La Russia è destinata ad una sconfitta certa, lo afferma un esimio professore cinese su The Economist. Ma molti interrogativi…

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The Economist ha pubblicato uno stupefacente articolo in cui l’autore dice che nonostante le difficoltà ucraine sul campo di battaglia, alla fine la Russia sarà sconfitta nella guerra contro l’Ucraina.

Essendo l’autore Feng Yujun, professore all’Università di Pechino e  direttore del Centro per gli studi russi e dell’Asia centrale all’Università di Fudan, in Cina, è inutile dire che la sua pubblicazione su The Economist solleva molte domande non tanto sul contenuto quanto sull’autore e sullo scopo della sua pubblicazione.

Vediamo innanzitutto il contenuto dell’articolo esplosivo (neanche il segretario della NATO Stoltenberg è riuscito a trarre conclusioni così sbrigative che sembrano la sintesi della miglior stampa occidentale).

Secondo l’esperto, tra l’altro ex membro del club di discussione internazionale del Cremlino chiamato Valdai, quattro fattori determineranno il fallimento dell’operazione speciale/guerra ucraina per il presidente russo Vladimir Putin.

Il primo è l’alto livello di resistenza e unità nazionale dimostrato dagli ucraini. Il secondo è il sostegno internazionale all’Ucraina che, nonostante il recente calo, rimane significativo.

Il terzo fattore è quello che Feng Yujun definisce la natura della guerra moderna, che dipende da una combinazione di potenza industriale e  sistemi di comando, controllo, comunicazione e intelligence.

La Russia, secondo Yujun, sta attraversando difficoltà nella guerra contro l’Ucraina, e ciò potrebbe essere dovuto al fatto che il Paese non si è ancora ripreso dalla deindustrializzazione vissuta dopo il crollo dell’URSS.

L’ultimo fattore è la mancanza di informazione sulla situazione reale del campo di battaglia. Secondo Feng Yujun, Putin sarebbe caduto in un bozzolo informativo a causa della sua lunga permanenza al potere.

Il Cremlino non dispone di dati di intelligence affidabili e il sistema in cui opera la leadership russa non dispone di un meccanismo efficace per correggere gli errori, secondo l’opinione dell’esperto.

La combinazione di questi quattro fattori rende inevitabile la sconfitta finale della
Russia. Col tempo sarà costretto a ritirarsi da tutti i territori ucraini occupati,
compresa la Crimea.

La vittoria della Russia non è garantita nemmeno dal suo potenziale nucleare, ritiene il professore. Come esempio, cita il ritiro delle truppe americane, dotate anche esse di armi nucleari, dalla Corea, dal Vietnam e più di recente dall’Afghanistan.

La guerra ucraina è diventata un punto di svolta per la Federazione Russa, scrive Feng Yujun: ha messo la Federazione Russa in un ampio isolamento internazionale e ha creato un terreno fertile per “tutti i tipi di cigni neri”.

Inoltre, il conflitto ucraino sta convincendo sempre più le repubbliche dell’ex Unione Sovietica che le ambizioni imperiali della Russia minacciano la loro indipendenza e integrità territoriale.

“Si rendono sempre più conto che una vittoria russa è esclusa, e questi stati si stanno allontanando da Mosca in vari modi: dalla formazione di una politica economica meno dipendente dalla Federazione Russa al perseguimento di una politica estera più equilibrata. Di conseguenza, le prospettive di integrazione eurasiatica di cui parla la Russia sono svanite”, sottolinea Feng Yujun.

Allo stesso tempo, la guerra ha reso l’Europa consapevole dell’enorme minaccia che la Russia rappresenta per la sicurezza del continente e per l’ordine internazionale.

Molti Paesi europei hanno “abbandonato le loro illusioni” sulla Federazione Russa e su Putin. La guerra ha anzi costretto la NATO ad aumentare le spese militari e a dispiegare più attrezzature militari nell’Europa orientale.

L’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO ha inoltre dimostrato l’incapacità di Vladimir Putin di usare la guerra per impedire l’espansione dell’Alleanza del Nord Atlantico.

Feng Yujun ricorda che dall’inizio della guerra la Cina ha “condotto due cicli di mediazione diplomatica” e, nonostante il fatto che un accordo non sia stato ancora raggiunto, “nessuno dovrebbe dubitare del desiderio cinese di porre fine a questa guerra attraverso i negoziati”.

Questo desiderio dimostra che Cina e Russia sono Paesi completamente diversi. La Russia cerca di minare l’ordine internazionale e regionale esistente attraverso la guerra, mentre la Cina cerca di risolvere le controversie pacificamente”, conclude il professore cinese.

Considerazioni

Che dire? Molti delle argomentazioni del professore allo stato attuale sarebbero molto opinabili , in base a dati contrastanti, come la capacità produttiva di munizioni. L’origine non vitale e veritiera del conflitto, l’unità del popolo ucraino rispetto a questa guerra. La mancanza di responsabilità occidentale che poteva evitare di condurre questi due paesi a questo punto.

E’ abbastanza evidente che il ragionamento del professor Feng presenta diverse omissioni e riduzioni. E’ una visione abbastanza soffocante.

Un’analisi completa richiederebbe molto tempo, ma vorrei fare alcune osservazioni critiche. Alcuni punti sollevati dal professore sono in conflitto con l’evoluzione delle posizioni dei vari paesi occidentali rispetto alla guerra, come evidenziato dai sondaggi che variano nel tempo con quote crescenti contro l’invio delle armi in Ucraina.

La sua disamina sembra ignorare la crescente stanchezza verso il conflitto sia in Europa che negli Stati Uniti.

Soprattutto manca completamente una riflessione sulla morale e sulla responsabilità, prevalendo piuttosto un approccio eccessivamente schematico e riduttivo.

Alcune altre considerazioni:

La storia non segue sempre lo stesso schema, come dimostrano esempi quali lo Yemen e la Siria, dove si sono affrontati blocchi ben più sproporzionati, con esiti imprevisti.
Nella migliore delle ipotesi, ciò porta a una situazione di destabilizzazione. Ma cosa accade quando il paese in questione è troppo grande? Si sta forse cercando la sua polverizzazione? Come reagirà il popolo russo a questa prospettiva? E soprattutto, è nell’interesse della Cina una sconfitta della Russia? La Cina si sentirà più sicura? Oppure il prossimo obiettivo sarà la Cina stessa?

Ed ancora altre domande omesse: Il progetto di pace cinese è stato rifiutato sia dalla Russia che dall’Occidente? Chi si oppone almeno al riconoscimento di una sicurezza condivisa? E poi, c’è il termine “regime”, usato per riferirsi al governo russo…

Inoltre, nel formulare ogni giudizio è fondamentale considerare sempre la storia e le specificità di un paese e del suo popolo, tenendo conto delle dimensioni territoriali, della popolazione e del percorso storico. 

Ogni nazione segue un cammino unico, che potrebbe essere visto come tracciato nella mente di Dio. Il comunismo, ad esempio, è stato introdotto in Cina dall’esterno.

L’attuale postura del blocco occidentale, preoccupato per la Cina come concorrente economico, riflette questa dinamica di pensiero.

Certo, l’Occidente possiede molti aspetti positivi, molti dei quali derivano dal cristianesimo, dono che dovrebbe indurre una responsabilità maggiore. Ma l’occidente ha un nemico interno sottovalutato e le sanzioni verso terzi e le ideologie degenerative attuali non cambiano la situazione. Mentre la guerra, vista come soluzione a una crisi finanziaria, rappresenta la scelta prevalente in Occidente. Allo stesso tempo, l’uso della guerra come risposta a una crisi finanziaria si afferma come la tattica predominante in Occidente. Per queste ragioni, non mi sento incline né al compiacimento né all’accusa verso la Cina o altri. Ma è essenziale riconoscere che chi ha ricevuto molto, dovrebbe assumersi grandi responsabilità.

In definitiva, la realtà va esaminata sempre nella totalità dei suoi fattori, affinché alla fine si possa dare un giudizio veritiero, ovvero sofferto.

Non voglio formulare un giudizio definitivo su questo articolo, ma rimango perplesso per come l’autore, nonostante i suoi legami con varie associazioni e organizzazioni russe, sembri offrire una valutazione che potrebbe essere più attesa da giornali come La Stampa o Repubblica che da un intellettuale di tale calibro.

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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