La Nuova Europa? Il parlamento ucraino ha vietato musica e libri russi e bielorussi

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In Ucraina il 67% della popolazione parla ucraino, la seconda lingua più popolare è il russo. Il monolinguismo in ucraino è molto raro e probabilmente esiste solo tra gli altipiani della Transcarpazia. È da notare che il russo è molto diffuso nella parte meridionale e orientale dell’Ucraina, come è la lingua più popolare nelle città (maggioritaria a Kiev ed Odessa); mentre l’ucraino rimane dominante nelle zone rurali e nella parte occidentale del paese.
In seguito alla Rivoluzione ucraina di 2014, il parlamento del paese ha votato contro la legge sulla lingua regionale e ha reso l’ucraino l’unica lingua ufficiale nel paese. In definitiva, un tentativo forzoso di assimilazione culturale che ha provocato un effetto domino.

Come potete immaginare, la tendenza da parte del governo all’assorbimento culturale dal russo all’ucraino con la guerra è accelerata. Questo è abbastanza singolare e non ha nulla di razionale, perché una lingua non necessariamente implica l’accettazione di un sistema politico. Immaginate se in America latina si facesse la stessa cosa per il portoghese.

Tuttavia, la tendenza ad un’eliminazione artificiale della lingua russa si è ora estesa anche nell’arte e nella letteratura.“La Verkhovna Rada, il Parlamento unicamerale ucraino, il 19 giugno ha approvato una legge che vieta la musica russa eseguita pubblicamente o dai media. Lo stesso testo vieta anche l’importazione e la distribuzione di libri e di qualsiasi prodotto editoriale dalla Russia e dalla Bielorussia, riporta il New York Times. Inoltre, è prevista la distruzione di 2 milioni e mezzo di libri scritti in russo”; il ministero della cultura ucraino sta infatti lavorando per rimuovere la letteratura russa dalle collezioni delle biblioteche. La corrispondente dichiarazione ai media è stata rilasciata dal vice capo del ministero della Cultura Larisa Petasyuk.

“Oleksandra Koval, direttrice dell’Ucraino Book Institute, ritiene che più di 100 milioni di copie di libri dovrebbero essere rimosse dalle biblioteche pubbliche, tra cui i classici russi”. riporta la pubblicazione greca RUA.

L’agenzia Ukrinform informa che a fronte della totale eliminazione della musica russa ci sarà più musica ucraina alla radio e alla televisione e la lingua ucraina sarà utilizzata in misura maggiore. Le restrizioni si applicheranno “fino alla liberazione di tutti i territori ucraini occupati dalla Russia”, ivi compresa la Crimea a maggioranza russa passata alla Crimea solo nel 1954

È da notare che una decisione simile può trovare corrispondenti solo dalle pratiche messe in atto da parte della Germania nazista, quando, il 10 maggio 1933, a Berlino e in altre città tedesche decise di passare al Bücherverbrennungen, i roghi dei libri.

Questo accostamento può sembrare eccessivo, ma in effetti non lo è. Perché sebbene le circostanze non siano le stesse, l’imposizione di limitazioni linguistiche e culturali per una parte della popolazione in Ucraina, è avvenuta prima dell’invasione russa. Quindi, come espressione di una fobia anti-russa che sicuramente ha moltiplicato ed aggravato le vicende politiche successive stesse.

Il coinvolgimento della cultura nella guerra è fatto assai opinabile. Bisognerebbe tenere fuori la cultura e l’arte dalla logica di guerra. Tuttavia, anche in Europa è stata parzialmente applicata tale logica, ove a musicisti, scrittori e studiosi è stato vietato di tenere concerti e conferenze a causa della loro nazionalità.

Stessa cosa si può dire per il tipo di sanzioni estese anche ad imprenditori russi, verso i quali si è adottato indifferentemente il nome di oligarchi. L’adozione di una serie di termini impropri tutti aventi una accezione negativa, esplicita palesemente ciò che da tempo era nascosto; ovvero un conflitto tout court tra occidente e Russia, ove il principale fattore di scontro è da individuare nella volontà di Washington di rimanere unica potenza globale e non nelle problematiche da cui nascono i conflitti locali. Questi da Obama in poi sono indotti o almeno facilitati, per la realizzazione di quello che Naomi Klein nel suo libro Shock Economy chiama caos costruttivo.

VPNews

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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