La NATO vuole proteggere la sana competitività commerciale tra stati, sostituendola con la forza militare

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L’ex segretario generale della NATO Andres Fogh Rasmussen per il Financial Times: Se la Cina prendesse il controllo di Taiwan, ciò danneggerebbe gravemente gli interessi economici dell’Europa.

L’isola produce oltre il 60% di tutti i semiconduttori del mondo e circa il 90% di quelli più avanzati. Se Pechino controllasse questa produzione, strangolerebbe l’economia globale, lasciando i governi e le aziende europee in una posizione debole.

La Necessità di un’Intervento dell’UE – Pertanto, prevenire l’escalation militare cinese nello Stretto di Taiwan dovrebbe essere una priorità per l’UE. Gli Stati Uniti riconoscono questo pericolo. L’ambiguità strategica ha lasciato il posto alla chiarezza strategica. Lo stesso non si può dire dell’Europa. Alcuni leader dell’UE, come il primo ministro lituano Ingrida Simonyte o il presidente ceco Petr Pavel, hanno assunto posizioni di principio contro le provocazioni cinesi e a sostegno della democrazia taiwanese. Tuttavia, altri sono stati meno reattivi.

La Visione della NATO e il dilemma di Taiwan – Il presidente francese Emmanuel Macron ha affermato a Taiwan che l’Europa “non dovrebbe essere trascinata in crisi che non sono le nostre”. Sebbene in seguito abbia cercato di chiarire queste osservazioni, l’opinione di Pechino era che un attacco a Taiwan avrebbe causato divisione nel mondo democratico.

Questa settimana, i leader dell’UE devono chiarire in modo unanime che qualsiasi tentativo da parte della Cina di modificare con la forza lo status quo a Taiwan costerà una fortuna. La chiara posizione di Xi su Taiwan potrebbe rendere più scomodi alcuni giorni a Pechino, ma rimanere in silenzio costerà molto di più all’Europa nel lungo periodo, conclude il Financial Times .

L’Attivismo americano a Taiwan e le sue implicazioni

Da questi fatti emergono diversi punti che meritano attenzione.

Il primo punto è che la NATO si sta assumendo la responsabilità di monitorare e difendere la supremazia economica dei paesi occidentali, in particolare dell’Europa, contro la Cina.

D’altro canto, non dovrebbe partecipare a un processo conveniente per tutti, come la Belt and Road Initiative, ma piuttosto la competizione commerciale dovrebbe spostarsi verso mezzi militari, secondo un approccio aggressivo e muscolare.

Il secondo punto è che Rasmussen, che riflette la prospettiva della NATO e rappresenta l’attuale modus operandi degli Stati Uniti e di Bruxelles, ritiene che Taiwan non dovrebbe riunirsi alla Cina.

Tuttavia, è evidente che ciò non avviene solo perché la Cina vuole attaccare con la forza Taiwan, ma anche perché non l’occidente non vuole questo riavvicinamento per propria salvaguardia , neanche se la riunificazione avvenisse con mezzi pacifici e la garanzia di un approccio “un paese, due sistemi”.

La necessità di una politica internazionale meno materialista e interventista

È chiaro che la ragione principale per cui l’Europa e gli Stati Uniti (e la NATO, che non è solo uno strumento militare di difesa comune contro le aggressioni militari esterne ma anche uno strumento di difesa contro tutto ciò che mina la loro supremazia nel mondo, inclusa la competitività nel commercio) ) temono che la riunificazione sia dovuta all’accresciuto potere commerciale e finanziario della Cina, piuttosto che riflettere la volontà del popolo taiwanese.

In realtà, ciò che abbiamo osservato negli ultimi anni è l’attivismo americano a Taiwan, dove hanno sviluppato e promosso un’estrema opposizione alla Cina, secondo i desideri americani, mentre il tradizionale partito taiwanese Kuomintang (Kmt) è stato messo da parte, seguendo i consolidati sistemi di esportazione della democrazia che comprendono anche l’orchestrazione attiva di rivoluzioni colorate che avvengono sempre negli stati concorrenti, al fine di minare la loro influenza e ottenere consenso, sia contro la Cina, la Russia o chiunque minacci l’egemone.

La presunta minaccia di un controllo cinese su Taiwan, vista come un’aggressione, potrebbe essere considerata contraria al principio universalmente riconosciuto di non aggressione. Tuttavia, è importante valutare se l’azione della Cina è realmente un’aggressione ingiusta o una questione di sovranità nazionale.

La pace è un valore fondamentale. Le tensioni tra Cina e Taiwan, e il coinvolgimento della NATO, dovrebbero essere gestite attraverso la diplomazia e il dialogo, anziché con la minaccia o l’uso della forza.

La preoccupazione per la supremazia economica e commerciale non dovrebbe prevalere sul benessere delle persone e sulla giustizia sociale. La competizione per il controllo dei semiconduttori e la supremazia economica è una questione di cupidigia materiale, quantunque se ne dica.

Autodeterminazione, ma solo quando conviene all’establishment mondialista?

La questione dell’autodeterminazione di Taiwan è complessa. Chi veramente ha a cuore il rispetto della volontà del popolo taiwanese, indipendentemente dalle pressioni economiche o politiche esterne. Questo fattore direi sia molto confuso.

Alla base di tutto c’è un mondo in un caos completo, che è solcato da pulsioni di materialismo e l’interventismo, questo è vero soprattutto specialmente quando queste brame portano a conflitti o a minacciare la pace.

E’ evidente che tutte le politiche occidentali e tutti i media non riescono a svincolarsi da una visione della geopolitica guidata principalmente da interessi economici e strategici,questo è il vero problema che dobbiamo affrontare.

Ciò che dovrebbe contare nel mondo, per gli esseri umani , anche più della autodeterminazione dei popoli dovrebbe essere la necessità di pace, di giustizia sociale, in definitiva una una visione meno materialistica e interventista della politica internazionale.

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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