#Siria – Ipotesi di disintegrazione della Siria in corso

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Si ricomincia a parlare di suddivisione della Siria secondo i gruppi etnici e religiosi. Il Segretario di Stato USA Kerry parla di questa ipotesi come si trattasse di tragica fatalità, come i terremoti che originano da cause naturali: come se gli eventi che hanno determinato i fatti correnti, si fossero creati da soli.

di Patrizio Ricci

Spartizione della Siria vuol dire subordinazione, la nascita di staterelli suddivisi per gruppi etnici, vuol dire non riuscire  in maniera equa a poter accedere alle risorse, equivale all’irrelevanza politica ed a conflittualità permanente, alla scomparsa dei cristiani ed alla nascita di un nuovo stato fallito.Eppure, “Se aspettiamo troppo, potrebbe poi essere troppo tardi per tenere unita la Siria” ha detto l’altro giorno Kerry, di fronte al Senato statunitense. Ed ha aggiunto: “C’è una discussione significativa che si svolge ormai su un piano ‘B’ nel caso in cui non riuscissimo a farlo intorno al tavolo negoziale“.Quello di cui Kerry parla, in realtà, è un piano di una guerra già in atto da 5 anni. E’ il piano operativo preparato dagli americani e dai sauditi nel 2011

Saudi Prince Bandar bin Sultan (R) welcomes former British prime minister Tony Blair on his arrival in Jeddah September 3, 2007. REUTERS/Saudi Press Agency/Handout (SAUDI ARABIA). EDITORIAL USE ONLY. NOT FOR SALE FOR MARKETING OR ADVERTISING CAMPAIGNS.
Saudi Prince Bandar bin Sultan (R) welcomes former British prime minister Tony Blair

per smembrare la Siria. Si chiama “piano Feltman-Bandar”: è trapelato grazie alla pubblicazione su Wikileaks di migliaia di documenti riservati, trafugati all’agenzia di consulenza d’intelligence Straffor, del Dipartimento della Difesa Usa .

I nomi degli autori che l’hanno redatto sono eloquenti: Feltman non ha bisogno di commenti, è l’incaricato USA negli anni 80′ che si è occupato di polverizzare i Balcani (da qui è stato coniato il nuovo termine ‘balcanizzazione‘…). Anche l’altro estensore è famoso, è il capo dei servizi segreti sauditi,  principe Bandar Bin Sultan. Conosciuto anche come Bander-Bush per i suoi legami estremamente amichevoli con la famiglia Bush e introdottissimo nella Cia: è vero specialista della cospirazione e della divisione. Questo alcuni istruzioni su come ‘dividere ed imperare’, messe tutto nero su bianco sul ‘Feltman- Bandar Plan’:

1– The “Fuel”: educated and unemployed youths who are to be linked in a decentralized way.
2- The “Thugs”: outlaws and criminals from remote areas, preferably non-Syrians.
3– The “Ethnic-Sectarians”: young people with limited education representing ethnic communities that support or oppose the president. They must be under the age of 22.
4- The “Media”: some leaders of civil society institutions which have European funding not American, to conceal US role.
5– The “Capital”: traders, company owners, banks and commercial centers in Damascus, Aleppo and Homs only.
Obiettivo ricercato: far tornare la Siria all’età della pietra (qui trovate maggiori particolari nell’articolo su New Western Outlook ).

Il piano Feltman – Bandar è solo un capitolo di uno ‘sforzo più strutturato’ per rimodellare un ‘nuovo medioriente’ (nell’ambito della politica di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, in particolare nella lotta contro il terrorismo), ciò che accade in Siria è l’applicazione delle politiche americane che partono da decenni addietro. Esse sono definite nel grande piano per il medioriente (a cui anche la strategia operativa Feltman -Bandar si richiama) che si chiama ‘Greater Middle East Iniziative‘ (GMEI).
Tutta la nuova politica estera americana in medioriente, è guidata dal GMEI: la guerra del Golfo, la guerra in Afganistan, la guerra di Libia, il rovesciamento di Assad ed il depotenziamento dello stato siriano. Nel 2006 un’altra variante che ha come nome “Nuovo Medio Oriente” sostituirà il primo.  L’area interessata  da ‘rimodellare’ va dall’Oceano Atlantico (a ovest) al Pakistan (ad est) e dalla costa turca del Mar Nero (a nord) allo Yemen (a sud).

chiesaIl progetto doveva essere abbracciato e curato dai membri del G8 di Helsinki nel 2004. Il piano di lavoro comune prevedeva la cooperazione degli stati membri del G8. Il GMEI avrebbe dovuto dare un grande impulso alla Democrazia ed all’ Assistenza in Medioriente: all’uopo si sarebbero dovuti coordinare gli sforzi delle varie fondazioni americane, europee, e altre che sponsorizzano programmi non governativi per costruire la democrazia.
Il National Endowment for Democracy ed altre dovrebbero partecipare a uno sforzo concertato per massimizzare l’efficacia dei loro programmi comuni e indipendenti nella regione. E poi ancora era prevista la partecipazione dei cittadini al governo, microfinanza, iniziative imprenditoriali, finanziamento di nuove piccole imprese in tutta la regione.
Naturalmente anche la Nato avrebbe dovuto dare il suo contributo come in Iraq. Era un progetto a tutto campo, esecutivo. Era da mettere in campo ogni tipo di risorsa, anche la forza militare, intelligence, tutto gli ‘sforzi’ indirizzati contro i regimi considerati ‘ostili’ ed autoritari, sulla falsariga di quando avvenuto in Iraq.

Il programma ‘Greater Middle East Iniziative’ doveva rimanere segreto ma contrariamente alle intenzioni,  è diventato di pubblico grazie ad uno scoop del giornale arabo Al-Hayat, con sede a Londra. Quando fu pubblicato, le reazioni dei paesi arabi furono furiose (19 feb 2004). Probabilmente non hanno gradito che tutto era stato deciso all’insaputa dei diretti interessati, ignorando completamente la sovranità degli stati ed il diritto internazionale.

Il resto, negli anni a seguire, è cronaca: le primavere arabe, la guerra libica, la guerra siriana. Sono gli effetti della politica americana sviluppata dal wolfowitz_rumsfeld_bushPentagono, dalle agenzie di intelligence degli Stati Uniti e dai vari think-tank neocon come il ‘Project for the New American Century‘ (PNAC). In questi circoli troviamo alcuni dei politici più influenti nella storia recente degli Stati Uniti, tra cui l’ex segretario della Difesa Donald Rumsfeld, il vice presidente durantela presidenza  di George W. Bush, Dick Cheney, l’ex presidente della Banca mondiale e l’ex vice segretario di Stato americano Paul Wolfowitz e Richard Perle, l’Assistente Segretario alla Difesa per gli affari strategici globali sotto Ronald Regan.

In definitiva, molti di loro sono stati determinanti a costruire un’azione politica bipartisan per favore i finti conflitti ‘umanitari’ degli ultimi anni. Nel documento programmatico ‘Rebuilding America’s Defenses – Strategy, Forces and Resources for a New Century’  vengono annunciate le guerre di Iraq, Iran, Libia e Siria (pag 63-64): è il famoso piano di attaccare ‘7 paesi in 5 anni’ rivelato dal Comandante Nato Wesley Clark che girava anche negli ambienti del Pentagono già del 2001.

 Nel 2006 l’attività del PNAC, confluirà nel ”Foreign Policy Initiative”, un nuovo ‘think tank’ di politica estera, che possiamo considerare nè più nè meno che il ‘PNAC’ dell’era Obama,  e più precisamente: ”Un gruppo di pressione strategico e intellettuale di Washington che promette di battersi perché l’America continui ad avere una costante presenza diplomatica, economica e militare nel mondo, rigettando le tentazioni isolazioniste’‘ (Foglio 31 marzo 2009).

Comunque, il ‘leitmotive’ ricorrente negli ambienti che contano dell’amministrazione americana, è fin dal 2004, la rimozione di Assad. Ci siamo accorti spesso dell’apparente illogicità: noi che ragioniamo secondo la logica dell’ umanità cristiana, non capiamo perchè un paese che non rappresenta una minaccia debba essere devastato. E’ chiaro che la minaccia che rappresenta la Siria per Washington non è in quando tale ma solo nel contesto in cui gli Stati Uniti vogliono riconfigurare il Medio Oriente. Ed a questo non intendono rinunciare.

Secondo questi antecedenti, il piano ‘B’ prospettato da Kerry, più facilmente metterà come priorità la volontà dei propri partner anzichè quella dei siriani. Cosa accadrà? la risoluzione 2254  delle Nazioni Unite preserva l’integrità siriana, e sembra che De Mistura ‘punti i piedi’, vedremo fino a quando. Vogliamo sperarci.

(autore Patrizio Ricci –   LPL News 24 )

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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