Zelensky chiede la pace… ma alle sue condizioni: una farsa diplomatica in scena a Istanbul

di Vietato Parlare

Le cronache di questi giorni ci offrono un nuovo episodio del teatro bellico-diplomatico ucraino, dove le parole “pace” e “negoziati” vengono usate come strumenti propagandistici e non come veri intenti politici. Dopo oltre tre anni di guerra, migliaia di morti, città distrutte e intere generazioni sacrificate, Zelensky si dice ora disponibile a incontrare Vladimir Putin a Istanbul. Ma dietro l’apparente apertura si cela una strategia che non cerca il dialogo, bensì lo scontro mediatico.

Una “disponibilità” solo di facciata

Come già avvenuto in passato, è bastato un segnale da parte di Donald Trump — tornato attivo sulla scena diplomatica — perché Zelensky improvvisamente si mostrasse pronto a sedersi al tavolo negoziale. Ma con quale credibilità?

Appena dichiarata la sua disponibilità, Zelensky ha subito precisato, con tono spavaldo, che sarebbe andato personalmente a Istanbul “ad aspettare” Putin. Una dichiarazione che svela più l’intenzione di costruire una messinscena per attribuire alla Russia la responsabilità di un mancato incontro, piuttosto che un reale desiderio di trattativa. Lo schema è noto: mettere in atto una provocazione diplomatica sapendo che l’altra parte non potrà rispondere come si desidera, per poi gridare all’ostruzionismo russo.

Non a caso, la Russia ha subito fatto sapere che il presidente Putin non parteciperà all’incontro di Istanbul*, e che — come da prassi in ogni trattativa seria — sarà formata una delegazione ufficiale, la cui composizione verrà annunciata una volta che l’evento sarà confermato.

Un precedente poco rassicurante

Zelensky sa bene che i vertici di Stato si incontrano solo alla fine di un lungo processo negoziale, quando le condizioni sono mature e gli accordi sono pronti per essere formalizzati. Pretendere un faccia a faccia diretto con Putin come condizione per iniziare a trattare è quindi una richiesta tanto assurda quanto rivelatrice: serve soltanto a far naufragare il negoziato prima ancora che cominci, imputando alla controparte un rifiuto che in realtà non esiste.

Del resto, non sarebbe la prima volta: a Riyadh, i negoziati tra le parti nemmeno si sono svolti in forma diretta, e i rappresentanti russi e ucraini comunicavano tramite mediatori. Le delegazioni di Russia e Ucraina hanno comunicato indirettamente tramite i mediatori, in particolare attraverso la delegazione statunitense. Gli Stati Uniti hanno infatti condotto colloqui separati con entrambe le parti: il 23 marzo 2025 con gli ucraini e il 24 marzo con i russi, come riportato da diverse fonti. Non ci sono indicazioni di un faccia a faccia diretto tra i negoziatori russi e ucraini durante questo round di negoziati

Lo stesso vale per i colloqui di Minsk, sabotati dalla parte ucraina, con tanto di uccisione sospetta di uno dei negoziatori del Donbass. Non va dimenticato neppure che, nel 2022, uno dei membri della delegazione ucraina venne giustiziato per aver mostrato eccessiva apertura verso Mosca.

Oggi, paradossalmente, è proprio Zelensky — che ha firmato un decreto ancora in vigore che vieta qualsiasi trattativa con Putin — ad accusare la Russia di mancanza di volontà politica. Un ribaltamento grottesco della realtà.

Le condizioni di Mosca: ferme e note da tempo

La posizione del Cremlino non è cambiata. Il Ministero degli Esteri russo ha ribadito che Mosca non accetta ultimatum, specialmente se provenienti da figure “delegittimate e screditate” come Zelensky. I negoziati potranno riprendere solo a partire dalle condizioni già esplicitate da tempo:

  • Riconoscimento delle nuove regioni integrate nella Federazione Russa

  • Cessazione delle forniture di armi occidentali all’Ucraina

  • Impegno formale a rinunciare all’adesione alla NATO

  • Rimozione delle basi militari straniere sul territorio ucraino

Sono queste le basi su cui Mosca è disposta a trattare. Nessuna illusione: senza un’accettazione concreta di questi punti, non esisterà alcuna tregua credibile.

Una finta mossa diplomatica per guadagnare tempo

La richiesta di Zelensky di trattare esclusivamente con Putin è stata scartata da Mosca senza esitazioni. Non solo perché diplomaticamente inappropriata, ma perché è chiaramente strumentale: serve solo a far apparire la Russia come la parte rigida e intransigente. È il solito gioco dell’Ucraina: chiedere colloqui che non può o non vuole gestire, per poi dichiarare fallito ciò che non ha mai cercato davvero.

Dietro questa finta apertura si cela la volontà di guadagnare tempo, consolidare l’aiuto occidentale, rilanciare un’immagine presidenziale sempre più fragile, e soprattutto evitare un vero processo di pace che implicherebbe concessioni politicamente inaccettabili per il regime di Kiev.


Conclusione

Il mondo assiste a un altro atto di un copione già scritto, dove chi proclama di volere la pace fa tutto il possibile per evitarla. Il tentativo di Zelensky di forzare un incontro diretto con Putin non è una proposta di trattativa, ma una trappola comunicativa. La guerra continua, ma non solo sul campo: anche nella retorica, nella propaganda, nelle dichiarazioni. E ancora una volta, a pagare il prezzo più alto, saranno i popoli.

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* nota a margine:  La delegazione russa che parteciperà al vertice di pace con gli ucraini di Istanbul sarà guidata da Lavrov. Il team comprenderà anche diversi assistenti presidenziali, tra cui Ushakov, il più anziano, e rappresentanti delle forze di sicurezza, tra cui il Ministero della Difesa russo.