Strategic Culture: “Il falò delle vanità”, ovvero essere in guerra con la realtà

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Se il mondo cattolico – e questo mi fa soffrire molto – cominciasse a giudicare gli avvenimenti principali che accadono per la conversione di tutti, allora tutto il mondo dal ‘lievito” farebbe un passo avanti verso la santità, passando per la consapevolezza di sé e la libertà dell’adesione. E’ stupefacente come certi richiami, quelli più forti oggi provengano dal mondo laico e non dalla Chiesa organizzata o dal suo popolo.

E’ drammatico che l’intellighenzia cattolica ( ha la maggiore responsabilità non di autorità nel cambiare le cose ma di essere profetico e di esercitare la parole, il giudizio!) creda che la catechesi non possa coinvolgere le realtà che sconvolgono l’umanità con l’intento di sottometterla e dividerla dall’appartenenza al suo Fattore, ma debba ricorrere continuamente ad un dolore senza senso da lenire con l’amore fraterno.

Vi invito a leggere “Il falò delle vanità” da me tradotto da  Strategic Culture. Ve lo immaginate uno scritto così scritto – con tale giudizio radicale – proveniente da Avvenire o da un mensile di qualche movimento cattolico?

Buona lettura!

Il falò delle vanità

Alastair Crooke scrive sull’hubris, cioè sulla convinzione che una narrazione artificiosa possa, da sola, portare alla vittoria. Questa illusione ha avuto diffusione nel mondo occidentale, in particolare a partire dal XVII secolo.

Recentemente, il Daily Telegraph ha pubblicato un video di nove minuti, assurdo, affermando che le “narrazioni vincono le guerre” e che i contraccolpi sul campo di battaglia sono irrilevanti. Secondo il video, l’importante è avere una narrazione unificata, sia verticalmente che orizzontalmente, dall’operatore delle forze speciali sul campo fino al vertice politico.

In sostanza, si sostiene che “noi” (l’Occidente) abbiamo una narrazione convincente, mentre quella della Russia è goffa e quindi la vittoria è inevitabile.

È facile riderne, ma possiamo riconoscere in questa affermazione un certo fondamento, anche se questo fondamento è frutto di un’invenzione. Oggi, la narrazione è il modo in cui le élite occidentali concepiscono il mondo. Sia che si parli di emergenza pandemica, crisi climatica o “emergenze” in Ucraina, tutto viene ricondotto a “guerre”. E tutte queste “guerre” devono essere combattute secondo una narrazione unificata, proiettata verso una “vittoria”, e contro la quale ogni opinione contraria è vietata.

Il difetto ovvio di questa superbia sta nel fatto che essa ci costringe a essere in guerra con la realtà. Inizialmente il pubblico può essere confuso, ma man mano che le menzogne aumentano e si accumulano, la narrazione si allontana sempre di più dalla realtà tangibile, mentre si avvolge in un fitto velo di disonestà. Così sorgono dubbi nel pubblico. Le narrazioni riguardanti il “perché” dell’inflazione, la salute dell’economia o le ragioni per combattere una guerra con la Russia, iniziano a sgretolarsi.

Le élite occidentali hanno puntato tutto sul massimo controllo delle “piattaforme mediatiche”, sull’assoluta uniformità del messaggio e sulla spietata repressione delle proteste, al fine di conservare il potere.

Ma contro ogni previsione, i mezzi di comunicazione di massa stanno perdendo la loro presa sul pubblico statunitense. I sondaggi mostrano una crescente sfiducia nei confronti dei media statunitensi. Quando è andato in onda il primo show di Tucker Carlson su Twitter, con un “contro-messaggio”, l’impatto è stato evidente, con più di 100 milioni (uno su tre) degli americani che hanno ascoltato con interesse.

Il punto debole di questo nuovo autoritarismo “liberale” sta nel fatto che i suoi principali miti narrativi possono essere confutati. Uno di questi miti è stato appena smascherato e pian piano la gente comincia a vedere la realtà.

Ucraina: come si vince una guerra impossibile da vincere? Bene, l’élite ha cercato di farlo attraverso la narrazione. Ha insistito contro la realtà che l’Ucraina stava vincendo e che la Russia stava “crollando”. Ma questa superbia è stata smascherata dai fatti sul campo. Anche le classi dirigenti occidentali possono vedere che la loro richiesta di un’offensiva ucraina di successo è fallita. Alla fine, i fatti militari sono più potenti delle chiacchiere politiche: un lato è stato distrutto, i suoi numerosi morti sono diventati la tragica forza per rovesciare il dogma.

“Daremo la possibilità di estendere un invito all’Ucraina per unirsi all’Alleanza quando gli Alleati saranno d’accordo e quando saranno soddisfatte le condizioni… [tuttavia] se l’Ucraina non vincerà questa guerra, non ci sarà alcuna discussione sull’adesione” – ha dichiarato Jens Stoltenberg a Vilnius. Così, dopo aver sollecitato Kiev a mandare centinaia di migliaia di uomini alla morte per giustificare l’adesione alla NATO, quest’ultima voltava le spalle al proprio protetto. Era, dopotutto, una guerra impossibile da vincere fin dall’inizio.

La superbia sta nel fatto che la NATO ha messo in contrapposizione la sua presunta dottrina militare e le armi superiori con quelle considerate obsolete e rigide dell’esercito russo.

Ma i fatti militari sul campo hanno dimostrato che la dottrina occidentale era solo una presunzione, con le forze ucraine decimate e le armi NATO ridotte a rovine fumanti. È stata la NATO a voler riproporre la Battaglia di 73 Easting (dal deserto iracheno, ma ora trasportata in Ucraina).

In Iraq, il “pugno corazzato” aveva facilmente sopraffatto i carri armati iracheni: un vero “pugno” che aveva annientato l’opposizione irachena. Ma, come onestamente ammette il comandante statunitense di quella battaglia di carri armati, il Colonnello Macgregor, l’esito dipese in gran parte dal caso, visto che l’opposizione irachena era poco motivata.

Tuttavia, “73 Easting” è solo un mito della NATO, trasformato nella dottrina generale per le forze ucraine, una dottrina adattata alle particolari circostanze dell’Iraq.

La superbia – in linea con il video del Daily Telegraph – sta nel cercare di imporre una narrazione unitaria di una futura “vittoria” occidentale anche sulla sfera politica russa. È una vecchia storia secondo cui la Russia è debole militarmente, politicamente fragile e incline a fratture. Conor Gallagher ha dimostrato, citando ampiamente, che questa stessa storia si ripeteva durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l’Occidente sottovalutava la Russia e sopravvalutava le proprie capacità.

(https://strategic-culture.org/news/2023/07/17/a-bonfire-of-the-vanities/)

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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