Il libro URSULA GATE – Ursula Gate: Insider revelations on the power of lobbies at the European Commission – Edizione Inglese di Frédéric Baldan (Autore), ricostruisce la carriera e le connessioni di Ursula von der Leyen, smontando la narrazione che la presentava come una politica nuova e indipendente. In realtà, la sua storia familiare e il suo percorso professionale dimostrano che era ben inserita nei circoli del potere già da tempo.
Origini e legami familiari
Ursula von der Leyen, nata Ursula Albrecht nel 1958 a Bruxelles, appartiene a una famiglia tedesca con radici nell’alta borghesia commerciale. Gli Albrecht erano tra i principali mercanti di Brema e Sassonia nel XIX secolo, grazie anche ai legami con i Ladson, una famiglia americana proprietaria di piantagioni e schiavi nella Carolina del Sud. Questo inserimento nell’élite economica tedesca è confermato dalla loro presenza nel Deutsches Geschlechterbuch, un manuale genealogico dell’alta borghesia tedesca.
Suo padre, Ernst Albrecht, fu un alto funzionario della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA) e venne promosso da Walter Hallstein, primo presidente della CEE, a capo di gabinetto alla Concorrenza. Dopo il rientro in Germania, intraprese una carriera politica di rilievo: divenne Ministro Presidente della Bassa Sassonia, vicepresidente della CDU e presidente del Consiglio Federale tedesco, una delle massime cariche istituzionali del paese.
Il matrimonio e il periodo negli Stati Uniti
Nel 1986 Ursula sposò il principe Heiko von der Leyen, conosciuto all’università, e lo seguì negli Stati Uniti, dove lui ottenne un incarico accademico a Stanford per condurre ricerche sulla terapia genica. Il testo suggerisce che tale incarico fosse finanziato da entità non specificate e pone interrogativi su chi abbia sostenuto la sua permanenza a Stanford.
Negli anni successivi, Heiko von der Leyen si appassionò alla ricerca sul genoma umano e nel 2007, quando Ursula era già Ministro in Germania, si impegnò in una campagna di lobbying per convincere il governo tedesco ad autorizzare l’uso di cellule staminali embrionali umane.
L’ascesa politica e i legami con il potere finanziario
Contrariamente alla narrazione di un’outsider politica, Ursula era ben inserita nei circoli dell’alta finanza e del potere transnazionale. Nel 2013, partecipò al World Economic Forum (WEF) di Davos come Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali della Germania, poco prima di diventare Ministro della Difesa. Il WEF, fondato da Klaus Schwab (storicamente legato a Henry Kissinger), è una delle principali piattaforme attraverso cui l’élite finanziaria globale esercita la propria influenza.
Alla conferenza del WEF, von der Leyen si trovò in compagnia di rappresentanti di Lockheed Martin, dell’Atlantic Council, della Bill & Melinda Gates Foundation, della Rockefeller Foundation, della Chatham House e della società di consulenza McKinsey. Nel 2016 venne promossa come membro del Comitato di vigilanza del WEF, consolidando il suo ruolo all’interno di questa rete di potere.
Parallelamente, von der Leyen era anche coinvolta nel Young Global Leaders, un’iniziativa del WEF per formare i “futuri padroni del mondo”. Tra i membri figurava anche Emmanuel Macron. Questo gruppo agisce come uno strumento attraverso il quale il WEF posiziona i propri affiliati in ruoli di leadership globale.
Oltre al WEF, Ursula era membro del Club Bilderberg e del Club di Monaco, due organizzazioni note per la loro segretezza e per i legami con l’industria delle armi. Una fotografia del 2014 la mostra accanto a Henry Kissinger durante un incontro del Club di Monaco, un’ulteriore conferma delle sue connessioni con le élite transatlantiche.
Il percorso verso la presidenza della Commissione Europea
Nel 2019, quando Ursula era ancora Ministro in Germania, partecipò alla 67ª riunione del Gruppo Bilderberg a Montreux. Tra i temi discussi vi era il futuro dell’Europa e la possibilità di trasformare l’UE in uno Stato unitario, un’idea sostenuta da figure come Mario Draghi, ex dirigente di Goldman Sachs e della BCE.
Pochi mesi dopo, il 2 luglio 2019, il Consiglio Europeo, presieduto dal polacco Donald Tusk, annunciò le nomine per i vertici delle istituzioni europee. Ursula von der Leyen venne proposta come Presidente della Commissione Europea, insieme a Charles Michel (Presidente del Consiglio Europeo), Josep Borrell (Alto Rappresentante per la Politica Estera) e Christine Lagarde (Presidente della BCE). La proposta fu avanzata dal gruppo di Macron e approvata dagli Stati membri, confermando il peso delle reti di influenza globaliste nel determinare le scelte politiche dell’UE.
Un problema di incompatibilità legale
L’ascesa di von der Leyen alla Commissione Europea solleva però un problema di incompatibilità legale. L’Articolo 17 del Trattato sull’Unione Europea stabilisce che i membri della Commissione devono garantire indipendenza e non essere legati a lobby o interessi privati. Il testo sottolinea che, dati i suoi legami con il WEF, il Club Bilderberg e altre organizzazioni d’élite, Ursula non risponderebbe a questi requisiti.
Conclusione: il dominio delle lobby finanziarie
Il Ursula Gates espone la reale influenza della grande finanza sulla politica.
Ursula non era quindi una politica nuova appena sgusciata dalla ‘periferia’ tedesca, ma c’è anche un enorme problema legale di incompatibilità.
Per essere Presidente, bisogna offrire garanzie di indipendenza e quindi non far parte di alcuna lobby. Questo è ciò che l’Art. 17 del Trattato sull’Unione Europea (TUE):
I membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza.
La Commissione esercita le sue responsabilità in piena indipendenza.
[…] i membri della Commissione non chiedono né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organismo o agenzia. Si astengono da qualsiasi atto incompatibile con le loro funzioni o con l’esecuzione dei loro compiti.
In sintesi, il ritratto di Ursula von der Leyen tracciato nel testo è quello di una figura fortemente integrata nei circuiti del potere globale, ben lontana dall’immagine di outsider politico con cui era stata presentata al pubblico.
Un libro sicuramente da aggiungre alla libreria personale.