerusalemme Fouad  Twal: il conflitto in Siria, il processo di pace tra israeliani e palestinesi e il dramma dei cristiani in Medio Oriente

Tempi, 8 giugno 2013 – di  Leone Grotti

Patriarca, che cosa significa che la Chiesa di Gerusalemme è la Chiesa del calvario?
La mia Chiesa è la Chiesa della croce, della sofferenza, dell’occupazione, dell’emigrazione dei cristiani, della libertà che manca a tutti i cristiani del Medio Oriente di venire qui e pregare. Ma se pensiamo a Iraq, Siria ed Egitto vediamo che da due o tre anni tutto il Medio Oriente è la Chiesa del calvario, il calvario della violenza.

A inizio anno ha lanciato questa provocazione: «Se anche la Giordania diventa instabile, dove andremo, in Arabia Saudita?».
Grazie a Dio adesso non dobbiamo aver paura di una cosa che non è successa e spero non succederà mai. Sono stato da poco in Giordania: anche se non al cento per cento, è l’unico paese del Medio Oriente dove c’è stabilità politica e psicologica. Anche le famiglie sono più serene, abbiamo superato la crisi, la paura. Non a caso nel nostro seminario il numero più grande di seminaristi viene proprio dalla Giordania. Ma vorrei sottolineare anche un’altra cosa.
Il 30 maggio scorso, alla presenza del governo, di diversi ambasciatori e del re di Giordania Abd Allah II, con gioia e orgoglio abbiamo inaugurato in modo solenne l’università di Madaba, benedetta da papa Benedetto XVI tre anni fa. L’università funziona da due anni, è cattolica, appartiene al patriarcato, però ha un cuore grande ed è aperta a tutti. Abbiamo studenti da tutto il Golfo: Arabia Saudita, Oman, Iraq, Siria, Giordania, Israele e Palestina. In Giordania oggi tutti possono arrivare senza limitazioni, è l’unico paese così rimasto in Medio Oriente.

Oggi la situazione più grave la vive sicuramente la Siria. È preoccupato per la sorte dei cristiani?
Non sono preoccupato solo per i cristiani ma per tutti gli abitanti della Siria. I cristiani infatti sono parte integrante della popolazione. Che la Siria abbia bisogno di riforme è vero, anche noi ne abbiamo, ma passare dall’esigenza delle riforme alla distruzione di tutto il paese perché alcuni vogliono il cambiamento, questa è un’altra cosa e noi capi religiosi del Medio Oriente non siamo d’accordo.

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