La Chiesa e la crisi siriana: la necessità di una posizione più chiara e coerente sulla vicenda

Fides, in un articolo a firma di Victor Gaetan dal titolo “MEDIO ORIENTE – Dopo il terremoto, i Paesi arabi riabbracciano la “nazione paria” La fine all’isolamento della Siria vista dalla Santa Sede  “, affronta alcuni temi cruciali. Innanzitutto mette in evidenza che la Siria, “devastata dalla guerra e dalla pandemia, è stata colpita anche da un terremoto che ha causato la morte di seimila persone e costretto 330mila persone a sfollare.

Fides prosegue, dicendo che la catastrofe del sisma ha portato ad un’inaspettata riapertura diplomatica della Lega Araba nei confronti della Siria, culminata con l’invito del “governo di Assad” a rientrare nel forum regionale. L’agenzia afferma che la Santa Sede, insieme alle Chiese locali, ha sempre chiesto la fine dell’isolamento della Siria e ha sostenuto la diplomazia dell’incontro tra i diversi Paesi della regione, senza seguire la politica del “cambio di regime” adottata dall’Occidente. Inoltre, la Santa Sede e i Capi delle comunità cristiane hanno deplorato le sanzioni contro la Siria, che colpiscono le popolazioni impoverite e complicano gli sforzi di soccorso.

La Chiesa e la crisi siriana: la necessità di una posizione più chiara e coerente sulla vicenda

Non posso che giudicare molto positivamente la posizione del Vaticano ma dalla Santa Sede ci si attenderebbe qualcosa di più. Ci si aspetterebbe che la Chiesa sostenesse gli sforzi di pacificazione e di dialogo tra i diversi attori della crisi, invece di riferirsi solo alla crisi generata dalla guerra o al terremoto. Nutro ancora la speranza che la Chiesa approfondisca le cause e le responsabilità della crisi siriana, invece di limitarsi a descrivere gli effetti di base della crisi.

Infatti, per anni ed anni la posizione della gerarchia cattolica sulla crisi siriana è stata spesso reticente e poco chiara, preferendo seguire la posizione degli “amici della Siria” e isolare la Siria piuttosto che sostenere la voce dei patriarchi e dei responsabili religiosi siriani che chiedevano di non dare sostegno ai gruppi armati e di lavorare per la riconciliazione nazionale.

Da parte della gerarchia cattolica e dei suoi organi di informazione (Avvenire, Asia News , TV 2000 ed altri) , Da parte della gerarchia cattolica e dei suoi organi di informazione (Avvenire, Asia News, TV 2000 ed altri) ci si aspetterebbe un passo indietro e l’ammissione di essere stati reticenti in merito ai fatti siriani visto che, per anni, nei propri commenti e giudizi sulla guerra in corso è stata costantemente accolta la posizione degli ‘amici della Siria’, ovvero di quei paesi che la guerra l’hanno alimentata, che hanno isolato la Siria e condannato il suo popolo, piuttosto che far propria la voce incessante dei patriarchi e responsabili religiosi siriani. A differenza di questi ultimi, la Santa Sede nei momenti decisivi non ha sostenuto con chiarezza la preoccupazione della Chiesa di Siria che implorava di non dare sostegno ai gruppi armati, ma di lavorare per la riconciliazione nazionale.

Invece di guardare con serietà a chi è l’uomo e di cosa ha bisogno, come la maggior parte dei media nazionali il quotidiano della CEI ha scelto la strada più condivisa dal mondo: la protesta per l’inerzia di una comunità internazionale che non si decideva ad intervenire.
Invece di guardare con serietà a chi è l’uomo e di cosa ha bisogno, come la maggior parte dei media nazionali il quotidiano della CEI ha scelto la strada più condivisa dal mondo: la protesta per l’inerzia di una comunità internazionale che non si decideva ad intervenire.

La Chiesa, come organizzazione internazionale che si batte per la giustizia e la pace nel mondo, dovrebbe fare chiarezza sulle cause della crisi siriana, evidenziando le responsabilità dei Paesi che hanno alimentato il conflitto e hanno condannato la Siria e il suo popolo.

La narrazione occidentale della crisi siriana: la posizione della Chiesa e la tesi di padre Dall’Oglio

Invece la tesi uniformemente proposta e sposata è stata costantemente quella di padre Dall’Oglio  il quale ha sempre espresso una pretesa di cambiare la realtà e sopprimere le ingiustizie tramite le rivoluzioni.  È la convinzione che, caduto ‘il dittatore’ e distruggendo lo stato, il male finisca, come se il sangue sparso non avesse conseguenze, ed il ‘potere’ si debba sempre necessariamente identificare con l’assolutismo senza tener conto della storia e delle circostanze locali.

Io ho seguito le vicende siriane fin dai suoi drammatici inizi e vi dico che non è così, non mi risulta che la Santa Sede abbia mai assunto una posizione chiara in merito della natura del conflitto. Anzi è emerso come la gerarchia ecclesiastica abbia spesso fatto l’occhiolino alle milizie ribelli (come all’isola di Lesbo), uniformandosi alla narrativa di guerra occidentale, totalmente a favore dei distruttori.

una copia standard di Avvenire sulle vicende siriane
una copia ‘standard’ di Avvenire sulle vicende siriane

Il riavvicinamento della Siria alla Lega Araba: la mancata menzione del ruolo fondamentale di Russia e Cina

E’ un dato di fatto che il riavvicinamento sia stato possibile anche grazie a Russia e Cina, ma il loro merito non viene neanche citato. Paradossalmente, Pechino e Mosca hanno avuto sempre una lettura esatta degli eventi ove la Santa sede è stata non solo carente ma omologata ai nemici del popolo siriano. Questo è il vulnus che brucia le chiese in Francia. La Santa Sede non solo non avrebbe dovuto isolare la Siria ma appoggiare il suo governo senza esitazioni o remore, perché lo Stato è stato aggredito da decine di Stati, compresa la UE e con tanto di piano statunitense, , il famoso Timber Sycamore (vedi qui, qui e qui).

Conclusioni

Il ruolo della Chiesa nella situazione siriana è stato molto ambiguo negli anni della cosiddetta rivoluzione . La posizione della Santa Sede, dei giornali cattolici e di movimenti come la Comunità Sant’Egidio (ma anche Comunione e Liberazione tramite Tracce ed il Meeting di Rimini) è stata spesso molto prudente e reticente nel prendere posizioni definitive sulla crisi in corso, pur ascoltando le testimonianze dei religiosi siriani come padre Ibraim (parroco di Aleppo), o mons. George Abou Kazen (vescovo di Aleppo) o suor Yola, ma senza sposarne il giudizio.

Questa reticenza a chiamare gli eventi con il proprio nome e ad esprimere un giudizio netto sulla situazione siriana può essere vista come un limite della Chiesa e della sua capacità di intervenire diplomaticamente all’infuori delle crisi umanitarie. C’è una tendenza a confondere i problemi naturali con problemi politici e sociali più complessi, ma questo può portare ad una mancanza di chiarezza sulla situazione e sulla necessità di prendere posizioni forti per risolverla.

Inoltre, il principio di sussidiarietà, che si basa sull’idea che ogni livello di governo o organizzazione debba assumersi la propria responsabilità e risolvere i problemi a livello locale, non ha sempre funzionato nella dinamica dei Paesi arabi. In Siria, ad esempio, la situazione è stata risolta in larga parte grazie alla perseveranza del presidente Assad e alla vittoria del popolo siriano, piuttosto che grazie ad una collaborazione regionale basata sul principio di sussidiarietà.

In sintesi, per affrontare la situazione siriana e simili crisi di conflitto ed umanitarie, la Chiesa dovrebbe essere più determinata nel prendere posizioni nette e sostenere la solidarietà e la giustizia internazionale basata sulla diplomazia dell’incontro e del dialogo.  L’autocoscienza degli eventi è di fondamentale importanza, perché la redenzione di uno interessa tutti ed il peccato di uno interessa tutti. Perciò la storia deve essere raccontata in modo sincero e oggettivo, per permettere una comprensione più profonda delle dinamiche che valgono veramente nella vita di uomo e per testimoniare ciò che vale veramente.

 

 

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