Una recensione critica all’articolo di Thomas Röper su Anti-Spiegel, e una riflessione sulle contraddizioni della Germania e dell’Occidente nella gestione della memoria della Seconda Guerra Mondiale.
C’è qualcosa di profondamente ingiusto, e al tempo stesso rivelatore, nella scelta del governo tedesco di escludere ufficialmente i rappresentanti russi dalle commemorazioni dell’80° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Non si tratta solo di un gesto diplomatico: è un atto che incide direttamente sulla memoria storica collettiva, trasformandola in memoria selettiva, amputata, piegata alle esigenze geopolitiche del presente. Un atto che, come denuncia Thomas Röper su Anti-Spiegel nel suo articolo intitolato “Vergognatevi, governo federale!”, non solo offende la verità storica, ma viola la giustizia morale dovuta a chi ha pagato il prezzo più alto nella lotta contro il nazismo.
L’esclusione dei russi: un oltraggio alla memoria storica
“È uno scandalo che il governo federale abbia escluso i rappresentanti russi dagli eventi commemorativi,” scrive Röper, evidenziando l’assurdità di questa scelta.
In nome di una pretesa neutralità o di una presunta “non strumentalizzazione”, Berlino ha di fatto rimosso la Russia dal quadro simbolico e morale della vittoria sul nazismo.
Ma si può commemorare la fine della Seconda Guerra Mondiale escludendo proprio chi, con il sangue di 27 milioni di vittime, ha reso possibile quella vittoria?
Questa decisione appare tanto più assurda se si pensa che la commemorazione dei caduti sovietici è oggi vietata, penalmente sanzionabile, nella stessa Germania che, fino a pochi anni fa, si professava custode della memoria dell’Olocausto e degli orrori del nazismo. È vietato esporre il nastro di San Giorgio, bandiere dell’Unione Sovietica o simboli della Russia.
Ciò che si vieta, insomma, non è un simbolo di regime, ma il simbolo stesso della vittoria sull’ideologia più criminale del Novecento.
Questa esclusione è una rimozione culturale, un tentativo di scollegare la memoria della Resistenza al nazismo dal contributo sovietico. È una riscrittura implicita, subdola, che trasforma la storia in uno strumento di politica estera, dove la verità dei fatti si piega alle alleanze di oggi.
Un paragone scomodo e una domanda inevitabile
Röper accenna, come nota provocatoria, che non si penserebbe di vietare simboli di altri paesi oggi coinvolti in guerre contro civili, ma solo quelli russi. Un richiamo fugace ma sufficiente a mostrare il doppio standard.
Non è questione di equiparazioni, ma di coerenza: perché l’unico popolo che ha pagato il tributo più alto per liberare l’Europa da Hitler viene oggi escluso dalla memoria collettiva europea?
L’ipocrisia dell’Occidente: onorare i carnefici, censurare i liberatori
È qui che l’articolo di Röper si fa più potente e documentato: elenca senza sconti i numerosi casi in cui l’Occidente non solo tollera, ma addirittura onora i collaborazionisti nazisti.
In Canada, esistono monumenti dedicati ai membri della Waffen-SS Galizia, mascherati da eroi della libertà ucraina. A Oakville, la dedica su un monumento parla di chi “morì per la libertà dell’Ucraina”, ma omette di dire che erano volontari delle SS. A Edmonton, si erge una statua in onore di Roman Shukhevych, criminale di guerra responsabile di massacri di civili ebrei e polacchi.
In Lettonia, ogni anno il 16 marzo si celebra la Legione Lettone delle Waffen-SS con parate ufficiali, a cui partecipano perfino membri del parlamento. E nessuna istituzione europea alza la voce, nessuna risoluzione li condanna.
Anzi, nel 2022 la stessa Riga ha demolito il monumento ai liberatori sovietici della città, mentre celebra i veterani delle SS.
In Estonia, le lapidi commemorative dei membri delle Waffen-SS sono parte di un museo che li onora apertamente. Quando, nel 2023, furono imbrattate da ignoti, i media locali si indignarono non per la glorificazione dei nazisti, ma per la “profanazione” delle lapidi.
E in Ucraina? Qui la situazione raggiunge un livello grottesco e inquietante.
Non solo si tengono ogni anno marce in onore della SS Galizia, non solo le strade portano i nomi di collaboratori e criminali di guerra, ma il parlamento stesso ha ufficializzato nel calendario nazionale le ricorrenze di figure come Andrei Melnyk, Roman Shukhevych, Vasil Levkovych, Ulas Samtschuk – tutti direttamente legati a stragi, deportazioni, collaborazioni col Terzo Reich.
Come si può spiegare che l’Occidente, che si proclama difensore della memoria storica, non solo chiuda gli occhi di fronte a queste esaltazioni, ma finanzi con miliardi un regime che fa dei collaborazionisti nazisti i propri eroi nazionali?
La Germania e la vergogna delle Nazioni Unite
Ma il quadro si aggrava ulteriormente con un fatto che Röper denuncia come “lo scandalo più clamoroso”: il voto tedesco contro la risoluzione annuale dell’ONU che condanna la glorificazione del nazismo, del neonazismo e del razzismo.
Un voto che, nel 2022, ha visto la Germania allinearsi con gli Stati Uniti e altri paesi NATO contro una risoluzione che, per definizione, avrebbe dovuto essere sostenuta da chiunque si proclami antifascista.
In passato la Germania si era sempre astenuta, il che già era problematico; ma votare contro significa opporsi attivamente a una condanna universale del nazismo.
Che segnale si manda al mondo? Come si può difendere un tale voto davanti alla storia, davanti ai sopravvissuti, davanti alle generazioni future?
Questa scelta non è neutra: è un segnale politico potente, che rivela l’inversione dei criteri morali e simbolici.
Come può uno Stato che si dichiara “erede della memoria della Shoah e della lotta al nazismo” votare contro una risoluzione che ne condanna la glorificazione del glorificazione del nazismo?
La domanda non è retorica: è un segnale inquietante di un Occidente che, pur di non disturbare certi alleati, sacrifica i propri principi fondativi.
La Russia e il dovere della memoria
In questo contesto, diventa più comprensibile – anche se non automaticamente condivisibile – la narrativa russa di una “lotta contro il ritorno del nazismo” in Europa.
Quando i governi europei votano contro la condanna del nazismo, quando monumenti e parate onorano le Waffen-SS, quando chi portò la vittoria sul nazismo viene escluso dalle commemorazioni ufficiali, come si può negare che si stia riscrivendo la storia?
La denuncia di Röper, pur venata di polemica filo-russa, ci costringe a interrogarci sulle responsabilità dell’Occidente nel tradire la memoria storica.
Non si tratta di giustificare le politiche di Mosca, ma di riconoscere che la manipolazione della memoria storica è oggi più che mai un terreno di battaglia.
Escludere i russi dalle celebrazioni del 9 maggio non è solo un’offesa diplomatica: è una cancellazione simbolica, è l’estromissione dei liberatori dal racconto condiviso della vittoria sul nazismo.
E chi manipola la memoria non solo tradisce la storia, ma tradisce anche se stesso e i valori su cui pretende di fondarsi.
Escludere chi ha pagato il prezzo più alto per la libertà è una forma di tradimento. E chi tradisce la memoria, alla fine, tradisce anche se stesso.