Cultura e Società

Zuckeberg si scusa sulla censura su Facebook

Interessante, la breve disamina del canale Telegram ‘Giubbe Rosse‘ che partendo da un articolo della Verità indica come le piattaforme social hanno agito in modo aggressivo ed estensivo a causa della pressione esercitata dal governo e dalle agenzie governative, che hanno minacciato di cambiare le norme di esenzione della responsabilità per ciò che viene postato dagli utenti:

ALCUNE RIFLESSIONI SULL'”AMMISSIONE” DI ZUCKERBERG
Quello che Zuckerberg vi sta dicendo, naturalmente tra le righe, è che è stato costretto dal governo ad agire in quel modo. Sia chiaro, la nostra non vuol essere in alcun modo una sua difesa d’ufficio. Non nutriamo la minima simpatia per il personaggio e chi ci segue sa che è così. Ma i fatti sono fatti.

La vicenda TwitterFiles ha evidenziato con chiarezza cristallina che decine di agenzie governative, dall’FBI alla CIA, erano presenti a ogni riunione del board con il preciso obiettivo di fare pressione sulla direzione per censurare determinate notizie, oscurare determinati account, veicolare narrative decise dal governo: dall’efficacia dei lockdown e dei vaccini, alla regolarità delle elezioni presidenziali 2020, al Russiagate, passando per il climate change. In situazioni normali, una piattaforma social non ha alcun interesse a bannare o oscurare account e lo fa, di solito, in casi veramente estremi e indifendibili. Questo per il semplice motivo che bannare significa fatalmente perdere un utente e rischiare di vederlo migrare verso piattaforme e servizi concorrenti (come di fatto è accaduto). Se poi quell’utente si chiama Donald Trump, è praticamente certo che a migrare saranno milioni di utenti, con tutto ciò che questo comporta sul piano finanziario.

Dunque, se Facebook, Twitter, YouTube hanno censurato in modo aggressivo ed estensivo, ciò è accaduto perché il governo e il Congresso le hanno letteralmente minacciate: o vi adeguate o aggiorniamo la famosa Section 230, la norma che esenta siti internet e piattaforme social dalla responsabilità per ciò che viene postato dagli utenti. Il che significa, di fatto, che verrebbero equiparate a un qualsiasi editore. Lo stesso è capitato poche settimane fa a Elon Musk in Turchia: il governo gli ha chiesto di rimuovere determinati tweet. L’alternativa era che il governo avrebbe chiuso completamente la piattaforma.

Questo va detto per amore di verità, indipendentemente da ciò che possiamo pensare dei vari Zuckerberg, Dorsey, Musk e compagnia al seguito. È il governo che dà le carte, non le piattaforme social. Zuckerberg vi vende un prodotto: più siete a comprarglielo, più lui è felice. Lui pensa a fare soldi, come qualsiasi altro uomo d’affari.

dal canale telegram Giubbe rosse

In sintesi, riguardo alla censura sui social network, si evidenzia che come i governi, attraverso le loro agenzie di intelligence, abbiano un influsso determinante sulla gestione delle piattaforme social. Questo interferisce con la libertà di espressione online e spinge le piattaforme social a censurare contenuti per paura di perdere la semplificazione giuridica garantita dalla sezione 230. Ciò dimostra che la direzione delle piattaforme social non agisce in modo indipendente dal governo ma è costretta a seguire le sue direttive, anche se questo mette in discussione la libertà di espressione degli utenti.

Redazione online

Blogger con esperienza ventennale, appassionato comunicatore e osservatore della scena internazionale, ho ottenuto riconoscimenti come membro accreditato presso Free Lance International Press, e ho collaborato su importanti testate come il Sussidiario e la Croce, oltre a LPLNews. Prima di dedicarmi al mondo della scrittura, ho servito come militare di carriera, acquisendo competenze e vivendo esperienze in reparti operativi. Ora a riposo, il mio impegno si è spostato verso l'analisi approfondita della politica internazionale, con un focus particolare sui conflitti globali. Durante il mio percorso, ho contribuito in modo significativo all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline. La mia passione per la pace e la giustizia mi ha portato a essere tra i soci fondatori del "Coordinamento per la pace in Siria", un'associazione registrata che ha lavorato instancabilmente per promuovere la pace nella regione attraverso iniziative parlamentari e progetti di aiuto in loco. Inoltre, ho avuto l'onore di far parte del direttivo dell'"Osservatorio per cristiani del Medio Oriente", dove ho collaborato con altre menti dedite a monitorare e affrontare le sfide che i cristiani in Medio Oriente affrontano quotidianamente. Sono determinato a contribuire in modo positivo al dibattito globale e alla promozione di valori di pace, tolleranza e comprensione attraverso i miei contributi e la mia presenza online.

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