Attentato a S. Pietroburgo: i media giustificano

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Un noto blogger, il corrispondente militare Vladlen Tatarsky (nato in Donbass) è morto nell’attentato dinamitardo in un caffè di San Pietroburgo dove stava tenendo una conferenza. La capacità dell’ordigno esplosivo era di oltre 200 grammi di TNT. 15 persone sono rimaste ferite. Secondo i dati preliminari, l’ordigno esplosivo era nella statuetta, consegnata a Vlad da una ragazza, ripresa dalle telecamere ed in seguito catturata.

La giustificazione da parte dei media italiani di questo orrido atto di terrorismo, avvenuta secondo il solito schema di elenco delle colpe dell’ucciso, merita qualche riflessione.

Normalmente a fronte di un atto di terrorismo, la condanna dovrebbe essere unanime, ma così non avviene più. Inoltre, dovrebbe essere ovvio che l’uccisione di una persona, da qualunque parte essa sia schierata, non c’entra con la guerra. Quando parliamo di uccisione di singoli o gruppi di persone al di fuori del campo di battaglia, quando parliamo di azioni guidate dall’odio e tese a provocare massacri ed atti a terrorizzare e suscitare scalpore mediatico, non ci dovrebbero essere dubbi sulla condanna unanime.

sopra, una lettura ricorrente nei giornali. Quindi tutti gli amici di Putin andrebbero uccisi!?...
sopra, una lettura ricorrente nei giornali. Quindi tutti gli amici di Putin andrebbero uccisi!?…

Mi fa un po’ specie ricordare a qualcuno che gli atti di terrorismo e le ‘uccisioni mirate’ dovrebbero essere escluse da qualunque conflitto. Così dovrebbe essere, ma così non è. Ormai, anche gli Stati Uniti – che si autodefiniscono come la patria delle libertà e della democrazia – hanno ‘sdoganato’ l’omicidio. Ne è stata l’ennesima riprova il vile assassinio del gen. iraniano Qasem Soleimani, che nell’occasione era ambasciatore in Iraq come rappresentante di un paese con cui Washington non è in guerra.

Dunque dopo l’omicidio di Daria Dughina riaccade ancora: per l’ennesima volta, chi fa il mestiere di giornalista ha dimostrato di non saper riconoscere un atto di barbarie e razionalizzare che deve essere chiamato in quanto tale. Potremmo dire che l’omicidio della figlia di Dugin è stato come uno spartiacque: una volta che si ritiene razionale e giusto colpire a morte qualcuno che fa parte del mondo accademico e dell’informazione (che ha usato solo la forza delle idee per comunicare il suo pensiero), cosa si riterrà poi non esecrabile?

È veramente sbalorditivo che nel nostro periodo storico, si descrivano le opinioni come reato di incitamento all’odio (magari per una frase mal interpretata lanciata su di un social). Invece, quando si tratta di descrivere qualcosa di così eclatante – una bomba in un locale pubblico, una strage -, addirittura si vada a reperire giustificazioni. È chiaro che I media che rivelano tali bassezze deontologiche dovrebbero essere esonerati e perseguiti a norma di legge, quantomeno essere privati della libertà di fare un mestiere che non meritano più di esercitare.

Quindi anche nel caso di Tatarsky, i media si sono spesi in generalizzati ‘distinguo’ ed in maniera subdola – più o meno ‘subliminale’ –hanno giustificato l’assassinio. Ovviamente, la violenza viene alimentata soprattutto dall’ipocrisia. Allora quando questo accade ormai con quotidianità, non meravigliamoci che il peggio, accettato come nuova normalità, arrivi sino a noi.

Quando tutto è messo in discussione e i basilari principi etici e naturali sono stravolti, vuol dire che è il momento di esercitare la propria libertà nel rispetto della vita umana come ‘data’, perché l’emergenza è spirituale. Il buio si arresterà solo se “fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro” e “spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate …” (C.K Chesterton).

Buona lotta.

*****

nota a margine: Maxim Fomin, che ha preso lo pseudonimo di Vladlen Tatarsky, originario del Donbass, viveva a Makeevka. Dal 2014 è nei ranghi della milizia indipendentista del Donbass. Nel 2020 si è trasferito a Mosca e ha iniziato a dedicarsi alla scrittura, pubblicando diversi libri autobiografici. Dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, Fomin è tornato nel Donbass e si è unito al battaglione Vostok per combattere in quella che, per molti versi, è anche una guerra civile oltre che essere una guerra che ha assunto l’aspetto si un conflitto tra NATO e Russia.
Comunque Vladlen Tatarsky – che ha preso parte attiva nel contrastare le forze ucraine – gestiva attivamente un canale di telegram con lo stesso nome. Il suo ultimo post è di domenica alle 16:00. Ha scritto della preparazione delle forze armate ucraine per l’offensiva. Aveva mezzo milione di followers, ovviamente è stato l’enorme suo seguito a farlo diventare un bersaglio. Ma è chiaro che se si giudica illegittima una invasione che ha la sua storia, tantomeno si dovrebbe giustificare una simile vicenda che attacca l’ideologia ed il pensiero più che il soldato.
Dal 2014, la lista di uccisi dalla parte del Donbass, persone non combattenti, politici e amministratori locali, è molto lunga.

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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