Zelensky a Davos: il manuale dell’intransigenza (e del malcontento)

Al World Economic Forum di Davos, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha deciso di indossare il cappello del moralizzatore globale, criticando aspramente le nazioni occidentali – Stati Uniti inclusi – per i loro contatti di intelligence con la Russia. Con il piglio di chi pretende fedeltà assoluta, Zelensky ha delineato la sua visione di un isolamento totale della Russia, suggerendo che tutto ciò che non sia piena adesione ai suoi diktat equivale a un tradimento. Una strategia brillante, senza dubbio: alienare anche i pochi alleati rimasti è sempre una mossa vincente, vero?

Le critiche: perché la lealtà ha i suoi standard (e Zelensky li detta)

Zelensky ha espresso tutta la sua insoddisfazione per i rapporti tra i servizi di intelligence occidentali e quelli russi, come se questi ultimi avessero bisogno di un permesso scritto da Kiev. “Sappiamo che a livello di intelligence, gli Stati Uniti e la Russia hanno avuto molti contatti durante questi tre anni di guerra. Anche gli europei non sono stati da meno”, ha dichiarato con tono di velata accusa. Ovviamente, Zelensky non è stato consultato su questi scambi – un’affronto intollerabile, considerato che tutto il mondo dovrebbe prima verificare con lui qualsiasi decisione.

Secondo il presidente ucraino, il dialogo a livello di intelligence è non solo pericoloso, ma addirittura utile alla Russia. “Se i leader non parlano, ma i servizi segreti comunicano costantemente, questo potrebbe essere un bene per la Russia”, ha affermato. La logica qui è impeccabile: meglio nessuna comunicazione e un mondo ancora più polarizzato, perché cosa potrebbe mai andare storto?

Una posizione di forza… o una forza di posizione?

Zelensky ha ribadito che qualsiasi negoziato con la Russia deve avvenire esclusivamente da una posizione di forza. “Se tutti gli alleati del mondo si unissero per richiedere un compromesso, non lo accetteremmo. L’integrità territoriale dell’Ucraina non è negoziabile”, ha dichiarato. In pratica, Zelensky sembra deciso a dimostrare che l’inflessibilità è la virtù suprema, anche a costo di compromettere le alleanze.

La sua strategia è coerente con il divieto assoluto, introdotto due anni fa, di negoziare direttamente con il presidente russo Vladimir Putin. Dialogare? Per carità, troppo banale. Perché discutere quando si può continuare a combattere e, nel frattempo, rinfacciare agli alleati ogni scelta che non passi per il filtro di Kiev?

La strategia della fedeltà incondizionata

Zelensky, ha chiesto un sostegno incondizionato e un isolamento totale della Russia, suggerendo che qualsiasi deviazione da questa linea sia un segno di debolezza. Tuttavia, questa strategia ha un piccolo problema: rischia di spingere alcuni alleati a rivalutare la propria posizione. Perché, dopotutto, è sempre spiacevole essere trattati come complici di un nemico comune.

In un contesto globale in cui le alleanze sono fragili, Zelensky sembra determinato a dimostrare che il suo è l’unico approccio possibile, anche se questo significa dividere piuttosto che unire. Forse l’Ucraina può vincere il conflitto da sola, ma allora perché continuare a chiedere aiuti internazionali?

La sottile arte dell’intransigenza

Le dichiarazioni di Zelensky a Davos dipingono un leader che, se non altro, sa come mantenere alta la tensione. La sua insistenza su un isolamento totale della Russia e sulla priorità degli interessi ucraini sopra ogni altra cosa riflette una strategia audace, ma con rischi evidenti. Mentre la guerra si trascina, il rischio è che questa inflessibilità alieni anche gli alleati più fedeli.

Il mondo osserverà con curiosità se Zelensky saprà adattarsi alle dinamiche globali o se continuerà a recitare il ruolo del leader intransigente. Una cosa è certa: con una tale capacità di critica e un senso diplomatico così raffinato, Zelensky non passerà inosservato. La storia giudicherà se il suo approccio sarà visto come la chiave del successo dell’Ucraina o come l’ennesima occasione persa.

Il costo per l’Europa 

La UE continua quindi a subire le stravaganze di Zelensky, ma la verità è stata ricordata recentemente da Gianandrea Gaiani , direttore di Analisi Difesa:

Se l’Europa si schiera in un contesto come questo, se invece di schierarsi a sostegno degli Stati membri che subiscono questo danno, e cioè l’Ungheria, la Slovacchia, si schiera con Zelensky, e quindi al fianco degli interessi statunitensi, allora noi dovremmo fare un rapido conto e capire che i leader che abbiamo nella UE non stanno facendo gli interessi della UE. Magari anche quelli di oggi domani li vedremo sedere in qualche board di qualche grande banca o società americana, perché questo è quello che stiamo vedendo. Ma la realtà molto concreta è questa: ogni volta che perdiamo un approvvigionamento, una certezza di approvvigionamento, questo ha dei riflessi sui costi per le famiglie e per le aziende.

Quando comincerà la leadership europea e quella nazionale a perseguire gli interessi sovrani?

 

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