In Finlandia un tribunale ‘laico’ ha condannato la Bibbia per eresia
Un parlamentare e un vescovo finlandesi erano stati condannati da un tribunale come ‘odiatori’, perché avevano recitato versetti della Bibbia in contrasto stridente con la nuova religione gender.
In una significativa sentenza, la Corte d’Appello di Helsinki ha recentemente ribadito l’assoluzione del parlamentare finlandese Päivi Räsänen e del vescovo luterano Juhana Pohjola dalle accuse di “discorso d’odio”. Questa decisione conferma il verdetto iniziale del Tribunale Distrettuale.
Räsänen era stata messa sotto accusa per aver espresso le sue convinzioni cristiane riguardo al matrimonio e alla sessualità, che includevano la pubblicazione di un versetto biblico che condanna gli atti omosessuali e il suo coinvolgimento in un dibattito radiofonico. Allo stesso modo, Pohjola era stato incriminato per aver pubblicato un opuscolo della chiesa nel 2004, scritto da Räsänen, che esprimeva vedute analoghe.
Entrambi erano stati inizialmente prosciolti da queste accuse dal Tribunale Distrettuale finlandese nel marzo 2022. Il 14 novembre, la Corte d’Appello ha confermato questa decisione, sottolineando la mancanza di prove sufficienti per rivalutare il caso in modo diverso e l’importanza fondamentale della libertà di espressione.
Räsänen ha accolto con sollievo questa sentenza, evidenziando la sua importanza nella protezione della libertà di parola. Ha ribadito che la manifestazione di credenze religiose non dovrebbe essere criminalizzate. Il procuratore aveva sostenuto che l’interpretazione di Räsänen dei versetti biblici potesse essere offensiva e quindi considerata criminale, ma la Corte non ha accolto questa interpretazione.
Il processo è stato paragonato a un tribunale per eresia del Medioevo, con la procura che interrogava Räsänen sul suo possibile rinnegamento delle convinzioni, cosa che lei ha fermamente rifiutato di fare. La Corte ha ribadito che per giustificare la restrizione della libertà di espressione, è necessario un motivo sociale imperativo, che in questo caso non è stato ritenuto presente. Resta aperta la possibilità per la procura di fare appello alla Corte Suprema fino a gennaio 2024.