USA – Giustizia a intermittenza: quando la legge serve a fermare un solo uomo

Negli Stati Uniti, la divisione dei poteri è uno dei pilastri della democrazia. Tuttavia, negli ultimi anni – e ancor più nei primi mesi del secondo mandato di Donald J. Trump – questo equilibrio sembra piegarsi a una logica selettiva: quella del lawfare, ovvero l’uso strategico della giustizia come strumento di lotta politica.

Dal 20 gennaio 2025, giorno del giuramento di Trump per il secondo mandato, si è riaperta la stagione delle ingiunzioni. I tribunali distrettuali federali sono tornati a svolgere un ruolo da protagonisti, bloccando con puntualità chirurgica molte delle decisioni esecutive della Casa Bianca, spesso a poche ore dalla loro pubblicazione. La giustizia americana, almeno in certe aule, sembra essersi specializzata nel “contenimento preventivo”.

Ecco tre esempi di come i giudici distrettuali stanno operando a scopo politico, per annullare l’azione esecutiva di Trump:

Caso I: Ius Soli – Emendamento sì, interpretazione no

Il 20 gennaio Trump firma un ordine esecutivo che nega la cittadinanza automatica ai figli di immigrati irregolari. La reazione della magistratura è fulminea: il giudice Jamal Whitehead blocca tutto dopo tre giorni, richiamando il 14° Emendamento. Poco dopo, un giudice del Maryland replica la sentenza.

Il dibattito giuridico sulla portata storica e interpretativa dell’emendamento – nato nel contesto post-schiavitù del 1868 – viene archiviato in fretta. Il principio inviolabile è che ogni revisione proposta da Trump è per definizione “anticostituzionale”.

Caso II: Programmi DEI – dogmi intoccabili

Un ordine esecutivo vieta i programmi DEI (Diversità, Equità e Inclusione) negli uffici federali. L’intento, secondo l’amministrazione, è eliminare pratiche discriminatorie mascherate da progressismo. Per la magistratura, invece, è l’ennesimo abuso.

Il giudice Adam Abelson blocca l’ordine, definendolo “vago” e lesivo del Primo Emendamento. Non viene messo in discussione il contenuto dei programmi DEI, né se vi siano elementi controversi: ciò che conta è che il presidente abbia osato metterli in discussione.

Caso III: Alien Enemies Act – la legge c’è, ma non si usa

Trump tenta di usare una legge del 1798 per espellere alcuni membri della banda criminale Tren de Aragua, di origine venezuelana. La legge prevede misure eccezionali in tempo di guerra. Non essendoci guerra dichiarata, il giudice James Boasberg blocca l’ordine per 14 giorni.

Tuttavia, il problema giuridico si somma a un problema di realtà: la criminalità organizzata non aspetta i ricorsi. Alcuni voli con i soggetti espulsi partono comunque, scatenando nuove accuse contro l’amministrazione.

Electoral Integrity Order: la democrazia sotto osservazione

Trump firma un nuovo ordine per rafforzare l’integrità elettorale: voto in un solo giorno, solo per cittadini americani, con documenti validi e schede cartacee. Misure semplici, che in molti paesi sono la norma. Negli USA, però, vengono accolte con diffidenza.

Il Wisconsin, Stato simbolo di scontri elettorali, diventa banco di prova. Il presidente appoggia il candidato conservatore Brad Schimel alla Corte Suprema statale. L’attenzione mediatica cresce, e anche i tribunali si preparano all’ennesimo round legale.

Il nodo giudiziario: neutralità o militanza?

I giudici distrettuali hanno il compito di valutare la legittimità degli atti esecutivi. Ma sempre più spesso, la loro azione sembra avere una direzione politica univoca. Trump ha denunciato l’uso delle corti come strumento per fermare l’agenda di governo. Il Congresso, con il presidente della Camera Mike Johnson, sta valutando controriforme: dalla revisione dei distretti giudiziari alla creazione di nuove corti.

Il presidente della Corte Suprema John Roberts ha difeso l’indipendenza giudiziaria. Ma l’evidenza mostra una magistratura pronta a intervenire preventivamente, come se ogni ordine esecutivo firmato da Trump fosse per natura sospetto, se non colpevole.

Lawfare: il processo come arma politica

Non si tratta solo di sentenze. Dietro ogni blocco si muove una macchina complessa: studi legali, ONG, associazioni, funzionari locali. Tutti pronti a impugnare ogni atto, a costruire una narrazione, a far crescere la pressione mediatica. È un’architettura del dissuasivo, dove la giustizia smette di essere garanzia neutrale per diventare leva strategica.

Trump, in questo contesto, non è semplicemente un presidente sotto controllo. È un bersaglio permanente, per il quale le regole del confronto politico sembrano sospese.

Mike Johnson cercherà di interventire per sbloccare lo stallo del’attività politica da parte dei giudici

Negli ultimi mesi, il presidente della Camera dei Rappresentanti, Mike Johnson, ha espresso preoccupazione riguardo al ruolo attivo dei giudici distrettuali federali nel bloccare diverse iniziative del presidente Donald J. Trump. Johnson ha sottolineato che tali interventi potrebbero violare la separazione dei poteri, poiché impediscono l’attuazione di politiche approvate dagli elettori attraverso il loro voto.Reuters

In risposta a questa situazione, Johnson ha annunciato che la Commissione Giudiziaria della Camera terrà un’udienza per evidenziare quelli che considera “abusi” da parte dei giudici distrettuali. Inoltre, ha menzionato la possibilità di introdurre una legislazione che limiti l’emissione di ingiunzioni a livello nazionale da parte di questi giudici. Ha anche ricordato che il Congresso possiede l’autorità di riorganizzare o persino eliminare interi tribunali distrettuali, sottolineando il potere legislativo di influenzare la struttura del sistema giudiziario federale.

Queste dichiarazioni hanno suscitato reazioni contrastanti. Il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, ha definito “oltraggiosa” l’idea di ridurre i finanziamenti ai tribunali. Nel frattempo, alcuni membri conservatori della Camera hanno presentato risoluzioni per l’impeachment di sei giudici che hanno bloccato azioni intraprese dall’amministrazione Trump.

In sintesi, la strategia di Johnson mira a utilizzare l’autorità del Congresso per limitare l’influenza dei giudici distrettuali sulle politiche esecutive, attraverso audizioni, proposte legislative e potenziali riorganizzazioni del sistema giudiziario federale.

Il sistema giudiziario dovrebbe essere il garante dell’equilibrio istituzionale. Ma quando una parte della giustizia si trasforma nel braccio operativo di una cultura politica ostile a un presidente eletto, si rischia di superare la soglia del controllo per entrare nel territorio del sabotaggio.

La democrazia americana ha gli anticorpi per sopravvivere. Ma solo se saprà distinguere la difesa delle istituzioni dal loro utilizzo strumentale.