Intervista di radio vaticana all'inviato del Santo Padre in Libano, cardinale Sarah

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D. – Eminenza, lei ha quindi incontrato questi profughi siriani: temono una deriva integralista islamica nel loro Paese?R. – I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà più un cristiano nella regione.
[pullquote]R. – I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà più un cristiano nella regione.[/pullquote]
D. – Anche perché il conflitto non sembra risolversi in tempi brevi?
R. – Non sembra, non sembra, perché sia il governo che i ribelli sono determinati a vincere; ciascuno vuole vincere e, così, non si ferma la guerra. Speriamo che la comunità internazionale possa intervenire per discutere e portare la pace in questo Paese.
D. – Lei crede che questa unificazione dell’opposizione possa aiutare a trovare una risoluzione al conflitto?
R. – Ciò che posso dire è che, almeno, abbiamo una struttura con cui discutere, perché prima non si sapeva con chi sedersi e parlare. Però io non so rispondere se questa struttura sarà un evento positivo per portare la pace. Speriamo. Preghiano che il Signore dia più saggezza a queste persone che credono nella soluzione della guerra. Che il Signore possa far capire che solo nel dialogo e nella riconciliazione si può trovare più tranquillità, più pace, e soprattutto sollevare dalla sofferenza il popolo siriano.
D. – Annunciando la sua missione in Libano, il Papa ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia tutto il possibile per la Siria perché un giorno, ha detto, “potrebbe essere troppo tardi”. Crede che siamo ancora in tempo per mettere fine a questo sanguinoso conflitto?
R. – Io penso che se la Comunità internazionale ascolta la voce del Santo Padre e decide di sedersi per discutere, possiamo trovare una soluzione, però bisogna ascoltare la voce del Santo Padre, che cerca veramente di fermare le violenze e portare la pace in Siria. Questo vuol dire che non soltanto i siriani, ma la comunità internazionale è decisa ad aiutare questo popolo a trovare la pace nell’incontro, nella discussione, nel dialogo. Noi cristiani dobbiamo pregare, perché il Signore ha detto: senza di me non potrete fare niente. Non dobbiamo escludere Dio nella negoziazione e per questo la voce del Santo Padre, il richiamo quotidiano a pregare per la Siria, mi sembra una voce importante, non soltanto per questa situazione in Siria. Sappiamo che tanti conflitti nel mondo stanno portando sofferenza e morte a tante popolazioni. Io credo che la voce del Santo Padre sia ascoltata e, così, questa nuova struttura dell’opposizione potrà essere un momento di dialogo, con l’aiuto della comunità internazionale.

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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