Il ridimensionamento di USAID sotto l’amministrazione Trump
L’amministrazione Trump ha avviato un drastico ridimensionamento di USAID, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, accusandola di essere non solo una fonte di sprechi finanziari, ma anche uno strumento utilizzato per finanziare progetti controversi, spesso in aperto contrasto con gli interessi e i valori dell’elettorato conservatore americano. Questa decisione ha comportato un taglio radicale alla struttura dell’agenzia, con il licenziamento o la ricollocazione di quasi 10.000 dipendenti in altri dipartimenti governativi, lasciando in servizio solo una minima parte – circa 360 persone – incaricate di gestire progetti considerati prioritari e non interrompibili senza ripercussioni strategiche o diplomatiche.
Sprechi e progetti ideologici: una distrazione dal problema principale
Il ridimensionamento di USAID è stato giustificato anche dall’individuazione di numerosi sprechi finanziari. L’agenzia, infatti, ha storicamente destinato ingenti fondi a iniziative di dubbia utilità, alcune delle quali apertamente ideologiche e tese a promuovere un’agenda culturale ben precisa. Due esempi emblematici sono stati i programmi per l’ateismo in Nepal, finanziati con l’obiettivo dichiarato di “favorire la laicizzazione della società”, e la produzione di fumetti a tematica gender in Perù, volti a promuovere il concetto di “identità fluida” tra i giovani.
Tuttavia, concentrare l’attenzione esclusivamente su questi specifici finanziamenti – per quanto significativi – rischia di essere fuorviante. Questa tecnica, nota come limited hangout, è una strategia ben collaudata: si ammettono pubblicamente alcuni errori minori o circoscritti per dare l’impressione di trasparenza, mentre si distoglie l’attenzione da problematiche ben più gravi e strutturali. In questo caso, si è voluto evidenziare lo spreco di denaro per progetti ideologici progressisti, evitando però di approfondire il vero nodo della questione: il ruolo di USAID come strumento di ingerenza geopolitica e destabilizzazione politica in diversi paesi.

L’incoerenza tra politica interna e finanziamenti USAID
Se da un lato sarebbe stato incoerente per Trump promulgare ordini esecutivi che riaffermavano l’esistenza di due soli sessi biologici – maschio e femmina – e al contempo permettere che USAID spendesse miliardi per propagandare agende LGBTQ+ e gender, dall’altro questa contraddizione è solo la superficie di un problema più ampio. USAID non si è limitata a finanziare iniziative di ingegneria sociale e culturale, ma ha anche svolto un ruolo attivo nella diffusione di una specifica narrativa ideologica a livello globale.
Questo non si è tradotto solo nella promozione di valori progressisti, ma anche in una sistematica repressione di qualsiasi visione alternativa: chiunque sostenesse il realismo biologico – ovvero l’idea che il sesso sia una realtà oggettiva e non una costruzione sociale – si è ritrovato a essere etichettato come “disinformatore”. Questo approccio ha avuto conseguenze tangibili, poiché USAID non si è limitata a finanziare iniziative educative o culturali, ma ha contribuito attivamente alla censura e alla marginalizzazione di chiunque mettesse in discussione la narrativa dominante.
USAID e la lotta intestina tra Trump e il Deep State
Il ridimensionamento di USAID non è stato motivato esclusivamente dalla necessità di eliminare sprechi o di correggere un’agenzia fortemente orientata secondo l’ideologia progressista. Sebbene queste giustificazioni abbiano avuto un peso nella decisione dell’amministrazione Trump, la vera ragione del taglio drastico dell’agenzia risiede nel suo ruolo nella lotta intestina tra la Casa Bianca e il cosiddetto Deep State.
USAID non si è limitata a finanziare progetti ideologicamente controversi all’estero, ma ha operato come un vero e proprio strumento di ingerenza e destabilizzazione, non solo a livello internazionale, ma anche all’interno degli stessi Stati Uniti. Nel corso degli anni, si è trasformata in un ingranaggio chiave del meccanismo di potere delle élite neocon, che hanno sfruttato la sua struttura per consolidare l’egemonia statunitense nel mondo, spesso in contrasto con la politica ufficiale dell’amministrazione in carica.
La dimensione ignorata dai media e la questione georgiana
Questa dimensione, tuttavia, è stata sistematicamente ignorata sia dalla stampa mainstream americana, sia dai governi europei, e in particolare dalla Commissione Europea. Nonostante fosse evidente che USAID fosse molto più di una semplice agenzia per lo sviluppo, la narrazione ufficiale ha preferito concentrarsi sulla sua chiusura come un atto amministrativo o ideologico, piuttosto che ammettere il suo reale coinvolgimento in strategie di destabilizzazione su scala globale.
Emblematico è il caso della Georgia, un paese che, consapevole della portata dell’ingerenza straniera, ha deciso di adottare una legge per obbligare le organizzazioni finanziate dall’estero – inclusa USAID – a registrarsi ufficialmente come agenti stranieri. Questa scelta, che in un contesto geopolitico neutrale sarebbe stata considerata una misura legittima per garantire trasparenza nei finanziamenti esteri, è stata invece duramente contrastata dagli Stati Uniti, che hanno imposto sanzioni alla Georgia. Ciò dimostra che il problema non era tanto la libertà o la democrazia, quanto piuttosto il controllo su questi strumenti di influenza.

USAID e il ruolo nelle rivoluzioni colorate
Ormai è un fatto documentato che USAID ha finanziato con almeno 5 miliardi di dollari il colpo di Stato in Ucraina, contribuendo in modo determinante alla destabilizzazione del paese. Questo finanziamento è stato utilizzato per sostenere movimenti di opposizione che non miravano a migliorare le istituzioni esistenti, ma a rovesciare governi considerati scomodi per gli interessi geopolitici statunitensi.
Questa strategia, nota come “rivoluzione colorata”, è stata applicata sistematicamente in tutta l’area post-sovietica, con lo scopo di erodere l’influenza russa e sostituire le leadership nazionali con governi allineati all’Occidente.
Trump non smantella, ma riorganizza l’apparato di ingerenza
La lezione principale che emerge da questa vicenda è che, nella politica internazionale, l’eliminazione di una struttura non significa necessariamente la fine della sua funzione. Trump non ha smantellato l’apparato di ingerenza geopolitica statunitense, ma ha cercato di riorganizzarlo, centralizzandone il controllo all’interno del Dipartimento di Stato.
L’obiettivo non è stato quello di eliminare le operazioni di manipolazione politica, ma di assicurarsi che esse non venissero più utilizzate contro l’amministrazione in carica o contro la volontà espressa dagli elettori americani.
In questo senso, ciò che il Deep State ha fatto per anni con USAID potrebbe ora essere riorientato per servire un’agenda più vicina alla leadership politica attuale. Non si tratta di una rottura netta con il passato, ma di una redistribuzione del potere, in cui la stessa rete di influenza viene riconfigurata per nuovi obiettivi
Il network della destabilizzazione USA
Anche se USAID venisse effettivamente chiusa, ci sono molte altre organizzazioni che svolgono lo stesso lavoro, tra cui:
- National Endowment for Democracy (NED): finanziata direttamente dal governo USA per supportare movimenti anti-governativi in paesi strategici.
- Open Society Foundations: il network di George Soros, spesso accusato di operare parallelamente a USAID e NED.
- Team Rubicon, Nazarene Fund, International Rescue Committee: ONG che operano nelle aree di conflitto e supportano fazioni allineate con gli interessi USA.
Queste organizzazioni garantiscono che l’ingerenza statunitense continui anche se USAID viene riformata o eliminata.
Nonostante il finto smantellamento di USAID, gli Stati Uniti non rinunceranno ai loro strumenti di controllo globale. Probabilmente vedremo una transizione verso nuove modalità di ingerenza:
- Maggiore utilizzo di aziende private e ONG per nascondere il coinvolgimento diretto del governo USA.
- Riorientamento delle risorse per contenere la Cina, considerata la principale minaccia all’egemonia americana.
- Uso di strumenti finanziari come sanzioni e controlli economici per influenzare governi stranieri senza interventi militari diretti.
La cessazione di certi tipi di pratiche è un’illusione, un maggior controllo da parte dell’amministrazione centrale, è invece reale
L’idea che l’amministrazione Trump stia ponendo fine all’ingerenza USA nel mondo è un’illusione. Piuttosto, si sta assistendo a una riorganizzazione delle operazioni di cambio di regime, con un focus sempre maggiore sulla Cina e un utilizzo più sofisticato di strumenti di pressione economica e politica.
È fondamentale non farsi ingannare dalla retorica politica e osservare le azioni concrete: sebbene USAID possa cambiare nome o struttura, il suo scopo e le sue operazioni rimarranno invariati.
Tuttavia, probabilmente non accadrà più o accadrà in misura minore che le agenzie di ‘influenza USA’ nel mondo operino indipendentemente o in contrasto con la linea politica del presidente eletto, come è stato fatto finora.
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