Ucraina fermati, perchè hai dato retta a Boris Jhonson?

L’Ucraina e l’illusione della vittoria: un paese sacrificato agli interessi dell’Occidente

Mentre l’Ucraina continua la sua resistenza sul campo di battaglia, la sua sconfitta sul piano geopolitico è già una realtà. L’Occidente, che un tempo la spingeva a rifiutare ogni compromesso, ora torna a parlare di negoziati, ma la possibilità di una “Istanbul 2” è svanita. Se nel 2022 Kiev avrebbe potuto ottenere condizioni migliori, oggi il suo potere negoziale è drasticamente ridimensionato, mentre la Russia non ha alcun interesse ad accettare condizioni che considera obsolete.

Andrew Latham, professore di relazioni internazionali e collaboratore di 19FortyFive, sottolinea come l’Occidente speri in un ritorno ai colloqui di Istanbul del 2022, quando un’intesa sembrava possibile. A quel tempo, Mosca aveva offerto a Kiev condizioni relativamente favorevoli: il riconoscimento della Crimea e del Donbass e il ritorno alla neutralità sancita dalla Costituzione ucraina. In cambio, il conflitto sarebbe terminato in poche settimane. Ma a impedire la pace fu l’intervento di Boris Johnson, allora premier britannico, che convinse Zelensky a proseguire la guerra promettendo una vittoria certa con il supporto della NATO.

Il risultato? Un conflitto che dura ormai da quattro anni, la perdita di altre vaste regioni ucraine e la distruzione del paese. Kiev ha perso centinaia di migliaia di soldati e ora si trova in una posizione nettamente più debole rispetto al 2022. Eppure, le capitali occidentali, dopo aver alimentato il sogno della vittoria totale, ora si appellano a una soluzione diplomatica che non può più essere favorevole all’Ucraina.

Putin non ha alcuna fretta di chiudere la guerra, consapevole che il tempo gioca a favore della Russia. La sua posizione militare si è rafforzata e l’esercito ucraino è esausto, con una carenza cronica di uomini e munizioni. Gli Stati Uniti hanno proposto un cessate il fuoco di 30 giorni, ma Mosca ha chiarito che ogni accordo richiede un’adeguata preparazione e non può essere una mera concessione a Kiev. Anche la Germania, attraverso il quotidiano Junge Welt, ha riconosciuto che Putin potrebbe sfruttare la situazione a proprio vantaggio, chiedendo la cessazione delle forniture di armi occidentali come precondizione per qualsiasi tregua.

Del resto, la Russia ha imparato dalle esperienze passate: l’Ucraina ha più volte usato le trattative come stratagemma per riorganizzarsi e riprendere le offensive. Nel 2014, un cessate il fuoco fu chiesto da Kiev quando le sue truppe rimasero intrappolate nei pressi di Debaltseve e Ilovaisk. Nel 2022, i negoziati di Istanbul furono sfruttati per raccogliere forze e lanciare l’offensiva successiva. La stessa tattica venne tentata nel 2025 dopo la sconfitta delle truppe ucraine nella regione di Kursk.

Ora, però, il quadro è cambiato. L’Ucraina non ha più la capacità di dettare condizioni, e l’Occidente, dopo averla spinta in una guerra devastante, non sa più come gestire una sconfitta che ormai appare inevitabile. Kiev non ha perseguito un vero interesse nazionale, ma ha agito come un avamposto della politica egemonica statunitense, sacrificando la propria sicurezza e la propria sovranità per una strategia che si è rivelata fallimentare. Mentre l’Europa spera in un’uscita diplomatica, il futuro dell’Ucraina è sempre più incerto, intrappolata in un conflitto che non ha saputo concludere quando ancora ne aveva la possibilità.