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Attentato a Vienna. È una guerra di civiltà che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi (ma non sta bene dirlo)

by Patrizio Ricci
4 Novembre 2020
in Post vari
0
Attentato a Vienna. È una guerra di civiltà che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi (ma non sta bene dirlo)

Photo by Matt Seymour on Unsplash

Dalla contributrice del blog Karine Bechet sugli attentati di Vienna. Nel suo articolo mette a tema  l’atteggiamento disinvolto ed attendista della comunità occidentale, su islam radicale, immigrazione e terrorismo. Ed infine, osservando presidenti  autorità che riescono a condannare il terrorismo islamico senza pronunciare islamico o immigrazione, è legittimo chiedersi sulla sincerità delle intenzioni e sulla reale capacità di cambiamento.

@vietatoparlare


Nizza, Vienna: quanti attacchi islamici prima di porre fine all’immigrazione di massa?

Quanti attacchi ci vorranno per smettere di accendere candele, di versare lacrime, far cadere un orsacchiotto [sul luogo delle stragi]  e affrontare una massiccia immigrazione, che ha superato i limiti cosa è accettabile per i nostri paesi, che continua a crescere e mette in pericolo la nostra civiltà europea? Charlie Hebdo pubblica cartoni animati a Vienna? L’Austria ha un grande passato coloniale? Per quanto tempo confonderemo tolleranza e debolezza? È una guerra di civiltà che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi. È ora di aprirli e affrontare il problema fino in fondo invece di interrogarsi sugli scaffali dei cibi esaltando le caricature di cattivo gusto, a cui riduciamo la libertà di espressione e la cultura francese.

Dopo quelli di Francia, ed in Austria. [Di attentati] Ce ne sono stati altri, ce ne saranno altri. È una guerra di civiltà che i nostri leader globalisti non vogliono riconoscere, non possono riconoscere. Per calmare la popolazione, di tanto in tanto, esce un Macron che fa una dichiarazione, piena di parole, ma vuota di volontà.

Attentato a Vienna. È una guerra di civiltà che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi (ma non sta bene dirlo) 1

Proprio perché abbiamo già rinunciato a quasi tutto . Se non è iniziato con Macron, il processo è con lui è stato accelerato. Il processo di autodenigrazione, di colpa costante, di legittimazione del razzismo anti-bianco.
Prendiamo alcuni dati da INSEE per capire l’entità del problema:
Nel 2019, 6,7 milioni di immigrati vivono in Francia, ovvero il 9,9% della popolazione totale. 2,5 milioni di immigrati, ovvero il 37% di loro, hanno acquisito la nazionalità francese.  

Quindi 2,5 milioni di persone che poi escono dalle statistiche.

La popolazione straniera  che  vive in Francia ammonta a 4,9 milioni di persone, pari al 7,4% della popolazione totale.

Questo corrisponde alla popolazione di due città come Parigi o cinque volte Marsiglia.

E, sempre secondo INSEE, la maggior parte di loro proviene dall’Africa o dal Magreb:

Nel 2019, il 46,5% degli immigrati residenti in Francia è nato in Africa. (…) I paesi più frequenti di nascita degli immigrati sono l’Algeria (12,6%), il Marocco (12%), la Tunisia (4,5%), la Turchia (3,7%)

E il flusso continua ad aumentare:

Attentato a Vienna. È una guerra di civiltà che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi (ma non sta bene dirlo) 2

La quantità porta alla qualità e invece di continuare ad aprire beatamente i nostri confini, che non esistono più grazie all’Unione Europea, a non poter più espellere i migranti irregolari grazie alla giurisprudenza della CEDU, dovremmo iniziare a porre la questione dell’integrazione (e della possibilità di integrazione) della popolazione che vive – legalmente – sul nostro territorio, con o senza nazionalità francese, ma priva di cultura europea. Ed è cosa molto  molto complicato imparare a a “mangiare repubblicano” riducendo la libertà di parola a poche vignette di cattivo gusto.

Invece di proporre ai giovani immigrati corsi di lingua araba a scuola, che, in ogni caso, non conoscono la cultura araba classica, né questa grande civiltà passata – e non vogliono conoscerla – dovremmo iniziare ad insegnare loro la cultura francese, dato che vivono in Francia.

Invece di annegare la nostra storia e la nostra cultura in un ipocrita magma globalista, potremmo ricominciare a insegnare ai nostri figli la grandezza della nostra storia nazionale, così complessa e turbolenta, per riabilitare i classici che sono i pilastri della nostra civiltà, per fermare flagellazioni collettive e da rispettare, come si rispetta il prossimo.

Ma per questo, ci vorrebbero capi di Stato, che difendono l’interesse nazionale. Abbiamo bisogno di Stati sovrani in grado di far rispettare i propri confini nazionali. Abbiamo bisogno di un popolo orgoglioso delle proprie origini e della propria cultura. Chi è quindi in grado di trasmettere queste cose e non mescolarsi in una massa informe?

È tempo di tornare al ragionamento logico: gli attacchi sono compiuti dagli islamisti, gli islamisti prosperano con l’immigrazione di massa e l’indebolimento culturale, sociale, economico e politico dei nostri paesi. Non possiamo quindi risolvere il problema degli attentati senza porre fine all’immigrazione di massa, senza integrare chi è già legalmente nel nostro territorio, senza smettere di denigrare la nostra storia e la nostra cultura.

Come ha scritto Camus, ” è sempre facile essere logici. È quasi impossibile essere logici fino alla fine “. Perché richiede l’assunzione di responsabilità – che è molto meno comodo che accendere candele e posare orsacchiotti piagnucolando qualche parola contrita – ma tollerante.

Karine Bechet

Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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