Il 23 aprile 2025, a Londra, si è svolto un incontro tra rappresentanti di Stati Uniti, Ucraina, Regno Unito, Francia e Germania, con l’obiettivo di discutere un cessate il fuoco nel conflitto tra Russia e Ucraina. Ma l’incontro si è presto trasformato in un’esposizione delle profonde fratture che ormai separano Washington e Kiev, e ha mostrato – ancora una volta – quanto l’Europa sia incapace di influenzare concretamente le sorti del conflitto.
L’assenza di Rubio: segnale politico chiaro
La mancata partecipazione del segretario di Stato americano Marco Rubio, sostituito all’ultimo dall’inviato speciale Keith Kellogg, è il segno di un chiaro segnale di disillusione americana. Non si è trattato di un problema logistico, come dichiarato ufficialmente, ma di una precisa scelta diplomatica: Rubio ha evitato di dare un peso politico a un tavolo di confronto che, secondo Washington, non ha ancora imboccato la strada della soluzione concreta.
Già in precedenza aveva detto che non era più disposto a volare il lungo ed in largo per il mondo senza che ci sia la volontà dell’Ucraina ad un accordo.
Zelensky sulla Crimea: un no ideologico che blocca ogni trattativa
Alla vigilia del vertice, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riaffermato che Kiev non riconoscerà mai la Crimea come territorio russo, citando la Costituzione ucraina e riproponendo la Dichiarazione Pompeo del 2018. Ma questo posizionamento rigido, irrealistico, stride fortemente con la dinamica attuale del conflitto: l’Ucraina, oggi, non ha alcuna possibilità militare concreta di riprendere la Crimea o le altre regioni occupate dalla Russia.
Ed è proprio sulla base di questa realtà – non di un tradimento, ma di un’analisi fredda dei rapporti di forza – che gli Stati Uniti hanno avanzato la loro proposta: riconoscimento della Crimea come russa, cessate il fuoco lungo le linee attuali, neutralità dell’Ucraina fuori dalla NATO.
Definire questa soluzione come una “capitolazione”, come fanno ancora molti, è una forzatura ideologica: in prospettiva, Kiev non ha alcun mezzo per rovesciare la situazione sul campo, e continuare a fingere il contrario significa solo allungare il conflitto e aggravare le perdite.
Trump contro Zelensky: “Infiammatorio e irresponsabile”
Il commento più duro è arrivato da Donald Trump, che su Truth Social ha attaccato frontalmente Zelensky, accusandolo di ostacolare i negoziati con dichiarazioni “infiammatorie”. Secondo Trump, “è per dichiarazioni come queste che è così difficile risolvere questa guerra”, aggiungendo che l’Ucraina può “scegliere la pace o combattere altri tre anni per poi perdere tutto”.
Una posizione cinica? Forse. Ma anche terribilmente pragmatica, se si considera che la Russia, in questo momento, non è in ritirata, e che la finestra per una pace negoziata – se mai è esistita – si sta rapidamente chiudendo.
L’Europa e la “pace giusta”: un’illusione da tempo di pace
Zelensky insiste su una “pace giusta”, un principio appoggiato da diversi leader europei, inclusa la nostra premier Giorgia Meloni. Ma una pace giusta può esistere solo in assenza di guerra. Quando il conflitto è in corso, la pace – per definizione – viene scritta dal vincitore, e ogni insistenza ideologica sul mantenere “i valori” rischia di portare esattamente al risultato opposto: l’annientamento dell’Ucraina come Stato sovrano.
Oggi più che mai, con gli Stati Uniti che premono per chiudere il conflitto rapidamente, e con l’eventualità concreta di un disimpegno americano, l’Europa si trova davanti a una verità scomoda: non ha i mezzi, né la volontà politica, per sostenere l’Ucraina da sola. E se non ci è riuscita neppure con Washington pienamente coinvolta, è illusorio pensare che possa farcela ora, in una fase di stanchezza strategica e riassetti interni.
Conclusioni: dalla retorica alla realtà
Il vertice di Londra non ha solo mostrato divergenze tattiche. Ha mostrato il crollo di una narrazione: quella secondo cui la resistenza dell’Ucraina avrebbe potuto piegare militarmente Mosca. Oggi, la vera sfida è salvare il possibile, evitando l’irrecuperabile. E questo richiede lucidità, non slogan.
La storia è piena di guerre perse per non aver voluto trattare quando era ancora possibile. E questa guerra rischia di aggiungersi alla lista.
Ucraina, Trump inchioda Zelensky: “Giochi le sue carte o perde”.
Declassato il vertice di Londra, Kiev rigetta il piano Usa per la Crimea. Donald attacca: “Era quasi fatta”. @sabriprovenzani https://t.co/WIEJFbFH3f— Il Fatto Quotidiano (@fattoquotidiano) April 24, 2025
Attacco russo per 12 ore
Successivamente alle parole sprezzanti di Zelensky che non accetta nessun punto del piano di pace presentato dagli Stati Uniti ed accettato dalla Russia. Putin ha ordinato il più grande bombardamento sull’Ucraina, colpendo infrastrutture militari ed industriali. Il bombardamento si è protratto per 12 ore consecutive.
In particolare, la scorsa notte, bombardieri strategici russi e altre risorse militari hanno colpito più città ucraine, tra cui Kiev, Kharkiv e Pavlograd. L’attacco ha coinvolto 16 missili da crociera Kalibr, 15 missili KH-101 lanciati da aerei e 6 missili balistici Iskander. Gli obiettivi erano infrastrutture militari, impianti energetici e complessi industriali. Le zone industriali di Pavlograd e Kharkiv sono state particolarmente colpite, come confermato dai dati satellitari della NASA. L’attacco ha coinvolto anche droni e sottomarini, e le operazioni sono partite da basi russe come Engels-2 e Olenya.
Le immagini satellitari NASA hanno confermato incendi in diverse aree, attestando la portata e la precisione dell’attacco.
Trump ha espresso una certa delusione per la reazione della Russia, ma nella sua dichiarazione ha omesso un elemento fondamentale del contesto attuale: gli Stati Uniti continuano a fornire armi, intelligence e sostegno logistico all’Ucraina, mantenendo di fatto attiva e prolungata la capacità offensiva di Kiev. In questo scenario, è evidente che se le forze ucraine non vengono gradualmente indebolite, i rifornimenti occidentali – americani ed europei – non faranno che alimentare ulteriormente il conflitto, moltiplicando le perdite su entrambi i fronti. Di conseguenza, non è del tutto corretto definire gli attacchi russi come “ingiustificati”, specie se si considera che la possibilità di una pace reale appare, al momento, remota e astratta.