Se l’Istituto non custodisce il Magistero, chi ne traccia la rotta? Il caso del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II
La recente nomina del cardinale Baldassarre Reina a Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia è stata giustamente salutata come un “parziale ripristino dell’ordinamento originario dell’istituto”, dopo quasi un decennio di deviazioni dottrinali e discontinuità istituzionali.
Come osserva il National Chatolic Register, si tratta di un passo che segna “la fine di un capitolo turbolento”, e non è un’esagerazione. Infatti, con la partenza dell’arcivescovo Vincenzo Paglia — che ha compiuto 80 anni e la cui uscita era attesa da tempo — si chiude simbolicamente e operativamente la stagione di uno degli stravolgimenti più controversi del pontificato di Francesco.
Ma prima di procedere, vediamo che cos’è questo istituto e come opera, qual’è la sua attività.
Il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia è un’istituzione accademica della Santa Sede fondata nel 1981 da Papa San Giovanni Paolo II, con lo scopo di approfondire, insegnare e promuovere la dottrina cattolica sul matrimonio e la famiglia alla luce dell’antropologia cristiana e della teologia morale.
Cos’è l’Istituto e perché è stato fondato
Il suo obiettivo originario era formare teologi, sacerdoti, religiosi e laici qualificati che potessero:
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comprendere in profondità la verità sull’amore umano, il matrimonio e la famiglia;
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offrire una risposta culturale e pastorale ai cambiamenti della società contemporanea;
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sostenere e difendere il magistero della Chiesa cattolica, in particolare in relazione all’enciclica Humanae Vitae (sulla regolazione della natalità) e alla Familiaris Consortio (sui compiti della famiglia cristiana).
Attività e scopi principali
L’Istituto opera come facoltà teologica ed è integrato nella Pontificia Università Lateranense a Roma, anche se esistono sezioni o centri affiliati in altri Paesi. Le sue attività principali sono:
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Corsi universitari: offre diplomi, licenze (equivalenti a master) e dottorati in teologia del matrimonio e della famiglia;
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Ricerca accademica: su tematiche di bioetica, sessualità, antropologia, diritto canonico familiare, educazione, spiritualità coniugale, ecc.;
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Conferenze e pubblicazioni: promuove incontri, simposi internazionali e riviste scientifiche;
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Formazione ecclesiale e culturale: contribuisce alla formazione di docenti, catechisti, consultori familiari, vescovi e responsabili pastorali.
Chi insegna e chi studia lì
L’Istituto è composto da un corpo docente di teologi, filosofi, canonisti, bioeticisti e studiosi delle scienze umane, nominati in accordo con i dicasteri della Santa Sede. Alcuni docenti sono laici, altri religiosi o membri del clero. In passato, molti di loro erano allineati con il pensiero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Dopo il 2017, con la riforma voluta da Papa Francesco, ne sono arrivati di nuovi con orientamenti più aperti a una lettura pastorale e culturale della famiglia.
Gli studenti sono religiosi, sacerdoti e laici (uomini e donne) provenienti da tutto il mondo. Molti di loro sono inviati dai propri vescovi per formarsi in vista di incarichi pastorali nelle diocesi, nei tribunali ecclesiastici, nei consultori familiari o nelle università cattoliche.
Il ruolo del Presidente e del Gran Cancelliere
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Il Presidente è il capo accademico dell’Istituto, responsabile dell’organizzazione didattica, della linea scientifica e della gestione interna. In passato, era nominato direttamente dal Papa, ma ora viene scelto in base a nuovi statuti, che riducono il diretto legame con il Pontefice.
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Il Gran Cancelliere è una figura ecclesiale (solitamente il Vicario del Papa per Roma) che rappresenta il legame tra l’Istituto e la Santa Sede. Ha il compito di vigilare sulla fedeltà dottrinale dell’Istituto e di approvare le nomine accademiche più importanti.
Perché è diventato oggetto di controversia?
Dopo il 2017, sotto la guida dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, l’Istituto è stato profondamente riformato. La nuova impostazione — definita “pastorale” — ha privilegiato approcci sociologici e antropologici incentrati sulla complessità delle “situazioni concrete”, ispirandosi all’esortazione Amoris Laetitia di Papa Francesco.
Questo ha comportato:
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la sostituzione di docenti legati alla teologia morale tradizionale;
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l’accantonamento del pensiero di Giovanni Paolo II sulla famiglia e la sessualità;
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l’arrivo di professori aperti a visioni nuove su omosessualità, contraccezione e struttura del matrimonio.
Da qui il malcontento — soprattutto nei circoli cattolici fedeli alla dottrina tradizionale — che hanno visto in queste riforme una perdita di identità e missione dell’Istituto.
è documentato che alcuni docenti nominati o sostenuti durante la gestione dell’arcivescovo Vincenzo Paglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II abbiano espresso posizioni pubblicamente problematiche rispetto alla dottrina cattolica, in particolare su temi come aborto, contraccezione e omosessualità. Tuttavia, è importante distinguere con precisione: non si tratta di “professori abortisti” in senso stretto, ovvero attivisti favorevoli all’aborto come “diritto”, ma di teologi che hanno messo in discussione, relativizzato o reinterpretato l’insegnamento della Chiesa in modo incompatibile con il Magistero.
Ecco alcuni esempi rilevanti:
Padre Maurizio Chiodi
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Teologo morale nominato membro della Pontificia Accademia per la Vita e poi docente presso il “nuovo” Istituto.
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Nel 2018, durante una conferenza, affermò che in alcune situazioni concrete l’uso dei contraccettivi artificiali può essere moralmente doveroso – posizione che contraddice apertamente l’Humanae Vitae di Paolo VI e la Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II.
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Chiodi ha anche sostenuto la necessità di una nuova comprensione morale basata su Amoris Laetitia, interpretata in chiave situazionista e relativista, con effetti potenzialmente devastanti sull’insegnamento dell’indissolubilità del matrimonio e sul rifiuto dell’aborto.
Mons. Philippe Bordeyne
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Rettore dell’Institut Catholique de Paris e successivamente nominato Preside del nuovo Istituto Giovanni Paolo II.
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Autore di scritti in cui ha sostenuto l’idea di riconoscere benedizioni liturgiche per le coppie omosessuali, e ha promosso una teologia morale dialogante con la modernità, spesso in tensione con la dottrina tradizionale.
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Sebbene non abbia promosso direttamente l’aborto, la sua posizione si inserisce in un quadro di apertura alla revisione dei fondamenti dell’etica sessuale e familiare cattolica.
Ambiente accademico riformato
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Diversi docenti e collaboratori coinvolti nella nuova fase dell’Istituto hanno sottoscritto posizioni che pongono in secondo piano il principio dell’intangibilità della vita dal concepimento.
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Le nuove linee guida accademiche privilegiano l’approccio interdisciplinare con scienze sociali e antropologia secolare, riducendo il primato della legge naturale e della rivelazione cristiana.
Quindi: si può dire che l’Istituto sia stato “abortista”?
No, formalmente non è mai stato un centro di promozione dell’aborto. Ma sì, si può affermare che sotto la gestione Paglia l’Istituto ha ospitato docenti le cui affermazioni pubbliche sono in grave contrasto con la dottrina cattolica su aborto, contraccezione e morale sessuale.
E questo è stato uno dei motivi della profonda preoccupazione espressa da studiosi come Robert George, Janet Smith, Jane Adolphe, e oltre 200 accademici che nel 2019 firmarono una lettera pubblica chiedendo un’inversione di rotta.
La discontinuità imposta: una frattura con Giovanni Paolo II
Riprendiamo ora l’articolo del Register per ripercorre con precisione le tappe della deriva: «Nel 2016 Papa Francesco ha fatto un’eccezione alla norma nominando l’arcivescovo Paglia, che ha apportato cambiamenti radicali e impopolari all’identità e alla missione dell’istituto». Questo atto ha spezzato il tradizionale legame con la Pontificia Università Lateranense, dove l’istituto era incardinato sin dalla sua fondazione nel 1982 per volontà di San Giovanni Paolo II.
I cambiamenti si sono concretizzati con la rifondazione nel 2017, sancita dal decreto Summa Familiae Cura, che ha portato alla nascita di un istituto «orientato verso quella che l’Arcivescovo Paglia e i suoi collaboratori avevano definito una “nuova teologia pastorale”, attenta alla “concreta realtà delle situazioni”». Una formula ambigua, che in pratica ha significato l’abbandono della solida dottrina morale cattolica in favore di categorie secolari come sociologia e antropologia, spesso in contrasto con la visione cristiana dell’uomo.
Svuotamento dottrinale e soppressione del pensiero fedele
Le parole del Register sono inequivocabili: «Il nuovo approccio, fortemente basato sulla sociologia e sull’antropologia secolare, mirava a portare avanti l’insegnamento morale contenuto in Amoris Laetitia… Ma questo approccio è stato criticato perché indeboliva la chiarezza dottrinale dell’istituto e la sua fedeltà all’insegnamento della Chiesa».
Le conseguenze sono state drammatiche. Nel 2019, cinque corsi sono stati soppressi, professori stimati sono stati licenziati senza giusta causa, e i nuovi statuti hanno concentrato il potere nelle mani di pochi, limitando la libertà accademica. Un gruppo di studenti ed ex studenti denunciò la situazione in una lettera aperta, parlando di “profonda preoccupazione per l’improvvisa pubblicazione dei nuovi statuti”.
Il prof. Stanisław Grygiel, intimo di Giovanni Paolo II e tra i docenti epurati, fu chiaro: «I cambiamenti non riguardavano il rinnovamento, ma la dissoluzione e distruzione dell’istituto».
Dottrina rovesciata: dal Magistero alla compiacenza culturale
Durante il regno di Paglia, all’interno dell’istituto si sono fatte strada posizioni eterodosse su temi cruciali. Docenti come mons. Marengo e p. Maurizio Chiodi hanno “messo in discussione l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità e sulla contraccezione”, indebolendo la recezione dell’Humanae Vitae e della Veritatis Splendor.
Il Register segnala anche il ruolo ambiguo dell’allora preside mons. Sequeri e del suo successore mons. Bordeyne, noto per aver “sostenuto la benedizione liturgica per le coppie dello stesso sesso”. Paglia stesso è stato criticato per “dichiarazioni incompatibili con la dottrina della Chiesa”, in particolare su matrimonio e bioetica.
Reina può segnare un’inversione di rotta?
Ora, con il card. Reina, vi è la possibilità concreta di una riforma fedele e graduale. Tuttavia, come riconosce la prof.ssa Janet Smith, si tratta di un cammino incerto: «Non sappiamo se l’istituto tornerà alla sua funzione originaria ed estremamente importante di promotore della visione di Giovanni Paolo II sulla persona umana».
E ancora: «Spero che questo cambio di leadership si riveli molto più di una semplice rettifica di una questione procedurale irregolare», perché solo un vero ritorno all’identità originaria dell’Istituto potrà sanare la frattura prodotta dalla rivoluzione pagliana.
Un’azione decisa, seppur graduale, potrebbe portare — secondo alcune fonti — alla sostituzione del Presidente e a un lento ripristino del corpo docente fedele al magistero. Ma, come avverte il Register, un licenziamento di massa dei “nuovi” professori potrebbe essere giudicato “ingiusto” o troppo polemico.
Conclusione: una rinascita possibile
Come sottolinea Smith: «Il rafforzamento della famiglia è essenziale per riformare questo mondo perduto». Il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, se sarà nuovamente ancorato alla verità dell’uomo e del Vangelo, potrà tornare a essere un faro per la Chiesa universale.
Per ora, possiamo solo ringraziare Papa Leone XIV per aver posto fine a un’epoca di confusione, come ha affermato la prof.ssa Adolphe: «Papa Leone XIV dovrebbe essere ringraziato per aver rimosso l’arcivescovo Paglia».
Il tempo del discernimento è finito. Ora è il momento della della fedeltà.