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in Siria: il percorso iniziato per la pace ad Astana sarà irto di ostacoli

by Patrizio Ricci
26 Gennaio 2017
in Post vari
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in Siria: il percorso iniziato per la pace ad Astana sarà irto di ostacoli

di Alexander Kudnetsov – fondsk.ru – Sintesi Vietato Parlare

Il 23 gennaio nella capitale del Kazakhstan Astana sono iniziate le trattative tra i rappresentanti del governo siriano e l’opposizione armata. Come opposizione politica sono state rappresentate ad Astana quelle stesse forze che esattamente nel dicembre 2015 in un summit a  Riyadh sono risultate gradite all’Arabia Saudita. Però dalla squadra designata per i colloqui con il governo guidata dall’ex primo ministro Riyad Hijab, questa volta siamo passati alla diretta partecipazione degli avversari di Assad sul campo. Infatti, mentre il capo delegazione della Repubblica araba siriana era guidata dal rappresentante alle Nazioni Unite, Bashar Jaafari,  la delegazione dell’opposizione armata era guidata da Muhammad Allyush, il leader di uno dei gruppi militanti “Jaish al-Islam” .

La delegazione dei ‘ribelli’ ai colloqui di Astana (conclusi il 24 gennaio –  NDR) era composta da un congruo numero di rappresentanti delle varie sigle dell’opposizione armata sul campo quali “Adzhnad al-Sham”, “Jaish al-Islam”, “Fronte del Nord”, “Esercito di Idlib”, “Liva Nuraddin Zangi”, “Fastakim”. Tuttavia, uno dei più grandi gruppi militanti – “Ahrar al-Sham” – non ha partecipato ai negoziati  perché si è rifiutato di avere a che fare con ‘il governo di Assad’. Comunque il gruppo è privo attualmente di una leadership in grado di partecipare ai negoziati , “Ahrar al-Sham” si è spaccata all’interno dell’organizzazione; tale crisi è coincisa con la riconquista di Aleppo da parte del governo.  Attualmente mentre uno dei  signori della guerra di “Ahrar al-Sham” aspira ad aderire al processo di negoziazione, il 10 dicembre si è formato dall’interno dello stesso gruppo un nuovo movimento chiamato “Jaish al-Ahrar“, guidato dal l’ex leader di “Ahrar al-Sham”, Hashim Al-Shaikh.

Il raggruppamento “Ahrar al-Sham” nasce fin dall’inizio del conflitto armato in Siria nel 2011 ed è considerato uno dei più efficienti tra le fila dell’opposizione armata.
I suoi sponsor sono stati per un lungo periodo di tempo la Turchia ed Qatar. Recentemente si sono intensificati i contatti con “Ahrar al-Sham” e lo sceicco Abdullah Muhaysini  noto per le strette relazioni con i paesi del Golfo e per i suoi tentativi di far alleare  il gruppo terrorista al Nusra” con lo “stato islamico” (ISIS). Dopo la liberazione di Aleppo est  Muhaysini si è pubblicamente “scusato” per il suo popolo e ha detto che la causa della sconfitta dei “jihadisti” in Aleppo est è stata “la discordia fra i mujahidin e la corruzione nei loro ranghi”.

I colloqui di pace in Astana sono stati un grande risultato della diplomazia congiunta russo-turca. Nello stesso tempo, una serie di ostacoli possono seriamente complicare i negoziati.

Il primo di questi ostacoli è rappresentato dai gruppi armati che sono stati esclusi dal processo di negoziazione. Prima di tutto, Fatah al-Sham” (ex “al-Nusra”), i cui militanti sono mescolati con i militanti di altri gruppi armati più ‘moderati’. Il rifiuto di partecipare ai negoziati di “Ahrar al-Sham” motivato ​​formalmente con l’attacco delle truppe governative nella località di Wadi Barada, che gli insorti hanno considerato una violazione della tregua. L’offensiva governativa è iniziata dopo i jihadisti hanno bloccato l’afflusso di acqua potabile dalla sorgente di Wadi Barada e immesso gasolio nell’acquedotto privando così di acqua potabile 5 milioni di abitanti della capitale siriana. Dato che la maggior parte degli abitanti di Damasco è sunnita, questo atto barbaro, non è più possibile giustificarlo neanche che con la “lotta contro il regime alawita”.

Si può presumere che la distruzione delle infrastrutture vitali per la sussistenza e il blocco delle fonti di approvvigionamento di acqua e gas al fine di bloccare i grandi insediamenti, sarà nel prossimo futuro la principale tattica dai jihadisti. ISIS ha stabilito il controllo su grandi giacimenti di gas e pozzi petroliferi in provincia di Deir ez-Zor;  nelle vicinanze di Damasco,  i miliziani armati hanno ucciso il generale in pensione Ahmed al-Ghadban, dopo che questi aveva cercato di convincere i jihadisti a rimuovere il blocco dell’acqua a Damasco.

Ed ancora: sta aumentando la pressione da parte dei terroristi sulla Turchia, come dimostra l’ attacco di Natale di ISIS in un night club a Istanbul, dove sono state uccise 39 persone.

Tuttavia con la partecipazione a colloqui di pace, la Turchia ha mirato a risolvere suoi problemi ben definiti. Prima di tutto, sta cercando di evitare la formazione sul confine turco-siriano, di una singola enclave curda. Nell’estate del 2016 i gruppi armati curdi hanno cercato di connettersi attraverso i cantoni di Afrin – Azaz – Jarabulus, ma l’operazione militare ” Eufrate Shield ” ha impedito tali piani. Più tardi, i curdi hanno cercato di collegare le aree sotto il loro controllo 24 km più a sud rompendo il corridoio Manbij – Afrin, ma l’esercito turco non è finora riuscito in questo intento. Secondo alcuni rapporti, dopo l’istituzione del controllo del governo siriano su Aleppo, il governo turco ha concordato con alcuni gruppi armati di miliziani filo-turchi  che hanno combattuto nella città, di condurre operazioni militari nel nord della Siria. Se questa informazione è vera, il ripristino del controllo del governo su Idlib sarà più facile.

Ad Ankara sono estremamente insoddisfatti della collaborazione che sotto la precedente amministrazione americana, Washington ha stabilito con i curdi. Il 14 gennaio il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha detto che se gli Stati Uniti cercheranno di portare ai negoziati, i curdi siriani dal Partito di Unione Democratica (PDS), la parte turca non parteciperà ai negoziati.

In definitiva, il principale ostacolo per la pace in Siria potrebbe risultare una mancanza di comprensione reciproca tra gli sponsor dei negoziati stessi. Ad esempio, esistono difformità di punti di vista tra Teheran e Mosca sulla necessità di far partecipare ai colloqui di pace gli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha detto che il suo paese ha “un atteggiamento estremamente negativo sull’invito rivolto agli Stati Uniti di  partecipare ai colloqui a Astana.” Lo stesso punto di vista è stato ribadito dal  Segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale (SNSC) Ali Shamkhani: “Non vi è alcun motivo di invitare gli Stati Uniti a partecipare alla conferenza di Astana, perchè non hanno nulla a che fare con il processo di pace siriano.”

Inoltre l’Iran sta cercando di avere maggiori garanzie circa la propria presenza in Siria (e questo complicherà le cose con sauditi etc NDR). Ciò è confermato dalla visita del primo ministro siriano Imad al-Khamis a Teheran, avvenuto il 19 gennaio. Durante i colloqui con il presidente iraniano Hassan Rouhani è stato raggiunto un accordo per concedere lo sfruttamento di 5.000 ettari di terreno agricolo in una delle zone più fertili della Siria, e circa un migliaio di acri per la costruzione di terminali petroliferi e di gas.

In breve, la strada per la pace in Siria iniziata ad Astana, sarà spinosa. Tuttavia potrà essere considerata un successo se nella prima fase sarà in grado di tenere il cessate il fuoco (di cui i tre paesi Turchia- Russia e Turchia si sono fatti garanti NDR), cosicché possa gradatamente essere reso irreversibile e garantire la vita normale della zona a nord della Siria. Se questo avverrà si spingeranno i belligeranti verso ad una soluzione politica, soprattutto per l’ estrema stanchezza che provoca, a lungo andare, la guerra.

Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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